Odi et amoFlorian Illies parla di sentimenti in un’epoca di intolleranza

Da Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir a Zelda e Francis Scott Fitzgerald, in “L’amore al tempo dell’odio” (Il Saggiatore) lo scrittore tedesco racconta l’impetuosa storia degli anni Trenta e quella delle passioni che possono portare sull'orlo dell'abisso

di Everton Vila da Unsplash

Con il 1929, inevitabilmente, gli anni venti volgono al declino – e con loro tramonta anche la vita coniugale dei Fitzgerald. Quando nel 1921 si erano imbarcati sull’Aquitania alla volta dell’Europa i giovani sposi erano l’incarnazione vivente del nuovo chic americano, dell’irrequieta Jazz Age, della sete di vita, più che di significato. Si apprestano a conquistare il mondo in completo di lino e abito da sera. Zelda, l’irresistibile bellezza del Sud, e Scott, il profeta dell’autodistruzione, biondo e garbato, autore di storie d’amore dall’intonazione nuova, piene di eleganza stilizzata e di una malinconia senza tempo.

Belli e dannati e Il grande Gatsby, così tristi e brutali eppure così veri, erano un po’ l’equivalente anni venti delle fiabe dei Grimm. C’era una volta in America… Nel giro di breve tempo i coniugi Fitzgerald si affermano come sfavillanti stelle fisse anche nel firmamento anglosassone di Parigi, dove orbitano pianeti come Gertrude Stein e James Joyce, Sylvia Beach della libreria Shakespeare & Co., Cole Porter, Josephine Baker, John Dos Passos e, naturalmente, Hemingway. Una “mezzanotte a Parigi” che sembra non finire mai, ma sotto il segno di una luna calante. Perché anno dopo anno la situazione dei Fitzgerald si fa sempre più ardua. Zelda ridacchia tra sé e sé per lunghi minuti e Scott diventa scontroso quando gli capita di bere troppo – e capita ogni giorno.

Nella primavera del 1929, appena rientrati a Parigi da una rimpatriata in America per sforzarsi di ritrovare le belle speranze e il glamour dei primi anni europei, si perdono per sempre. Come due trapezisti sotto la volta del tendone, in alto, in altissimo, aggrappati l’uno all’altra, sospesi sul vuoto, sull’abisso. Nella sua prima lettera d’amore Zelda giurava a Scott che non sarebbe mai potuta vivere senza di lui, che lo avrebbe amato per sempre, anche il giorno in cui lui, per qualunque motivo, avesse preso a odiarla. E il giorno arriva in quella primavera che si allunga tiepida su Parigi come una coperta di lana blu oltremare. Zelda prende lezioni di danza classica, Scott va a scuola di autolesionismo. Lei passa le giornate a ballare. Lui passa le notti a bere.

Quando il «New Yorker» gli chiede un breve testo autobiografico lui spedisce per tutta risposta un catalogo degli alcolici che si è scolato negli ultimi anni. Beve per prendere le misure della propria caduta, per essere davvero indegno di se stesso, come sente di essere quando è sobrio. Nelle prime ore del mattino, quando il taxi lo riporta a casa dal suo tour etilico tra le bettole della Rive gauche, mentre sale barcollando le scale dell’appartamento, Zelda si è appena alzata: fa stretching e si riscalda per prepararsi alla lezione di danza. È finalmente stata ammessa all’esclusiva scuola di madame Egorova, che in gioventù ha duettato con Nižinskij nei celebri Balletti russi e ora gestisce la migliore accademia di danza della capitale. In boulevard des Capucines.

Zelda è un’adepta, ai limiti del fanatismo, di quella gran dama russa, alla quale regala ogni giorno delle gardenie bianche e ogni settimana un nuovo profumo. E quando lei le tocca la caviglia per correggere una posizione Zelda sente la pelle d’oca in tutto il corpo. È convinta che sia amore, ma probabilmente è solo ossessione. Ormai le interessa una cosa sola: piacere a madame Egorova. Quando rincasa continua a esercitarsi, beve solo acqua, la notte si corica con i piedi legati ai pomoli del letto e dorme con le punte verso l’esterno, per renderli più elastici. Ma sono i piedi di una donna di ventinove anni, non sono più duttili come legno verde. Perfino quando cerca di litigare con Scott approfittando di un suo breve intervallo di sobrietà, nei rari momenti in cui sono a casa entrambi, ruota i piedi verso l’esterno e sorride come una ballerina.

I due si scorticano a vicenda, senza risparmiarsi alcuna tortura. Più che un matrimonio, ormai, è una bancarotta eternamente dilazionata. Adesso anche Zelda ha iniziato a scrivere racconti, ma la rivista «College Humor» li pubblica con la dicitura: «Di F. Scott e Zelda Fitzgerald», perché il nome del marito vende meglio. La cosa la fa ammattire. E anche Scott, pungolato dalla moglie, si è rimesso a scrivere dei racconti, che vende per duecento dollari l’uno. Il tema, però, è sempre quello – lo stesso dei racconti di lei: l’incomunicabilità nel matrimonio.

In quell’estate il compagno di sbronze di Scott è Hemingway, un bevitore di gran razza con il quale si può anche meditare sulla vita con lo sguardo perso nel bicchiere. Una sera di giugno, al Michaud’s, Scott gli riferisce con voce strozzata che secondo Zelda il suo pene sarebbe troppo piccolo, più piccolo di quello degli altri uomini. Hemingway non batte ciglio e lo invita in bagno per verificare con i propri occhi. E il verdetto di Ernest Hemingway, conoscitore in materia, è: tutto normale. Però non gli sfugge che Fitzgerald non è soddisfatto dell’esito: «Non aveva intenzione di farsi consolare, si era aggrappato alla scusa del pene per giustificare le sue débâcle coniugali». Hemingway propone all’inconsolabile di accompagnarlo al Louvre in mattinata per studiare insieme i genitali delle sculture classiche, ma Fitzgerald non vuole saperne: preferisce voltolarsi nell’autocommiserazione, convincersi di non essere normodotato. Se Zelda ha detto che ce lo ha piccolo, per lui è vero. Ennesimo pretesto per bere a oltranza.

La scuola di balletto chiude per l’estate. Tutto chiude per l’estate. Al che anche i Fitzgerald si dicono che sia il caso di prendersi una vacanza, per non rimanere a scuoiarsi vivi nell’appartamento di rue Palatin. Così partono per la Riviera, due naufraghi che annegano in riva al mare. Prendono in affitto la villa Fleur de Bois grazie agli onorari dei nuovi racconti di Scott. Vogliono «nuotare, abbronzarsi e ringiovanire», scrive lui. Soprattutto, però, vogliono prendersi una vacanza da se stessi. E anche questa volta trovano una spalla in Sara e Gerald Murphy, il re e la regina dei salotti, due coniugi statunitensi ricchi sfondati. Nella loro proprietà di Antibes, villa America, dimenticare il mondo sembra più facile che mai.

Tra cocktail party sotto le grandi foglie delle palme o sull’erba dei prati all’inglese, fitta e impeccabilmente rasata, in mezzo a newyorkesi e parigini belli, abbronzati e vestiti di bianco, con l’aiuto dello champagne ghiacciato, del jazz di sottofondo, con il Mediterraneo che scintilla a portata di mano e il sole al tramonto che riscalda la schiena. Ormai, però, non basta più. La vita non è un sundowner.

Zelda gira per tutta la sera con un sorriso fuori luogo stampato in viso, come se immaginasse di esercitarsi alla sbarra nella sua scuola di balletto a Parigi, non a una staccionata a picco sul mare. «La mia tendenza ultimamente», scriveva Scott a Hemingway dalla Riviera, «è di crollare verso le undici […] con le lacrime che mi sgorgano dagli occhi o il gin che arriva a quell’altezza e trabocca».
«Quest’estate sei venuto a letto con me una sola volta», gli rimprovererà lei.
«Quest’estate non riesco a ricordarmi di te», risponderà lui più tardi.

A settembre più che inoltrato rientrano in auto a Parigi, diretti all’infelicità di sempre, ma con un paio di ferite in più. L’estate è finita. Mentre Scott guida lungo la corniche, il lungomare, a picco sulle onde roboanti, abbagliato dal sole alla sua destra, Zelda impugna il volante con uno scatto improvviso e una risata folle e sterza a tutta forza verso l’abisso. Vuole precipitare con l’auto nell’abbraccio consolatorio della schiuma. Ma Scott riesce a raddrizzare l’asse all’ultimo momento. Solo un paio di pietre divelte dal ciglio piombano in acqua con un tonfo fragoroso.

da L’amore al tempo dell’odio. Una storia sentimentale degli anni Trenta, di Florian Illies, Marsilio Editori, 2022, pp. 384, 19 euro

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