Avvicinare le istituzioni comunitarie ai cittadini e renderli partecipi delle decisioni che si prendono a Bruxelles: è questo l’obiettivo dichiarato di Dubravka Šuica, vice-presidente croata della Commissione europea e commissaria alla Democrazia e Demografia.
L’occasione perfetta è la Conferenza sul Futuro dell’Europa, evento inedito di democrazia partecipativa che la vede tra gli attori protagonisti: insieme all’eurodeputato belga Guy Verhofstadt e al ministro degli Affari europei francese Clément Beaune, Šuica è co-presidente del board, il comitato esecutivo chiamato a dirigere i lavori
La Conferenza è a metà del suo percorso: come valutate le proposte che stanno emergendo?
È troppo presto per esprimerci nel merito. Ovviamente stiamo lavorando sulle proposte, ma non abbiamo deciso niente. Alcune delle idee sono già in cantiere nella nostra legislazione, altre vanno considerate attentamente, altre ancora sono completamente nuove. Del resto, la nostra posizione era chiara fin dall’inizio: è importante non anticipare le conclusioni, ma aspettare che i cittadini dicano la loro.
Nell’architettura della Conferenza, che ruolo è stato assegnato ai cittadini?
Le persone comuni sono una componente importante perché è l’unica che normalmente non si esprime in modo diretto: noi celebriamo già abitualmente i collegi dei commissari, le plenarie del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. Quindi ora è il momento soprattutto di ascoltare loro. Viviamo in un mondo completamente nuovo, nell’era digitale non possiamo certo consultarli solo ogni cinque anni con le elezioni europee: dobbiamo capire cosa pensano e cosa desiderano anche nel resto del tempo.
Quindi, cosa fa la Commissione per avvicinarsi a loro?
Il nostro fine, magari utopistico, è arrivare in ogni parte d’Europa. Probabilmente con la pandemia non sarà facile farlo fisicamente, anche se con le nostre missioni cerchiamo sempre di andare oltre le capitali e conoscere i Paesi in profondità. Ma questo non è abbastanza: ciò che ci aiuta ora è proprio la piattaforma multilingue della Conferenza.
Non tutti, però, hanno le competenze digitali per accedere alla piattaforma…
È vero, l’alfabetizzazione digitale può essere un problema. Ma stiamo promuovendo i programmi di lifelong learning e la solidarietà generazionale, con i più giovani chiamati a spiegare le dinamiche del mondo digitale ai propri nonni. Resta un esercizio molto complesso, ma noi ci crediamo: del resto anche la democrazia evolve attraverso i cambiamenti tecnologici.
Perché questo evento è importante per la democrazia europea?
È la prima volta nella storia comunitaria che le tre istituzioni si adoperano insieme, firmando una dichiarazione comune. Nessuna delle tre può appropriarsi della Conferenza: l’unico organo decisore è il board, che è composto da rappresentanti di ognuna in egual numero. Nel processo non ci sarà nessuna votazione, ma la ricerca del consenso: per le conclusioni, quindi dobbiamo trovare un punto d’incontro fra Consiglio, Parlamento e Commissione, altrimenti non ci saranno conclusioni. Noi ce ne stiamo occupando insieme ai vice-presidenti Věra Jourová e Maroš Šefčovič, ma non siamo da soli e sarà un duro lavoro accordarsi con le altre istituzioni.
Qual è per la Commissione europea l’obiettivo finale della Conferenza?
Mostrare ai cittadini europei che possono influenzare le politiche europee anche dal più remoto villaggio d’Europa. La Commissione supporterà le richieste dei cittadini, come previsto da una delle sei priorità della Commissione von der Leyen: un nuovo impulso per la democrazia europea.
Questo significa che cambierete i trattati europei?
Nella dichiarazione comune, sottoscritta da Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, ci siamo impegnati a coinvolgere i cittadini nel processo politico futuro: sia che ciò avvenga cambiando la legislazione, sia nel caso in cui chiedano di modificare i trattati. Ma questo non vuol dire che necessariamente ci chiederanno di farlo: ho ascoltato attentamente il dibattito finora e per molte delle proposte c’è già spazio a sufficienza nelle modalità legislative correnti. Per cambiare i trattati, come sapete, serve poi il consenso di tutti i 27 Paesi dell’Unione…
Il presidente francese Emmanuel Macron, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue è sembrato aprire a questa ipotesi.
Non posso commentare le dichiarazioni di rappresentanti nazionali, ma sicuramente è un buon segno il fatto abbia detto che serve aggiornare le regole europee per rispondere alle sfide globali.
La Conferenza potrà essere prolungata o magari diventare un esercizio permanente, come hanno raccomandato i cittadini del Panel 2?
Quella in corso deve finire entro la primavera, come da accordi, perché altrimenti avremmo bisogno di un altro mandato. Sul futuro, è meglio non promettere nulla, piuttosto che deludere i cittadini: questo non possiamo proprio permettercelo. Sicuramente, però, una struttura di consultazione permanente dovrebbe emergere da questo evento: potrà essere la piattaforma multilingue digitale oppure un’assemblea cittadina su base biennale, non è possibile dirlo ora. Ma dovrà configurarsi come uno strumento per rafforzare la democrazia partecipativa e includere i cittadini.
Quali sono oggi le principali minacce alla democrazia europea?
Credo che la pandemia abbia in qualche modo favorito la crescita di idee populiste e autoritarie. Durante i lockdown è stato facile per alcuni leader agire aggirando le corrette procedure democratiche. Questo rappresenta un problema, ma sono sicura che stiamo parlando di ristrette minoranze. L’Unione europea oggi sta andando sicuramente nella giusta direzione per quanto riguarda la democrazia e che questo periodo ci aiuterà persino a evitare i pericoli autoritari nel futuro. Certo, i populisti sono dappertutto… Chi sono i populisti? Tutti coloro che promettono cose che sanno di non poter mantenere.