Fuori portaLa bellezza sottile dei colli piacentini

Tra Emilia e Lombardia la vita si sorseggia, si gusta e si assapora con lentezza, il tempo è scandito dalle stagioni che si inseguono, dal clima imprevedibile e indomabile che stabilisce le sorti della fatica di un mestiere, portando fortuna o disgrazia, gelando un raccolto o scaldando grappoli d’uva fino alla vendemmia

Nelle quattro Valli, bagnate da fiumi che danno loro il nome, viene custodita una ricchezza fatta di sapori e di storie, di prodotti eletti ad eccellenze, di vini aromatici che in questo territorio hanno trovato la loro massima espressione, di persone che raccontano la propria tradizione, le uniche forse, in grado di rimandare l’identità più genuina di questo luogo. I piacentini con questa terra si sono sporcati le mani, l’hanno lavorata e compresa, senza però mai stancarsi di volerla conoscere.
Oggi, chi vuole raccogliere e raccontare questa identità, facendo emergere gli attori di pregio del panorama enogastromico del piacentino, è Elisabetta Virtuani presidente di La Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini.
Un’Associazione, senza scopo di lucro, che dal 2000 attraverso la collaborazione di strutture private (aziende vitivinicole, salumifici, caseifici, oleifici, agriturismi, ristoranti etc.) enti pubblici e consorzi di tutela DOC e DOP promuove un percorso che intreccia le capacità settoriali di ogni socio, esaltandone la qualità e creando, allo stesso tempo, l’identità peculiare di ognuna delle principali Valli piacentine.
Percorrendo la strada indicata dall’ Associazione ci si trova immersi in un paesaggio appagante fatto di colline dolci e morbide, tra i vigneti in vendemmia delle terre argillose della Val Tidone, dove si coltiva La Malvasia di Candia Aromatica, l’oro giallo per eccellenza, le cui uve sono destinate per lo più alla produzione di vini frizzanti, ma che grazie all’ artigianalità dei viticoltori piacentini vedono anche una declinazione in vini fermi, affinati talvolta in legno, o in passiti che nulla hanno da inviare ai cugini del sud.
Tra i filari di questo oro giallo, prezioso per la complessità aromatica conferita dai terreni in cui viene coltivato, si raccontano le piccole cantine di vignaioli ed enologi da generazioni, come i F.lli Piacentini, che continuano a ricercare nuove sfumature produttive con azzardi di sapiente artigianalità. Così come la realtà più ampia della cantina sociale di Vico Barone che per prima muove passi sicuri in futuro sostenibile della filiera vitivinicola  dove si tutela l’ambiente, la biodiversità e il paesaggio.
Le cantine si legano in un percorso di degustazione ai prodotti fondanti di questo territorio: i salumi DOP con la coppa artigianale, la pancetta arrotolata con la cotenna, salata e cucita a mano, e il salame con la goccia – quello della tradizione pura piacentina – del Salumificio Grossetti che dal 1875 fa di un mestiere la propria vita, perché in quel mestiere ci si è nati, cresciuti in inverni freddi con salami appesi a stagionare nelle case di famiglie contadine, le stesse che alla mietitura e alla vendemmia si riunivano, per necessità e per piacere, per il primo taglio della pancetta. Tempi e tradizione di un passato che ancora regola il presente di questo salumificio.
Un passato che nelle cucine, invece, tramanda ricette tradizionali di paste tirate a mano, cosi fini da lasciare intravedere i ripieni di ricotta, di zucca e amaretti, di patti poveri con nomi che ricalcano i dialetti di contadini: Pisarei e fasò, gnocchetti di pane e farina con fagioli occhio nero e lardo, preparati ancora come l’antica ricetta impone e i Batarò lingue di pane con farina di mais farciti con salumi, manco a dirlo, che gli adulti di oggi ricordano come la leccornia che da bambini veniva data loro come premio e ricompensa.
Una strada che si potrebbe percorrere per molto ancora, perché molto c’è ancora da scoprire, e che lascia la sensazione che qui tutto sia connesso e che nulla si sleghi: ogni sapore è intrecciato ad un altro, legato alla terra, alle sue valli e ai suoi colli. Nella terra i piacentini hanno affondato le mani e ancorato un’identità sincera e sfaccettata, una ricchezza la loro che oggi finalmente si racconta.

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