Dolce dormire, o quasi. Se Milano è sul podio di molte classifiche che la rendono un modello agli occhi del mondo (la nostra è una tra le città più verdi dell’intero pianeta terra, si riscontra una maggiore qualità della vita e così via), dall’altra parte è opportuno segnalare che qui da noi, in quanto a inquinamento acustico, non ci siamo affatto. I dati sono rilevanti e le cause incidono sul nostro umore e, cosa non da poco, sul nostro sonno. A dimostrare che i milanesi dormono poco e male c’è anche un’analisi condotta dall’Università Bicocca che nel corso del tempo ha iniziato a monitorare i suoni della città, sia di giorno, mentre andiamo al lavoro, prendiamo i mezzi, siamo in coda al semaforo della circonvallazione, sia di notte, mentre si dovrebbe dormire.
«Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità non dobbiamo esporci a suoni con soglia superiore ai 65 decibel di giorno e i 55 di notte, soprattutto se prolungati nel tempo. Ecco perché l’inquinamento acustico a Milano è un affare serio. L’analisi della Bicocca rivela che un cittadino su 2 della popolazione milanese supera, quotidianamente, questa soglia» ci specifica l’esperta, Simona Cortopassi, giornalista e sleep coach (la prima a introdurre in Italia la figura di “allenatore del sonno”), fondatrice di The Good Nighter, uno strumento d’aiuto nato a Milano in piena pandemia per intervenire sul modo in cui si dorme per ritrovare uno stile di vita più sano.
Aggiunge: «Il 22% dei residenti subisce addirittura più di 70 decibel di giorno e 60 di notte, con ricadute sull’umore e ovviamente sul sonno. Colpa soprattutto del traffico, della movida, di macchinari rumorosi e spostamenti aerei o ferroviari. Per non parlare della raccolta dei rifiuti, in particolare del vetro, che avviene in alcune zone di Milano alle prime luci dell’alba infastidendo le ultime ore del riposo notturno».
Sono queste una serie di circostanze indicate anche dal portale di Città Metropolitana di Milano che riconosce come critica la fascia oraria che va dalle 22 alle 6 del mattino segnalando, tra le principali cause, proprio il traffico veicolare. Cosa che, da una parte, potrebbe essere una buona notizia: se non riusciamo a dormire, c’è una ragione valida che deriva proprio dall’esterno. In altre parole, probabilmente, non siamo poi così stressati come pensiamo o quantomeno non è del tutto colpa nostra. Questo potrebbe dipendere dal quartiere in cui viviamo e sul sito del Comune di Milano esiste una pagina che permette a chiunque di segnalare l’inquinamento acustico e di chiedere una verifica con una segnalazione fonometrica.
Ci racconta Cortopassi a proposito delle aree della città: «Se dovessimo stilare una classifica delle zone dove si dorme di meno e si vive peggio, qui a Milano, per colpa dei rumori, al primo posto troveremmo le circonvallazioni, gli immobili vicini agli scali aeroportuali e ferroviari e lungo le principali arterie di traffico, come viale Fulvio Testi, via Palmanova, via Fermi. Perfino alcune vie del centro non stanno messe meglio in quanto a frastuono: ad esempio in via Moscova, via Ariosto, corso di Porta Romana o piazza Wagner si rilevano in media, di giorno, più di 70 decibel. Attenzione poi alla zona di San Siro che, con i suoi concerti, supera spesso i limiti consentiti, o almeno un tempo quando c’erano i concerti e c’era meno controllo». I più fortunati invece sono quelli che vivono in zone come «Viale Sarca, la Maggiolina, via Arganini, zona Pratocentenaro e qualche angolo di Niguarda, dove prevale il verde. Ottime anche alcune parallele di corso Buenos Aires, dove i palazzi fanno da schermo protettivo, bloccando il passaggio di gran parte dei decibel».
A difesa della nostra città, però, occorre precisare che sono innumerevoli i fattori che non ci fanno chiudere occhio indipendentemente dal rumore. A cominciare da una situazione di stress che, inevitabilmente, in pandemia è cresciuta a dismisura anche tra i milanesi. «Recenti lavori di ricerca clinica hanno rilevato come durante la quarantena il ritmo sonno-veglia si sia notevolmente modificato. È stato registrato come l’orario di addormentamento e di risveglio sia stato ritardato rispetto al periodo pre-lockdown. Inoltre, le modifiche del nostro stile di vita e le paure per la situazione generale si sono tradotte in un aumento del tempo trascorso a letto ma paradossalmente anche a una qualità del sonno percepita peggiorata tra difficoltà di addormentamento, frequenti risvegli durante la notte, risvegli precoci la mattina e difficoltà di riprendere sonno».
Le notti in bianco stanno poi a cuore a molti dirigenti aziendali che, per aiutare i loro dipendenti, in particolare in questo periodo così complesso, tra una call e l’altra si rivolgono a un esperto del sonno anche attraverso consulenze video e webinair. Motivo per il quale questa professione, già molto diffusa negli USA, ora si sta facendo conoscere anche qui a Milano e di conseguenza in Italia. «Dormire è fondamentale per stare bene. Passiamo un terzo della nostra vita a letto. Se si dorme male non solo si ha sonnolenza diurna ma si finisce per avere un malessere generale, meno forze, meno concentrazione, una peggiore forma fisica, indebolimento delle difese immunitarie e scarsa produttività al lavoro. Il sonno è solo in apparenza un’attività passiva, molto si può fare dal punto di vista degli stili di vita per dormire bene. Ecco perché sempre più persone e anche aziende si rivolgono alla figura dello sleep coach, che elabora una sleep routine in grado di migliorare la qualità del sonno. A sfruttare lo sleep coach sono anche numerosi atleti, il più celebre è il calciatore Cristiano Ronaldo, che affida il suo riposo a un trainer del sonno, il dottor Nick Littlehales. Il programma dura circa un mese perché per cambiare le proprie abitudini sono richieste almeno tre settimane di modiche sui propri stili di vita».