Salmone parmigiano Ebbene sì, a Polesine Zibello non si vive di solo culatello

Dai mari del Nord e dall’Atlantico alla provincia di Parma: il famoso pesce rosa arriva nella terra dei tortellini e dei salumi e a Polesine Zibello diventa il centro di una produzione di affumicato eccellente grazie a Foodlab. Una storia che inizia con la voglia di innovazione e un forno in giardino

Nella zona alta di Parma e provincia, fumära è il nome con i cui vecchi chiamano quella nebbia spessa che ti avvolge in certi giorni di inverno, anche nel centro della città, e non ti fa vedere a un metro, ovattata come una nuvola, elemento naturale di quella terra toccata dalle acque del Po. A tratti magica, a tratti malinconica, con quel non so che di mistero che avvolge edifici, cose, persone. E Fumara (italianizzato, senza dieresi) è anche il nome di un prodotto che – per provenienza – poco ha a che fare con la terra dei prosciutti e dei culatelli. Fumara è una delle linee a base salmone che lʼazienda Foodlab di Polesine Zibello (Pr) porta sulle tavole dopo un percorso tutto naturale, che preserva intatta la consistenza delle carni e garantisce un gusto rotondo, proprio cose se ad affumicarli fosse stata la nebbia. Sotto forme diverse, ma tutte unite dallo stesso entusiasmate principio – un ricciolo di fumo e un angolo di mare – il salmone, ma anche il merluzzo o lo spada, si declinano in affumicati, al naturale, sapori gourmet, fishburger. «Volevamo legarci al territorio, volevamo creare un filo doppio con le nostre tradizioni» racconta Gianpaolo Ghilardotti, chef e ideatore del metodo di affumicatura nonché fondatore di Foodlab «anche se il salmone è un prodotto di importazione noi vogliamo farlo nostro. In fondo in Italia siamo dei bravissimi “trasformatori”, basti guardare lʼesempio del caffè: non produciamo il macinato, ma abbiamo l’espresso più famoso al mondo. Ecco, vorrei che fosse così anche per il nostro salmone, che venissimo riconosciuti nel mondo come zona di eccellenza».

Dietro questa bella storia cʼè una azienda a conduzione (inizialmente) familiare – con i fratelli Gianpaolo, Francesco ed Elisabetta Ghilardotti – e numeri di fatturato pari a 40 milioni di euro nel 2021 – Foodlab è stata fondata nel 2000 -, 3 mila tonnellate di materie prime lavorate ogni anno e 140 dipendenti, che arrivano a 200 durante il periodo di Natale. Il loro core business è il salmone, quello che gli antichi romani chiamavano Salmo Salar, dal verbo salire, lʼeroico pesce che risale le acque per tornare al luogo di nascita.

Sono gli anni Novanta, precisamente il ʼ92, e Giancarlo Ghilardotti è un giovane cuoco che decide di perfezionare la sua tecnica. Si trasferisce in Francia e lavora alla corte del pluristellato Georg Blanc dove impara a cucinare il tortino al cioccolato dal cuore morbido – di cui Blanc è lʼinventore – e si innamora delle alchimie della sua affumicatura del salmone. Una volta rientrato in Italia, costruisce in giardino un forno artigianale e sperimenta, sbaglia, riprova, calibra fino a trasformare il gioco dei fumi nel suo marchio di fabbrica.

«Sono un cuoco curioso, ho girato molto, fatto corsi di aggiornamento e in quel periodo gestivo il ristorante Vecchio Parco sulle colline di Salsomaggiore» continua Ghilardotti «la cucina che si proponeva allora in Italia era classica, cʼerano ancora pochi ristoranti “innovativi”, forse 4 o 5, e io avevo voglia di proporre qualcosa di alternativo. Quando ho visto come Blanc affumicava il salmone è scoccata la scintilla e così ho cominciato a sperimentare il “mio” metodo e a proporlo al ristorante, con grande successo. Ed è proprio in quel momento che è nata l’idea di aprire unʼazienda, complice lo spirito imprenditoriale trasmesso dai miei genitori e la voglia di cambiare qualcosa nella mia vita. Ci ho messo 8 anni anni a realizzare il mio sogno, ma nel 2000 è nata Foodlab. Per i primi due anni ho gestito in contemporanea le due cose, lavoravo al ristorante e in un piccolo laboratorio dove mi aiutavano mia madre e mio fratello affumicavo salmone».

La parola che gli si sente pronunciare più spesso è “innovazione” «ho investito molto in questo, ci fregiamo di aver iniziato per primi a realizzare salmone biologico non solo in termini di lavorazione, ma anche di materia prima perché tutti i pesci che selezioniamo hanno unʼalimentazione fatta rigorosamente di mangimi biologici. Abbiamo continuato a sperimentare e abbiamo implementato molte novità come il salmone ad atmosfera protettiva o il salmone a taglio lungo». E nella parola innovazione Ghilardotti racchiude tutto quello che ha imparato negli anni, la passione ancestrale per il suo territorio, lʼattenzione a ciò che è sano – come facevano i suoi nonni nella loro fattoria – e un pizzico abbondante di spirito di imprenditorialità.

Il primo laboratorio è – paradosso – in un ex salumificio, poi ne viene aperto un altro, fino allʼattuale, a Polesine Zinello (Pr), uno spazio di 9000 mq dove sono pronti a soddisfare il numero esponenziale delle sempre più numerose realtà che chiedono il loro salmone. Dai banchi dei supermercati ai grandi ristoranti prima con il brand Salmon&Co e, oggi, con la linea di prodotti Fumara, nata grazie al rebranding, e con la quale offrono salmoni dell’Atlantico, salmoni del nord Europa freschi e mai congelati oltre ai cotti al vapore, che comprendono anche il pesce spada, il tonno e il merluzzo.

«Mi piace mettere lʼaccento sul nostro “mai congelato”, che è il prodotto che ha maggiormente determinato il nostro successo. Il salmone, per chi non lo sapesse, si può mangiare senza abbattimento» specifica Ghilardotti «ma sappiamo anche che fra novembre e dicembre il mercato esplode e molte aziende fanno la scelta di congelare il salmone per avere le scorte sufficienti per soddisfare le richieste di mercato. Noi non volevamo questo e abbiamo deciso di produrre “just in time”, il che vuol dire mettere in campo a livello di produzione molte forze durante la peak season. Quindi ci siamo chiesti se i nostri sforzi avessero una valenza reale e la risposta è sì: abbiano congelato i prodotti per tempi diversi, poi fatto un panel test e rilevato che lʼimpatto sensoriale cambiava a seconda della durata del congelamento. Da lì la scelta di non congelarlo. Ovviamente parliamo di salmoni che provengono dal nord Europa, dalla Norvegia o dalla Scozia, ma non con quelli provenienti dallʼAtlantico, che di necessità vengono abbattuti».

Dalla Norvegia e dalla Scozia il salmone arriva fresco, freschissimo, direttamente fino a Parma e poi sulle tavole, anche perché la produzione si basa sullʼordinato e non prevede stoccaggio. Il salmone Sockeye o il pregiatissimo Red King, invece, vengono congelati a causa della distanza. «Quello che facciamo in primis è garantirci unʼottima materia prima. Prendiamo ad esempio la Norvegia, hanno un pescato eccellente, ma ogni zona ha delle differenze e noi siamo attenti a comprare solo dagli allevamenti certificati bio, identificati sulle etichette delle buste come N160. Rispetto ai salmoni scozzesi, non hanno però tecniche di affumicatura, sono dei grandissimi produttori, qualitativamente migliori della Scozia, che di contro però ha unʼenorme tradizione di affumicatura artigianale. Ottenuta una materia prima di qualità entra in gioco il processo di lavorazione, con la salagione, che può essere a secco, come la facciamo noi, o a iniezione di salamoia, questʼultima gonfia le carni e le rende più flaccide, oltre a far perdere al pesce il suo colore arancio brillante. E questo è normalmente riportato sulle confezioni, salvo in rari casi dove si combina salatura a secco e a iniezione, e può essere un criterio nellʼacquisto. Ultimo, lʼaffumicatura: noi abbiamo la nostra ricetta, abbiamo inventato i nostri forni, li abbiamo modificati nel corso del tempo e per noi il fumo è un aroma, non un ingrediente, e deve avere il minor impatto possibile dal punto di vista della salute».

Nellʼacquisto di un buon salmone, si può far caso, dunque, al tipo di lavorazione, ma anche alla congelazione: è verificabile come maggiore è il tempo di congelazione, maggiore è la perdita del colorito arancione che caratterizza la sua carne – in origine bianca – e che è strettamente legata alla loro alimentazione, composta di alghe, plancton e crostacei ricchi di astaxantina e che conferisce le tonalità che oscillano dal rosa pallido al rosso arancione. Da appuntare nella prossima spesa. Unʼultima cosa da tenere in considerazione nellʼacquisto è la tipologia di taglio che solitamente viene effettuato in trasversale, ma che da Foodlab privilegiano per il lungo. «Sì, perché tagliando la baffa (ndr. la metà intera del salmone) trasversalmente in alcune delle buste finiscono, di necessità, anche pezzi di coda, pancia e testa. Con il taglio lungo» spiega Ghilardotti «in orizzontale, la parte nera della carne, la meet brown, che è buona, ma esteticamente non piace, rimane attaccata alla pelle, mentre la testa e la coda servono da aggancio alla macchina filettatrice e non finiscono nelle buste».

Attenzione dunque e innovazione, sempre, come dimostrano anche le certificazioni di Foodlab, prima in Italia ad aver ottenuto nel 2001, da parte di ICEA, il certificato BIO per il salmone lavorato e nel 2018 la certificazione FSSC 22000 (Food Safety Certification Scheme 22000) per il controllo dei processi e del prodotto, a garanzia della sicurezza alimentare. Oltre, nel 2019, all’assegnazione del marchio blu MSC per il salmone selvaggio Sockeye e per il Merluzzo. E in futuro? «I prossimi step sono già segnati: abbiamo in cantiere lo sviluppo di nuovi abbinamenti di sapore sul salmone non affumicato – dunque solo salato – taglio sashimi. Ne abbiamo già sviluppati in passato due per Conad, una con zenzero e semi di chia, l’altro al limone e pepe rosa, che hanno avuto un grande successo. Su questa scia stiamo per uscire sul mercato con due nuove proposte, che abbinano i prodotti tipicamente italiani, uno ispirato al Nord e lʼaltro al Sud. Poi ci sono le proposte cotte sottovuoto, che combinano gusto e salute e che sono sempre più richieste. Non da ultimo, stiamo ultimano il nuovo stabilimento, che ci darà la possibilità di triplicare la capacità produttiva». Insomma, chi si ferma è perduto.

E non dimenticate, il salmone è buono così, proprio lui, ma se si vuole esaltarlo al massimo – lo dice Ghirladotti-chef – «no al burro, sì ai formaggi teneri, sì allʼavocado e ai broccoli ben cucinati, ma su un crostone di pane va benissimo abbinato al solo olio extravergine d’oliva. E se lo si mette nei tagliolini deve essere abbondante e a crudo, ed è ottimo anche con legumi, lenticchie e ceci». Ma gli abbinamenti sono tanti, come questi Pancakes alle castagne e salmone (ricetta firmata da Foodlab). 

Pancakes alla curcuma, salmone selvaggio affumicato Red King dell’Alaska e Spuma di castagne
Ingredienti (per 4 persone)

Per la spuma di castagne
castagne cotte e pelate 150 g
panna montata 150 g

Procedimento
Passare le castagne cotte al setaccio e successivamente incorporare la panna montata alla passata di castagne.

Per 8 pancakes
farina 100 g
latte 125 ml
1 uovo 1
burro fuso 15 g
sale q.b.
curcuma 1 cucchiaino
lievito per torte salate 1 cucchiaino
salmone selvaggio d’Alaska Red King Fumara affumicato 150 g

Procedimento
Amalgamare tutti gli ingredienti in una ciotola di medie dimensioni.
Mettere un cucchiaio di composto in una padella calda e lasciare cuocere per circa 30/40 secondi per lato fino a ottener dei dischi di circa 10 cm di diametro e spessi circa 5 mm. Impiattare alternando due pancakes con alcune fette di Red King affumicato, mettere la spuma di castagne a lato dei pancakes con qualche castagna per decorazione. Per rendere il piatto più armonioso è possibile spalmare un leggero strato di robiola.