Stop al monopolioIl calcio europeo deve sbarazzarsi della Uefa, dice Andrea Agnelli

Intervistato al Business of Football Summit del Financial Times, il presidente della Juventus non ha presentato un nuovo progetto per la Superlega come in molti si aspettavano. Si è limitato a denunciare le criticità dell’attuale modello di governance che non è in grado di valorizzare l’industria del pallone

AP/Lapresse

«Perché la Superlega ha fallito?». «Non ha fallito». Dal Business of Football Summit organizzato dal Financial Times, Andrea Agnelli annuncia che l’idea di riforma del calcio europeo è ancora viva, è ancora un accordo vincolante per undici club e rappresenta il modo migliore per ridurre il peso e il ruolo delle federazioni nel calcio, quindi per valorizzare un’industria con un enorme potenziale inespresso.

Dalle parole del presidente della Juventus, però, non si percepisce l’intenzione di rilanciare il progetto in una versione 2.0: sarebbe anche fuori luogo, durante un evento con molti ospiti, in cui il numero uno bianconero è stato sul palco per una mezz’ora, non di più.

Era però una buona occasione per ricordare la ratio con cui è stata progettata la Superlega, e le criticità dell’attuale industria calcistica. «Il calcio – ha detto Agnelli – ha un disperato bisogno di riforme e l’attuale compromesso non è più un’opzione percorribile. La Uefa agisce in condizione di monopolio. Non ho mai sentito il termine Superlega tante volte quanto oggi, noi pensiamo semplicemente che l’attuale sistema di governo del calcio non sia adatto allo scopo: prima di ragionare su un prodotto alternativo dobbiamo pensare a come viene gestito questo settore».

Dopotutto l’obiettivo primario della Superlega – o comunque di chi vuole riformare il calcio europeo – è sempre stato quello di rompere il monopolio della Uefa nelle competizioni per club, con una proposta alternativa.

La Superlega era stata presentata per la prima volta lo scorso aprile, sgonfiandosi nel giro di 48 tra accuse della Uefa, interventi della politica – soprattutto quella britannica – e triangolazioni con Vladimir Putin e Al-Khelaïfi.

Prima dell’intervista di Andrea Agnelli, il numero uno della Uefa, Aleksander Ceferin, aveva difeso i suoi interessi e criticato di nuovo ogni idea di riforma del calcio europeo: «La Superlega è un progetto senza senso. I club sono liberi di creare un proprio torneo, ma non si aspettino di competere in quelli della Uefa», aveva detto nel corso del suo intervento da remoto al Business of Football Summit.

Ceferin aveva anche accusato i club e i presidenti promotori della Superlega di aver approfittato dell’invasione russa dell’Ucraina per presentare il loro progetto – cosa che in realtà non è accaduta. E con un’uscita di cattivo gusto aveva addirittura definito Agnelli «il Putin del calcio».

Eppure al momento sembra non esserci niente di illegittimo nelle azioni dei promotori della Superlega. A fine gennaio il Tribunale provinciale di Madrid aveva perfino respinto la ricusazione del giudice Ruiz de Lara richiesta a fine settembre dalla Uefa e dalla Liga: si ritiene che la richiesta di allontanare il magistrato, accusato di «pregiudizio» e «irregolarità significative» nelle sue relazioni con la nuova competizione sia avvenuta in «malafede». Inoltre, il Tribunale ha inflitto una sanzione di 5mila euro a Uefa e Liga.

Dal palco del Business of Football Summit, Agnelli si è anche concesso una battuta sull’argomento: «Mi metterò comodo, sosterrò una governance trasparente e aspetterò che il Consiglio di giustizia europeo dica se l’attuale organismo di governo del calcio è idoneo allo scopo».

Nella giornata di ieri, prima dell’intervento del presidente bianconero, alcune indiscrezioni avevano provato ad anticipare le possibili proposte per una nuova versione della Superlega. Si parla di un torneo molto diverso da quello presentato – con pochi dettagli – lo scorso aprile: una competizione aperta, con promozioni e retrocessioni, pensato per essere meritocratico ma anche valorizzare il prodotto calcistico.

Negli ultimi mesi Agnelli, Florentino Pérez e Joan Laporta – i tre presidenti che conducono le operazioni della Superlega – avrebbero lavorato per colmare i vuoti della loro strategia iniziale, che prestava il fianco a troppe critiche. Hanno collaborato con una società di marketing e di pubbliche relazioni, si sono rivolti l’estate scorsa ad agenzie come Flint e A22 per dare un’immagine diversa al torneo, hanno dialogato con gli europarlamentari di Bruxelles.

Proprio da una lettera inviata agli europarlamentari – che ha iniziato a circolare nel pomeriggio – si può trovare un decalogo con le principali motivazioni dei promotori del progetto. Nello specifico, si legge al punto 3, la Superlega «è un riconoscimento del fatto che il sistema non funziona più» e che «il ruolo della Uefa crea conflitti strutturali» (punto 4). Ma anche l’esigenza di abolire i «legami sempre più stretti di alcuni proprietari di club con Stati non membri», un chiaro riferimento al Paris Saint-Germain e al Manchester City.

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