Vi siete mai chiesti che fine fanno gli allestimenti, talvolta faraonici, delle sfilate? Milano è in piena Fashion Week e, dato il fulmineo ritorno alle passerelle in presenza una volta che la maggior parte delle restrizioni sugli eventi sono state rimosse, è d’obbligo fare alcune considerazioni riguardo all’impatto ambientale che gli show hanno e delle contromisure che è possibile prendere se non per azzerare, almeno per limitare lo spreco di risorse.
Proprio a Milano tre ragazze, Margherita Crespi, Martina Bragadin e Benedetta Pomini si sono rimboccate le maniche su questo fronte dando vita a Spazio Meta: un luogo che è un collettore di cose belle, per lo più provenienti da allestimenti e scenografie, che le ragazze raccolgono, catalogano e instradano verso una nuova vita. L’obiettivo delle tre donne e della loro creatura è quello di promuovere la riduzione degli sprechi, ma anche di far comprendere come la creatività possa essere un potente allato della sostenibilità.
Quali sono i vostri percorsi professionali e cosa vi ha portato a incontrarvi?
Margherita: A farci incontrare è stata senz’altro Milano, la nostra città. Io e Martina abbiamo studiato insieme scenografia per poi fare esperienza nel mondo della pubblicità e delle produzioni. Benedetta invece arriva dall’arte contemporanea, tra mostre, gallerie e progetti espositivi. Abbiamo un simile background e tutte e tre, dopo aver trascorso un periodo più o meno lungo all’estero, siamo tornate a vivere qui per coltivare quegli stessi interessi che ci hanno portato ad essere insieme oggi. Io e Martina abbiamo dato inizio all’avventura di Spazio Meta nel 2018, anno in cui è stata fondata la società, di cui oggi fa parte anche Benedetta. Per i primi due anni possiamo dire che Meta è stato un vero e proprio progetto, un’idea da realizzare in tutto e per tutto, a partire dalle sue fondamenta e con tutte le criticità del caso, legate innanzitutto alla normativa italiana sui rifiuti, che ancora oggi presenta parecchie zone d’ombra e lacune. Non esistendo realtà simili in Italia ed occupandoci di un mercato per così dire “secondario” che tratta di fatto materiali normalmente considerati “di scarto”, trovare la quadra non è stato facile. Consulenze, dubbi, altre consulenze. Portare in Italia un nuovo modello significa armarsi di grande determinazione. Abbiamo dovuto fare i conti con una generazione titubante che inizialmente non vedeva l’urgenza di un sistema come quello che volevamo creare.
Poi c’è stata la ricerca dello spazio. Avevamo bisogno di un magazzino, di un posto sufficientemente grande e con determinati requisiti più o meno necessari per questo genere di attività, ma anche di uno spazio che volevamo fosse facilmente raggiungibile da tutti anche a piedi, con un’area per il carico/scarico ma anche una zona che potesse diventare un laboratorio per la lavorazione dei materiali. In quello stesso periodo siamo state selezionate per FabriQ, un bando del Comune di Milano che, oltre a ridimensionare le criticità di un business legato a una normativa poco chiara, metteva a disposizione dei fondi per attività da realizzare in determinati quartieri del nord della città tra cui Dergano e Bovisa. Eravamo alla ricerca di tante cose e forse anche per questo la ricerca è stata lunga. Poi però è arrivato lui, quello che oggi finalmente è Spazio Meta.
Qual è l’obiettivo principale di Spazio Meta? E come funziona in pratica?
Martina: Spazio Meta è una start-up che opera nel campo dell’economia circolare e si occupa del recupero di scenografie e materiali da allestimento nei settori dell’arte, della moda e del design. Il nostro obiettivo è contrastare una cultura dello spreco alla quale oggi aderiscono numerosi settori in ambito creativo e rivalutare le risorse di cui disponiamo per promuovere un approccio più responsabile.
Quello che facciamo è proporre una soluzione alternativa al tradizionale meccanismo che prevede di buttare la gran parte dei materiali grezzi utilizzati per la realizzazione di allestimenti effimeri quali saloni, fiere, sfilate ed eventi. Operando come filtro prima dello smaltimento, selezioniamo e recuperiamo materiali per metterli nuovamente a disposizione della comunità creativa, con tariffe solidali, che tengono conto della loro provenienza e caratteristiche tecniche.
Quando arrivano da Meta i materiali vengono misurati, pesati e sottoposti a un processo che noi chiamiamo di “valorizzazione”, che consiste in quella serie di operazioni e interventi necessari per poterli reinserire in un nuovo circuito di utilizzo. Una volta pronti i materiali vengono infine registrati su un software collegato a una bilancia, che ci consente di monitorare il flusso in entrata e in uscita e ottenere così un report dettagliato dei quantitativi di materiale recuperato e successivamente reinserito. Questi dati sono per noi fondamentali e rientrano tra i servizi che siamo in grado di offrire ai nostri fornitori e clienti. Oltre all’attività di recupero e vendita, Spazio Meta è anche qualcos’altro. A noi piace definirlo un contenitore di sinergie, uno spazio multiforme capace di trasformarsi senza perdere la sua anima, accogliendo persone e progetti. Se da una parte si tratta senz’altro di un’attività commerciale, dall’altra ci piace vederlo e raccontarlo come un luogo aperto, in cui venire, fermarsi e tornare.
Molti dei vostri clienti appartengono al mondo della moda: gli allestimenti degli show spesso sono massivi e a livello ambientale c’è un bello spreco: quali sono le cose che avete più facilità nel ricollocare?
Benedetta: Senz’altro il sistema della moda ha avuto sinora (e continua ad avere) molte responsabilità per quanto riguarda i temi della sostenibilità. L’impatto di questo settore, in termini di sprechi e utilizzo perverso delle risorse, è tra i più influenti. D’altra parte, ad oggi, l’industria del fashion sembra anche essere uno di quei settori che, grazie alle sue ingenti risorse, sta provando poco a poco a rientrare degli errori del passato. In questi primi mesi di attività abbiamo avviato una serie di collaborazioni con alcune importanti maison, iniziando con loro un dialogo volto ad accompagnarli verso la risoluzione di molte problematiche connesse con la sovra-produzione di beni ed il loro successivo reinserimento, siamo all’inizio e nterrompere un’abitudine per rivedere un intero sistema non è cosa da poco. Per quanto riguarda l’attività di Spazio Meta però, lavorare con grandi brand significa anche avere accesso a tutta una serie di materiali e scenografie di ottima qualità e al tempo stesso assicurarci una notevole varietà di elementi difficilmente reperibili altrove. Questo si traduce nella possibilità di offrire ai nostri clienti un’ampia selezione di prodotti molto diversi tra loro ma accomunati da un medesimo valore intrinseco, che spaziano dai tessuti, al plexi, sino ad arrivare alla sabbia colorata, soddisfacendo una domanda estremamente variegata.
Come si potrebbe agire in maniera virtuosa nell’organizzazione un allestimento che tenga conto dell’impatto ambientale?
B, M, M: Dal nostro punto di vista per agire in maniera virtuosa e sperare in un’azione efficace è necessario partire dallo stadio zero, ripensando l’intero processo produttivo sin dalle sue prime fasi. Per realizzare un allestimento sostenibile non basta prevedere un possibile riutilizzo futuro, ma è fondamentale partire dalle primissime fasi di progettazione in modo da evitare tutti quegli errori di assemblaggio e allestimento che normalmente ostacolano il recupero di gran parte dei set. Lo stesso discorso vale anche per la scelta dei materiali da utilizzare. Sempre per rimanere nel campo della moda, ci sono una serie di elementi – prima fra tutti la moquette – che continuano ad essere sovra prodotti e utilizzati in maniera massiva, nonostante le loro effettive possibilità di riutilizzo siano alquanto limitate. Molto spesso ci capita di essere contattate dai brand a progetto chiuso e produzione ultimata. Questo fa sì che il reinserimento di alcune tipologie di materiali risulti estremamente difficile, ostacolando gli esiti dell’intero processo. Vi è l’urgenza di trovare un compromesso tra l’irrefrenabile desiderio del nuovo e una progettazione modulabile che sappia adattare risorse esistenti.
Riuso e creatività sono i vostri asset principali. Qual è il valore aggiunto di utilizzare allestimenti pensati per qualcosa magari anche di molto diverso in origine?
B, M, M: Alla base del nostro archivio di materiali, esiste una componente random di imprevedibilità a cui teniamo molto e che ci piacerebbe trasmettere anche ai nostri clienti. Solitamente non siamo in grado di prevedere quali materiali saranno oggetto di un prossimo ritiro e questo è anche il motivo per cui abbiamo deciso di non avere un catalogo digitale dei nostri prodotti. Ovviamente ci sono alcuni elementi che ricorrono di più, materiali che sono e saranno sempre presenti nel nostro inventario. Oltre a questi, però, ne esistono tanti altri che ci vengono proposti in maniera del tutto inaspettata e, di solito, sono anche quelli più speciali, quali manufatti con lavorazioni specifiche e materiali di altissima qualità. Un ulteriore aspetto interessante è vedere i possibili usi che si possono fare degli stessi materiali: fogli di gommapiuma originariamente utilizzati in un certo modo possono diventare accessori e copricapi da indossare durante uno shooting fotografico, ma anche elementi di decoro o arredo. Gli espositori di accessori da showroom vengono spesso riadattati e utilizzati come plinti per opere d’arte; strutture in metallo che solitamente servono da protezione dentro a casse da imballaggio possono essere trasformate in altrettante basi e supporti da usare in altro modo. Le possibilità di riutilizzo sono tante e adattabili a seconda delle necessità: molto spesso ci capita di essere le prime a stupirci di fronte ai molti usi che si possono fare di uno stesso materiale quando si lascia libero sfogo alla creatività.