REPowerEUI sei passi dell’Unione europea per non dipendere dal gas russo

La Commissione ha presentato il piano per tagliare in pochi anni due terzi delle importazioni energetiche da Mosca. Serviranno più forniture da Stati Uniti, Qatar e Norvegia, oltre a un’accelerazione su idrogeno e rinnovabili. Ma anche i cittadini possono fare la loro parte

AP/Lapresse

C’è il gas al centro della battaglia economica tra Russia e Unione europea, una sfida a colpi di sanzioni e annunciate ritorsioni, che si combatte in parallelo alla guerra vera e propria in Ucraina. Da un lato Mosca minaccia di tagliare le forniture, come ha fatto intendere il vice-Primo ministro Alexander Novak. Dall’altro la Commissione europea stila un piano per ridurre la propria dipendenza e colpire così il governo di Putin con minori ripercussioni sulla propria economia.

Non esattamente un embargo totale come quello annunciato dal presidente statunitense Joe Biden sul petrolio russo, ma comunque una scelta significativa: il gas russo rappresenta circa il 40% del consumo dell’Unione, secondo i dati del 2021, e da questo combustibile si ricava circa un quinto dell’energia europea. Ma la missione è possibile e necessaria, secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, perché «non possiamo fare affidamento su un fornitore che ci minaccia esplicitamente».

Nuova energia per l’Ue
Il vice-presidente Frans Timmermans ha allora presentato insieme alla commissaria all’Energia Kadri Simson una strategia in dieci punti per trovare nuove fonti di approvvigionamento, sia aumentando le importazioni da altri Paesi, sia riducendo il peso di questo combustibile fossile all’interno del mix energetico dell’Ue.

L’obiettivo è ambizioso: tagliare di due terzi, entro la fine dell’anno, la domanda di gas russo, che nel 2021 ammontava a 155 miliardi di metri cubi. Per raggiungerlo, la Commissione intende lavorare in parallelo in due direzioni, puntando in primis a calmierare i prezzi dell’energia e aumentare le scorte di gas e più a lungo termine a sganciarsi dalle forniture russe, con l’indipendenza energetica da Mosca prevista entro il 2030. «È dannatamente difficile, ma possiamo farcela se siamo disposti ad andare oltre quanto fatto finora», le parole Timmermans al momento di lanciare l’iniziativa.

Il primo filone di misure comprende una guida per gli Stati membri, che suggerisce come mitigare l’aumento dei prezzi di riscaldamento ed elettricità per le persone più vulnerabili. L’Ue è pronta ad allargare le maglie delle sue regole sugli aiuti di Stato, per permettere ai governi di supportare le aziende energetiche, ed evitare così che i costi ricadano sui consumatori: sul tema sono pure previste consultazioni per istituire un regime speciale temporaneo.

I singoli Paesi potranno invece utilizzare i proventi del sistema Ets, che tassa le emissioni di gas a effetto serra, per alleviare il peso delle bollette. Ma anche decidere di applicare un prelievo fiscale sui «profitti in eccesso» delle aziende produttrici. I criteri per definire quali profitti includere non sono ancora stati stabiliti e la «tassa speciale» non potrà durare oltre il 30 giugno. Ad aprile arriverà invece una proposta legislativa dalla Commissione per decretare il riempimento al 90% dei siti di stoccaggio europei entro l’inizio di ottobre di ogni anno: un modo per massimizzare le scorte e non farsi trovare impreparati nei mesi freddi. L’iniziativa sarà affiancata da un’indagine, già aperta, sul presunto comportamento anti-concorrenziale di Gazprom e dalla possibilità di rivedere il meccanismo che stabilisce i prezzi dell’energia elettrica nell’Unione.

Come sostituire il gas russo
Oltre alle misure più urgenti, la Commissione pianifica anche il graduale abbandono del gas russo: il piano d’azione si chiama REPowerEU e ambisce alla fine della dipendenza prima del 2030. Si inserisce certo in un percorso verso le energie rinnovabili già segnato nel Green Deal europeo, imprimendo però una decisa accelerazione, visto che il gas era considerato «fonte energetica di transizione» e per questo meno penalizzato degli altri combustibili fossili nei provvedimenti della Commissione.

Se il pacchetto «Fit for 55» prevedeva una riduzione nel consumo di gas di 100 miliardi di metri cubi all’anno prima del 2030, la nuova iniziativa punta ad alzare l’asticella fino a 155 miliardi, proprio la quantità annuale importata dalla Russia. Due terzi di questa quota saranno ridotti, secondo i piani della Commissione, già entro l’anno prossimo.

La strategia si articola in sei punti: il primo è ovviamente importare più gas da altri Paesi, investendo nelle infrastrutture necessarie. Circa 50 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas naturale liquefatto possono arrivare da Stati Uniti, Qatar, Egitto e altri Stati africani, mentre altri 10 miliardi di combustibile tradizionale correrebbero lungo i canali già aperti con Azerbaijan, Algeria e Norvegia.

Servirà però anche lavorare sulla transizione ecologica, modificando i modelli industriali basati esclusivamente su combustibili fossili. Saranno accelerate le procedure per gli impianti che producono energie rinnovabili, così come le infrastrutture necessarie all’idrogeno. Il target del biometano, un gas che si ottiene da scarti agricoli, è raddoppiato fino a raggiungere i 35 miliardi di metri cubi annui entro il 2030.

Pannelli solari e pompe di calore dovrebbero fare la loro parte. Già le stime del Green Deal prevedevano un risparmio di 38 milioni di metri cubi tramite misure di efficientamento degli edifici a uso abitativo; con i correttivi di REPowerEU si cercherà di aggiungere altri dieci miliardi al conteggio. Per farlo, basterebbe che tutti gli abitanti dell’Ue abbassassero di un grado la temperatura del proprio termostato, secondo un’analisi dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. Un modo incruento e indolore per colpire la Russia.

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