Nella crisi ucraina l’Italia farà la sua parte al fianco della Nato. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, in un colloquio con Repubblica, lancia un segnale chiaro sulla volontà del governo Draghi di avere un ruolo attivo nello scenario creato dallo schieramento russo sui confini di Kiev. «L’Alleanza ha previsto un rafforzamento delle misure di deterrenza sul proprio fianco Est a cui anche l’Italia partecipa nell’ambito di dispositivi di operazioni e missioni già autorizzate dal Parlamento. Se saranno assunte ulteriori decisioni, sempre all’interno della strategia Nato di deterrenza, l’Italia darà il suo ulteriore contributo e farà la propria parte, riaffermando il valore della coesione dell’Alleanza innanzitutto rassicurando i Paesi membri sul fianco Est».
Il governo Draghi è impegnato a mantenere il dialogo con Mosca e a cercare una soluzione pacifica. Mentre però è esploso il caso dell’incontro previsto per oggi in una conference call tra i vertici di alcune delle maggiori aziende italiane – tra cui Eni, Pirelli e Generali – e il presidente russo Vladimir Putin per discutere i legami economici bilaterali. Secondo il Financial Times, l’incontro era stato concordato a novembre all’insaputa della Farnesina e contro il volere di Palazzo Chigi.
«Favoriamo e incoraggiamo nel contempo tutti gli sforzi e i forum di confronto aperti con la Russia», dice Guerini, pesando le parole. «Nessuno di noi vuole alimentare la tensione, anzi tutti auspichiamo il mantenimento e l’implementazione di un dialogo costruttivo».
La strada principe seguita dal governo Draghi è quella di insistere sui colloqui. Ma allo stesso tempo con gli alleati c’è la determinazione a trasmettere un messaggio inequivocabile: qualsiasi aggressione contro Kiev avrebbe gravi conseguenze. «Certamente non possiamo minimamente deflettere dai principi fondamentali di sicurezza che abbiamo il dovere di garantire, avendo tutti piena consapevolezza delle conseguenze derivanti da un ulteriore deterioramento della situazione», dice Guerini.
Si tratta di bilanciare la deterrenza e il negoziato, lo strumento militare e la diplomazia – spiega Repubblica. Da anni le forze armate italiane partecipano alle operazioni decise dall’Alleanza Atlantica sui fronti più caldi, dove la pressione di Mosca si fa sentire con maggiore incisività. E hanno pattugliato i cieli del Baltico e dell’Islanda, venendo spesso a contatto diretto con gli aerei russi.
Oggi un battaglione di alpini con le autoblindo pesanti Centauro è in Lettonia, il piccolo Paese baltico al confine con Russia e Bielorussia. Una squadriglia di intercettori Eurofighter si trova nell’aeroporto romeno di Costanza, la base Nato più vicina all’Ucraina, per proteggere lo spazio aereo in prossimità del Mar Nero. C’è poi la presenza delle navi della Marina nella task force alleata che pattuglia il Mediterraneo orientale dove nelle prossime ore il confronto potrebbe intensificarsi, con una serie di esercitazioni parallele.
La prima esercitazione, Neptune Strike, è iniziata ieri, sotto la guida del quartiere generale Nato di Napoli, e proseguirà a inizio febbraio con l’azione congiunta della nostra portaerei Cavour, l’americana Truman e la francese De Gaulle. E nei prossimi giorni nelle acque tra la Siria e Cipro si radunerà anche una grande flotta russa, con un incrociatore, due caccia, sei navi da sbarco, tre fregate e altrettanti sottomarini: una dimostrazione di forza mai vista prima nel Mediterraneo, che rischia di trasformarlo in un altro fronte della partita con Mosca.
I comandi atlantici hanno già preparato un piano per rispondere alla massiccia mobilitazione russa sui confini ucraini, potenziando i contingenti delle quattro operazioni sulla frontiera orientale. L’Italia è pronta a contribuire e lo Stato maggiore della Difesa ha incrementato la «prontezza» dei reparti di rinforzo ossia la rapidità con cui potranno prendere posizione. Se la tensione non dovesse calare, saranno in grado di schierarsi nuovamente nell’Europa dell’Est in pochi giorni.