Dopo gli sconquassi provocati a partire dal 2020 dalla variante Delta sul comparto moda alla sua prima uscita nel 2022 si è abbattuto Omicron. Le presentazioni delle collezioni uomo a Firenze e Milano ne hanno sofferto: non tanto per le rinunce annunciate a di Armani e Cucinelli quanto per l’assenza di buyer cinesi, russi e mediorientali.
Tuttavia c’è chi ha tenuto duro dimostrando di avere l’energia e le idee per andare avanti: e questo sebbene le sfilate in presenza annunciate inizialmente da Camera della Moda si siano via via ridotte, sostituite da filmati trasmessi in streaming, un “mezzo di soccorso” a cui la moda sta facendo appello sempre più di frequente. Si è trattato di gesti di resilienza esemplari. Qui di seguito ecco un elenco in ordine di apparizione delle più significative.
Zegna (recente la sua quotazione al Nyse). La presentazione di apertura della fashion week milanese ha visto gli invitati presenziare alla proiezione presentazione di un filmato di oltre 16 minuti ambientato nello scenario naturale dell’Oasi piemontese che porta il nome degli Zegna.
Riprese all’aperto intervallate da una performance con ottanta ballerini, ideata dal coreografo francese Sadeck Waff in omaggio alle mani delle maestranze dell’azienda. Va sottolineato come l’ancora troppo poco lodato direttore creativo Alessandro Sartori è uno che il mestiere della sartoria lo conosce davvero: l’industria per cui progetta poi è tra le più solide del panorama domestico.
2. Fendi (appartenente a LVMH, holding quotata alla borsa francese, italiana e tedesca). In passerella un numero di capi ridotto rispetto al passato, ma come per tradizione frutto di lavorazioni di grande livello. Immancabili come ovunque in questa tornata di presentazioni i tocchi gender fluid (pantaloni-gonna al ginocchio o extra long, calzettoni trasparenti su gamba nuda, ampi scolli a forma di cuore sul petto per la maglieria, moltissime proposte di borsoni e borsette). Restano stridenti le numerose proposte in pelle e pelliccia che pure sono una caratteristica di questo marchio nato dalla pellicceria d’alto artigianato. Viene da chiedersi la destinazione: Kitzbühel? Mosca e province dell’ex impero sovietico? Lo Xinjiang cinese?
3. Dolce&Gabbana. Show dedicato alla GenZ, o per lo meno a come i due designer intendono i valori di questa fascia di nuovi consumatori. Ad uscire sulla passerella per primo è arrivato Machine Gun Kelly, bellissimo e tatuatissimo 31enne rapper americano. La sua performance canora ha accompagnato l’intera presentazione costruita intorno alla convinzione che la proposizione di un guardaroba omogeneo e visivamente coerente sia divenuta obsoleta, che il senso dell’autorappresentazione per gli appartenenti alla GenZ sia davvero ormai altra cosa. Senza rinunciare all’impatto visivo che può trasmettere una (eco)pelliccia gli stilisti durante la conferenza stampa di presentazione – per la prima volta – si sono lanciati in una dichiarazione esplicita riguardante la ricerca di sostenibilità delle loro produzioni.
4. Etro (controllo recentemente acquisito da LVMH). La prima impressione è stata quella di un rebranding del marchio anche se i suoi codici generativi rimangono quelli di sempre: l’esercizio del vestire in maniera appropriata (cappotto, soprabito da giardinaggio, caftano, giacca, camicia stampata…), il viaggio (esotico e intelligente) e il paisley da sempre il segno di riconoscimento scelto dal suo fondatore Gimmo Etro. Il figlio Kean in questa presentazione li ha reinterpretati per giovanotti a cui proporre un accumulo di segni diversi: stelle del nord e ancore, mare e montagne d’inverno, e ancora la rosa stampata come parola latina su camicie e fodere, oppure presentata in forma botanica e stilizzata sulla maglieria; o il lupo, specie alla cui conservazione Etro si impegna dal 2020 in collaborazione con il WWF: l’immancabile – e benvenuto – accenno alla sostenibilità.
5. Prada (quotazione a Hong Kong e Francoforte). Parata di star del cinema in passerella (per l’uscita finale è apparso Jeff Goldblum ma prima di lui Thomas Brodie-Sangster, Asa Butterfield, Damson Idris, Tom Mercier, Jaden Michael, Filippo Scotti, star dell’ultimo film di Sorrentino – Louis Partridge, Ashton Sanders e in apertura Kyle MacLachlan) ma una collezione difficile da interpretare. Tute da astronauta e divise da lavoro sartoriali enfatizzate da enormi spalle oversize e trench in pelle stretti invita per ricalcarne la forma a clessidra. Qui niente ammiccamenti agli aspetti più rappresentativi della GenZ. Molto alto invece il grado di autoreferenzialità dei due super designer Miuccia Prada e Ralph Simons. Viene il dubbio che abbiano amato molto lo strabiliante delirio visivo dell’ultimo “Dune” di Denise Villeneuve
6. JW Anderson (nell’orbita LVMH per cui disegna anche il marchio Loewe). Anderson aveva previsto una sfilata in presenza ma Omicron ha deciso diversamente. Ai meno avvezzi alle fughe in avanti tipiche della moda, il suo filmato di otto minuti diffuso in streaming potrebbe apparire irritante. Eppure questo questo designer nordirlandese con la faccia da ragazzino è uno dei talenti più potenti tra quelli emersi nell’ultimo decennio in questo settore. I suoi studi teatrali (Studio Theatre in Washington D.C.) e un senso innato della bellezza lo hanno aiutato a imbastire una presentazione semplice (modelli e modelle in discesa da una scala rossa) e insieme sofisticata. Anderson conosce e frequenta con particolare destrezza il mondo dei social media, da TikTok a YouTube, e gli abiti presentati acquistano particolare senso se si ricercano le loro radici visive in questo contesto. Una cosa è apparsa evidente: è lui che sopra tutti ha saputo interpretare durante queste presentazioni l’universo visivo della generazione di consumatori (GenZ+ Millennial a partire dal 2025 saranno la maggioranza assoluta dei consumatori sul pianeta) di cui tutti i brand sono a caccia.
Pitti Uomo a Firenze. Per tradizione la fashion week milanese nel ciclo annuale delle presentazioni è anticipata da Pitti Immagine Uomo. Nel giro di pochi anni da 1.200 espositori Pitti è passata ad ospitarne 548 di cui oltre 200 non italiani. L’amministratore delegato Raffaello Napoleone non fa mistero delle difficoltà attuali ma tiene duro pure lui, progettando un ripensamento coerente della manifestazione per il prossimo futuro.
È esattamente questo l’atteggiamento appropriato: nel nostro paese esistono circa 70.000 aziende con meno di dieci dipendenti che producono articoli di moda. È questo ecosistema artigianale che la manifestazione fiorentina aiuta a commercializzare. Prima del 2020 il valore totale del Made in Italy si poteva calcolare in 98 miliardi di euro, di cui 65 destinati all’esportazione: 10 prodotti dal comparto uomo. Sono cifre che è bene conoscere. Aiutano a scansare i racconti senza senso su quel che sta accadendo e pure a capire quale gesto si compie anche nel più (giustamente) spensierato degli shopping.