Nomadi in viaggio, lottatori su un ring, dubbiosi o entusiasti davanti alla frontiera. Sono gli esseri umani, rappresentati nella letteratura e nell’arte e raccontati nell’ultimo libro di Antonio Spadaro, “Fiamma nella notte. Sette parole per immaginare il futuro” (Ares edizione). Con un testo complesso, ricco di riferimenti e coltissimo, cala il lettore nel cuore dell’umanità tenendolo aggrappato a una corda di sette parole: viaggio, frontiera, ring, germoglio, cose, Logos, pandemia. Parole vive o, come scrive nell’introduzione, «parole conchiglie», che «lasciano ascoltare il mondo dal quale provengono e creano echi profondi», da seguire in un’epoca di smarrimento come questa, da usare per immaginare il futuro.
Tutte – sottolinea fin da subito – «indicano una soglia»: se quella relativa a “viaggio” e “frontiera” è evidente, le altre invece la serbano con più cura. È la soglia della lotta e dello scontro fisico – cioè dell’agire necessario come metafora della vita (e non è un caso che venga usata, nel cinema e nella letteratura, con esiti felici come il film di Martin Scorsese “Toro Scatenato” o i racconti di Ernest Hemingway). Ma è anche la soglia della capacità espressiva della poesia cinese (qui il germoglio), sempre sospesa nella sua indeterminatezza, nel suo suggerire percorsi e strade.
Il testo, insomma, spazia nella cultura globale: da Omero a Kafka, da Virgilio a Bruce Chatwin, da Jim Morrison a Papa Francesco. All’umanità colpita dal flagello della pandemia propone nuovi percorsi partendo da strade antiche: il viaggio di Odisseo per il ritorno a casa si trasforma nell’altro, aperto e fondativo, di Enea, per incrociare l’eterno movimento del popolo ebraico. Risultato: il passaggio del pellegrino, dove «il cammino non è neutro, indifferente. È una palestra che permette un continuo esercizio spirituale di contemplazione».
Ogni capitolo è un affondo e una visione. Si immerge in un contesto, ne coglie una lezione e la lascia riecheggiare lungo le pagine. Le esplorazioni della grande letteratura americana di Walt Whitman, Emily Dickinson ed Edgar Lee Masters (la frontiera) si avvolgono alla bellezza per immagini della poesia cinese, non solo cultura altra e intraducibile, ma anche lingua diversa e forse più vicina all’anima umana: come sostiene il premio Nobel Gao Xingjan, «il cinese, grazie alla sua flessibilità, avrebbe proprio gli stessi stessi caratteri distintivi che ha il movimento della coscienza».
Il tutto conduce a uno sguardo nuovo sulla realtà: dai testi, insomma, si passa alle cose e allo spirito disincantato di Francis Ponge, l’analisi del materialismo e del sublime dei piccoli oggetti e delle esperienze semplici, minori, da cui – e cita Jaccottet, e Woytjla, e Guardini su Rilke – emerge la bellezza della poesia. E poi, come a ribadire la verità di fede, arriva il saggio sul Logos, cioè sulla figura di Cristo nell’arte e nella letteratura – alternativo, ma non in contrasto con quello dei Vangeli, ossia esprime un altro modo per descrivere e attualizzare la verità rivelata – perché l’incontro con lui, per uno scrittore «può essere solo un fatto serio».
E il libro di Spadaro è in questo senso un libro serissimo. La prosa ondulata accoglie, la profondità del pensiero trattiene, la brevità rimane, per convogliare tutto verso la chiusura. È il capitolo/saggio“Pandemia” costituito dall’analisi delle parole di Papa Francesco. Il Pontefice nei mesi più bui ha trovato le parole per consolare l’umanità, sostenere gli afflitti e incoraggiare tutti coloro che lottavano contro il Covid-19. Ma ha anche indicato una via per la rifondazione – solidale, aperta, amorevole – e per la rinascita. Ecco: lottare, come poeti sociali, contro il virus e i suoi danni, ma anche contro i mali che affliggono la Terra: sono tante le pandemie «che fanno morire la gente e noi non ce ne accorgiamo», aveva detto a Santa Marta. Ora l’umanità è sulla soglia: deve andare avanti, riprendere in mano la realtà e costruire ogni giorno qualcosa di migliore. Se servono le parole giuste, ora le abbiamo.