Cronaca di una dose annunciataCome ho convinto mio figlio a vaccinarsi senza andare a Gardaland in taxi

Andare nella periferia di Milano il 30 dicembre in un centro vaccinale al sesto piano senza usare l’ascensore sembrava un’impresa impossibile. Ma ce l’ho fatta. E ho ricevuto pure il booster. Al piccolo non è ancora cresciuta la coda, ma che senso ha aver fatto tutto questo se poi chiudono i parcheggi? Ops, scusate, volevo dire le scuole

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La prenotazione per il vaccino di mio figlio era il 30 Dicembre. Ha 5 anni e mezzo, e fino a quella data mi sono chiesta perché di anni non ne avesse 4 in modo da non essere vaccinabile. Perché sto scrivendo questo pezzo ora? Pensiero magico, scaramanzia, scaccio la sventura, credo all’oroscopo. 

Lui inizia a piangere un’oretta prima di andare, dice che il vaccino non lo vuole fare e che, soprattutto, al centro vaccinale ci vuole andare in taxi, se no venissero loro a casa. Gli dico che c’è un biglietto omaggio per Gardaland se si vaccina. Saliamo in macchina. Penso che sono una cretina, gli ho messo una maglia a maniche lunghe e un paio di maglioni, glieli dovrò togliere, prenderà freddo, gli verrà la febbre, penserò che sia covid, o flurona, o febbre da vaccino, o danno da vaccino, Signore perché mi hai fatto così scema. 

Il centro vaccinale per i bambini è in via Scarampo, in zona Fiera. A Milano ce n’è solo uno, su Twitter un’amica mi ha spiegato che c’è solo quello perché «fatto a misura di bambino». Peccato che i bambini non guidino, i bambini del centro intendo, perché adesso i Ferragnez possono anche farci credere che City Life sia Area C, ma spiace, è periferia, sarà anche il centro di Instagram, ma è periferia, è dall’altra parte di qualunque altra parte, e sono lì in macchina che maledico la sanità lombarda, Beppe Sala, Attilio Fontana, Prezzemolo, mio figlio mi dice «guarda, quella sembra la casa dei nonni», e ti credo amore bello, i nonni abitano a Monza, questa – come capisci anche tu che hai solo 5 anni – è Brianza, non è Milano Milano, spero di aver portato il passaporto. 

Arriviamo davanti al centro vaccinale, capiamo che è lui perché hanno fatto due colate di giallo e un paio di disegni, proprio a misura di bambino, bravi. Un signore della protezione civile all’ingresso mi chiede se vogliamo prendere l’ascensore. Lo sapevo, sembro incinta, non dovevo mangiare a Natale, meno male che adesso con la mia friggitrice ad aria tornerò (vabbè) magra (vabbè). Lo guardo con disprezzo, gli dico che preferisco prendere le scale, caro signore faccio due passi così è contento che non vorrei sembrare Margot Robbie, e non mi guardi come se fossi pazza che non c’è il bonus psicologo, saranno solo un paio di chili in più rispetto al normopeso. 

Facciamo le scale. A metà rampa capisco perché mi ha chiesto se volessi prendere l’ascensore: sono 5, 6 piani di scale a chiocciola all’aperto con una fila che non finisce più, e questo vuol dire solo che non sembro incinta. Grazie protezione civile, sempre avuta massima considerazione del vostro lavoro. Consiglio per i furbetti dello scalino: prendete l’ascensore così saltate la fila. Vedo scendere i bambini che hanno appena fatto il vaccino. Non piangono e non hanno la coda, sono estremamente sollevata.

Entriamo, c’è il misuratore di temperatura con telecamere, ma mio figlio è troppo basso per essere rilevato, forse perché il posto è fatto a misura di bambino, ma io già penso che abbia la febbre, ecco lo sto facendo vaccinare col Covid, gli anticorpi gli mangeranno la faccia. Prendiamo il numerino tra un murales di Prezzemolo e un clown, ma perché ci sono i clown. 

L’infermiera mi chiede se voglio fare la terza dose. Voi siete dei santi, degli apostoli, Regione Lombardia sei una gloria nell’alto dei cieli. Entriamo nello stanzone di attesa, abbiamo cento persone davanti, mio figlio mi chiede se possiamo prendere un taxi al ritorno, pensa solo ad andare in giro in taxi, ma perché. Facciamo tutta la trafila, passiamo una serie di anamnesi, ci danno il buono per Gardaland, «mamma possiamo andare adesso? Chiami il taxi?», c’è un megaschermo con il cartone di Prezzemolo, e ci sono in giro persone vestire da clown. Ah già, era l’unico posto a misura di bambino, ma pensato probabilmente da persone che non hanno figli, perché nessuna mente lucida di padre o madre metterebbe dei pagliacci in un centro vaccinale. 

Arriviamo dall’infermiera per l’iniezione, ecco adesso lo devo spogliare signora infermiera perché sono scema, vede che sono scema? Mi guarda attonita, gli scopre la spalla, lo vaccina. Gli dà l’attestato di coraggio, io inizio a piangere con i clown che mi fissano, «mamma smettila di piangere, chiama il taxi». 

Vado a fare la terza dose, poi passiamo insieme il nostro quarto d’ora di vigile attesa in un corridoio. Sul muro c’è la gigantografia di un monatto, i clown ballano, e questo è tutto quello che so sull’essere a misura di bambino. 

Torniamo a casa, mio figlio è furibondo perché dice che vuole andare immediatamente a Gardaland in taxi. Arriviamo a casa, povero il mio bambino, adesso gli verrà la febbre, gli anticorpi gli mangeranno la faccia nel sonno, starà male, gli crescerà la coda, cosa mi è venuto in mente di vaccinarlo a Capodanno che non ci saranno medici in pronto soccorso, e quelli che ci saranno ubriachi. E invece. 

È andato a letto verso mezzanotte dopo aver ribaltato la casa, a un certo punto mi ha messo dello scotch sulla bocca per farmi tacere, mi sembra che gli stessi dicendo che no, non può avere un’ascia vera e non si può andare a Gardaland in taxi, e allora mi ha messo il nastro adesivo in faccia. Comprensibile. A oggi non gli è cresciuta la coda.

È stato comunicato un paio di giorni fa che il doposcuola è stato sospeso. Può essere che i parcheggi, ops, scusate, volevo dire le scuole, ecco, che le scuole rimangano chiuse. Il personale è ridotto, siamo in zona gialla quindi le restrizioni si restringono, vale a dire: ci sono insegnanti e collaboratori scolastici e quant’altro no vax che non lavoreranno, chiuderemo, torneremo a marzo 2020. Non era scritto proprio così, e mi chiedo sempre perché non si possa fare una comunicazione onesta. 

È incredibile che un bambino di 5 anni sia riuscito nell’impresa di essere utile alla comunità, è incredibile che debba chiedermi cosa ho vaccinato a fare mio figlio se chiudono le scuole, e a questo punto spero solo che ci salvino i bambini.

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