Come molti altri leader in passato, a un certo punto Matteo Salvini sembrava inarrestabile, ma a causa di quella che nel gergo politico gli americani chiamano hubris, anglicizzando il concetto greco di tracotanza e di superbia, il capo leghista ha collezionato un elenco di errori politici dietro l’altro che lo hanno relegato al modesto ruolo di secondo violino di Giorgia Meloni.
La partita del Quirinale è quella che potrebbe riscattarlo da un destino di gregario, a patto che Salvini cominci a ragionare con la testa sulle spalle, non esattamente la specialità di un leader solitamente mosso da istinti primordiali.
L’indole di Salvini, però, potrebbe trarre vantaggio dalle grandi manovre di Giorgia Meloni, la quale vuole andare alle elezioni anticipate per capitalizzare la sua opposizione solitaria al governo e il ruolo di leader della destra assegnatole dai sondaggi. Per questo, d’intesa con Enrico Letta che ha aspirazioni uguali e contrarie, la leader di Fratelli d’Italia sa benissimo che la via più diretta per assicurarsi il primato della destra è quella di far traslocare Mario Draghi al Quirinale e correre al voto.
L’ipotesi di Draghi presidente della Repubblica metterebbe dunque in difficoltà Salvini, il quale sarebbe costretto a uscire precipitosamente dal governo, assieme a Berlusconi, a mettersi in fretta e furia in modalità elettorale, ma partendo da una posizione di debolezza rispetto all’integerrima linea antigovernativa di Meloni.
Insomma, Salvini dovrebbe aggirare l’improbabile asse Meloni-Letta ed evitare che siano i Fratelli d’Italia a dettare i tempi della scadenza elettorale e i temi della campagna politica nazionale.
Per farlo, è necessario che Salvini cominci a fare politica, anziché aspettare con atteggiamento malmostoso di capire la direzione del vento, col rischio di restare col cerino in mano.
C’è la questione Berlusconi, ovviamente, al momento il candidato ufficiale di tutta la destra unita, cui spetta la prima mossa grazie alla maggioranza relativa dei Grandi Elettori. Ma mentre Meloni ha già il suo piano B, che poi è il piano A assieme a Letta per eleggere Draghi, ovvero l’asse Molotov-Ribbentrop che ci possiamo permettere, Salvini non ha ancora esplicitato il suo vero progetto, ammesso che ne abbia uno, anche se parecchi retroscena raccontano di una possibile convergenza con Matteo Renzi per individuare un candidato appetibile sia per la destra sia per il centrosinistra, qualcuno tipo Pierferdinando Casini, già co-leader del centrodestra degli albori e attuale senatore del Pd eletto addirittura nella Bologna rossa su indicazione di Renzi.
Insomma, Salvini ha bisogno di tornare protagonista e per farlo deve trovare una soluzione credibile per il Quirinale, magari assieme all’ex sodale Luigi Di Maio che sul suo fronte ha un problema simile a quello del leghista, ovvero sabotare ogni iniziativa del suo rivale interno Giuseppe Conte.
Il rebus Quirinale oggi è guidato dall’aritmetica, ovvero dal vantaggio numerico del centrodestra tra i Grandi elettori, ed è appeso alle bizze berlusconiane o, magari, a un colpo di teatro dello stesso Cavaliere nel caso si rendesse conto dell’impossibilità di farcela. Ma per orientarsi sul tipo di partita che si sta giocando, bisogna guardare con attenzione la sfida tra gli interessi convergenti di Letta, Conte e Meloni e quelli di Salvini, Renzi e Di Maio.