Il cuore è un organoIl primo romanzo di Francesca Michielin è una sperimentazione pop

Una storia di musica, tutta al femminile, dove il confine tra l’amicizia, l’affetto e l’amore diventa sfumato sullo sfondo della provincia italiana anni ’90

Matteo Rasero/LaPresse (part.)

È un cuore che si accascia, che va in apnea, salta, collassa – viene bruscamente interrotto – è scavato, è spaccato, morto risuona, sussulta e, in una giornata di fine giugno, finisce la sua storia. Come recita il titolo, “Il cuore è un organo” e a giudicare dalle sue occorrenze (qui sopra si è dato un breve assaggio) è il vero protagonista del primo romanzo di Francesca Michielin, pubblicato da Mondadori.

Le vicende narrate sono però quelle della cantante Veridiana, detta Verde, in una storia ambientata negli anni ’90, in un mondo musicale dove la piattaforma di lancio è MySpace e il pop è ancora un concetto da sdoganare. Altri tempi. Il lettore la incontra in un momento tragico, quando è raggiunta dalla notizia della morte improvvisa della sua amica Anna, che non vedeva da tanti anni. Da qui si snoderà un percorso a ritroso, verso la riscoperta di verità inconfessate e il riequilibrio della propria esistenza.

«Il romanzo non parla di me», chiarisce fin da subito Francesca Michielin. «Non ho vissuto un rapporto come quello di Verde e Anna». Anzi. «Il libro nasce prima di tutto come titolo, cinque o sei anni fa. Mi piacevano le possibilità espressive di quelle parole. Ero attratta dall’aspetto formale e volevo fare qualcosa che fondesse prosa e poesia attraverso ripetizioni, allitterazioni. In una forma non-forma». Il resto, cioè «il racconto dei disagi che una ragazza poteva vivere in un periodo diverso, quando inserirsi nel mondo della musica significava superare più ostacoli e rigidità», è venuto da solo. Nell’universo di Verde c’è un fidanzato inadeguato, il padre assente, l’incapacità di staccarsi dall’adolescenza e dai suoi condizionamenti.

Ci sono anche pensieri e riflessioni. Ad esempio sul pop: «quello che faccio dire a Regina Palmas [ex star della musica ritirata dalle scene per stanchezza] è un mio pensiero». Nel culmine della sua invettiva rivolta a Verde la cantante ricorda che, testuale, «il pop è una cultura che anche attraverso l’immagine può portare e deve portare una volontà, un messaggio, un’idea, no? Mica per forza cervellotica, ma pensata sì». Perché, si chiede, «da quando essere ignoranti diventata una virtù?» (il libro è ambientato negli anni ’90, cioè in epoca ante-grillina, quando una domanda del genere aveva ancora senso). E conclude: «Il pop è una cosa bella. Non è una cosa facile»

Ma anche sul rapporto città-periferia. Nel libro si esamina la differenza dei due stili di vita: nella provincia le persone sono più strette tra di loro, anche rafforzate dai vuoti lasciati da chi è partito. Le città, pur con tutte le occasioni che si presentano, sono il luogo dove ci si disperde. «Questo è un concetto che ho preso da un dialogo con Fabri Fibra. “Le città dovrebbero dare un premio a noi della provincia per l’ossigeno che portiamo”, mi aveva detto. Secondo me è vero. Anche se ci sono persone il cui talento non può essere contenuto dalla provincia». Un peccato, perché «secondo me dovrebbe essere possibile per ognuno realizzarsi, se lo vuole, nel posto dove nasce».

C’è anche, e soprattutto, una canzone. Impegnata a comporne una per il Festival dell’Anfiteatro di Smeralda, «che rappresenta il Festivalbar» (la geografia del romanzo è, appunto, romanzesca), la protagonista si trova a doverne scrivere una. Sarà composta dalle scoperte, soprattutto interiori, che farà nel corso delle pagine. La canzone, però, esiste davvero: Francesca Michielin ne ha scritto testo e musica e ha messo alla fine del libro la tablatura. Un incrocio bizzarro, «una sperimentazione che mi è sembrata una novità». Non cervellotica, ma pensata. Non facile ma interesante. Quindi, senza dubbio, pop.

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