Bando alle cianceLa sfida dei fondi europei per i Comuni italiani

Il Recovery Plan e gli altri fondi europei potrebbero far sviluppare i borghi e le province italiane. La modernizzazione del Paese passa attraverso la loro crescita, ma devono essere pronti ad accoglierla. Ci riusciranno?

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«Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare», diceva Seneca. Soprattutto se le vele da manovrare sono molteplici e i marinai non sempre dei più esperti e in numero sufficiente, aggiungeremmo noi. Parafrasando il filosofo latino, vorremmo quindi dire che non vi è programma di finanziamenti che possa risolvere i problemi dei nostri territori e generare una dinamica di sviluppo, se non è presente una chiara strategia di pianificazione e un piano di attacco rispetto alle opportunità presenti in numero crescente nei mesi a venire.

Nei prossimi articoli e in queste poche righe ci concentreremo su alcuni degli aspetti centrali della sfida che si presenta oggi per i nostri marinai, ovvero i Comuni Italiani, in una fase così delicata e importante per il rilancio e il rafforzamento delle nostre comunità, attraverso i fondi prestatici e messi a disposizione dall’Unione Europea.

Soffia il vento del Piano nazionale di ripresa e resilienza e si aprono i primi bandi: dal ripopolamento dei borghi storici alla realizzazione di scuole nuove, dalla rete di mobilità ciclistica al rinnovo della flotta del trasporto pubblico locale, mentre una parte delle risorse viene dirottata per il finanziamento di progettualità precedentemente selezionate (vedi il caso di rigenerazione urbana).

Tuttavia, non solo di PNRR si compone il paniere di opportunità veicolate dall’Unione Europea. Accanto ai 219 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di cui almeno 40 sono indirizzati a interventi di interesse dei Comuni, si collocano i Fondi Strutturali della Politica di Coesione e i programmi gestiti dalla Commissione Europea ai quali anche i Comuni possono accedere in maniera diretta. Fondi che, benché differenti per natura, modalità di gestione e tempistiche, hanno il vantaggio di essere inseriti in un quadro di politiche complementare: in altre parole, le missioni del PNRR e gli obiettivi strategici della Politica di Coesione si muovono nella medesima direzione, dalla transizione ecologica a quella digitale, passando per la coesione sociale e l’inclusione.

Risale alla settimana scorsa, infatti, l’invio ufficiale alla Commissione Europea dell’Accordo di Partenariato, documento, in fase negoziale, che definisce l’articolazione dei fondi della Politica di Coesione assegnati al nostro Paese per il prossimo settennato 2021-2027. Si parla di circa 42 miliardi di euro (che arrivano a 83 miliardi di euro con il co-finanziamento nazionale). Una quota importante di questi interesserà i Comuni, che, stando ai dati elaborati da IFEL, hanno gestito nel periodo 2014- 2020 risorse derivanti dalla politica di Coesione per circa il 15% del totale.

Se è vero che questa concentrazione di risorse rappresenta una straordinaria opportunità di crescita, dall’altra introduce alcune sfide cruciali che i nostri territori sono chiamati a compiere per assicurarsene l’accesso e garantire un’efficace gestione gettando le basi per uno sviluppo sostenibile, duraturo e ispirato a principi di equità anche territoriale.

La tentazione di produrre lunghe liste dei desiderata per accedere a tutte le opportunità immediate è una delle scelte possibili. L’inconveniente è che ricorda molto la storia di Rosalinda, la contadina che mentre portava la ricotta al mercato era talmente intenta a fantasticare a proposito di cosa avrebbe fatto con i soldi del ricavato da arrivare a immaginarsi regina del Regno e fare un inchino, rovesciando così la ricotta che conservava nel grembiule. Tra l’impetuoso entusiasmo del tutto e subito e lo sconforto per la complessità procedurale e i tempi stretti, può essere utile prendere in considerazione una terza strada.

«Siccome ho molta fretta, devo andare molto piano», diceva Napoleone. Certo non è oggi il tempo degli indugi, ma sicuramente la corsa ai fondi sarà tanto più efficace, se sarà preceduta da una programmazione che includa una riflessione strategica rispetto alla selezione delle progettualità assumendo come bussola i concetti di sinergia e di complementarità. Al fine di massimizzare le possibilità di accesso ai fondi e allo stesso tempo rendere efficiente il loro utilizzo sarà infatti fondamentale considerare le peculiarità delle diverse opportunità di finanziamento, tra PNRR, Fondi Strutturali e Programmi ad accesso diretto, scomponendo le progettualità per linee di azione e di intervento da valorizzare, a partire dal PNRR.

Proviamo a fare un esempio: se il nostro obiettivo è quello di potenziare l’offerta dei servizi di istruzione, magari in un contesto che presenta oggi trend demografico positivo ma un immobile obsoleto, potremmo immaginare di utilizzare il bando previsto dal PNRR per la realizzazione del nuovo edificio. Per modernizzare la scuola lo stesso Comune potrebbe attrezzarsi per pianificare un intervento negli anni successivi, da finanziare con i Fondi strutturali per l’attrezzatura e la dotazione tecnologica della scuola e prevedere la partecipazione alle risorse del programma Erasmus Plus per potenziare la formazione e cooperazione internazionale di insegnanti e studenti.

Lo stesso esercizio può naturalmente essere applicato nei diversi settori: pensiamo alla riqualificazione degli spazi sportivi, che può essere realizzata da interventi infrastrutturali, complementata dai Fondi Strutturali e valorizzata dai fondi europei tanto da arrivare a co-finanziare eventi sportivi (not for profit) di dimensione internazionale anche in un piccolo Comune.

In sostanza, non mancano le risorse. Fondamentali saranno tuttavia visione, programmazione strategica per l’accesso e capacità di gestione e di spesa, quando anche i progetti entreranno nel vivo.

L’esercizio che si propone è tutt’altro che banale e affinché le risorse possano effettivamente innescare dinamiche di sviluppo diffuse nel nostro Paese, è opportuno che le Istituzioni ai diversi livelli siano consapevoli di quanto tale sfida sia delicata soprattutto per realtà di dimensioni più ridotte, ad esempio con meno di 5.000 abitanti, che in Italia rappresentano circa il 70% dei Comuni e di cui sono prevalentemente composte le aree interne e periferiche del Paese.

Per evitare che la complessità procedurale, il poco tempo a disposizione e la forte dimensione competitiva producano una concentrazione di risorse nei Comuni a oggi meglio attrezzati, con un potenziale effetto distorsivo in termini di equità territoriale, è necessaria la creazione e il potenziamento di reti di coordinamento e soprattutto è il tempo di un forte investimento nella formazione e nell’accompagnamento della Pubblica Amministrazione sulle cui competenze e capacità si gioca oggi la possibilità di sfruttare il buon vento che soffia da Bruxelles.