La reazione russa è già arrivata. Dopo che Svezia e Finlandia hanno fatto sapere di voler entrare nella Nato, in conseguenza dell’attacco di Mosca in Ucraina, l’ex presidente russo Dmitry Medvedev ha annunciato che il Cremlino sarà costretto a rinforzare la sua presenza militare, anche con armi nucleari, lungo il confine del Baltico. Il ministro della Difesa finlandese Antti Kaikkonen, in un’intervista a Repubblica, ha detto che si «aspetta la reazione della Russia», ma che Helsinki «si difenderà».
Ma secondo il politologo americano Ian Bremmer, fondatore e presidente di Eurasia Group, l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato non è altro che «l’ennesimo errore di valutazione di Putin».
In un’intervista alla Stampa, Bremmer spiega che «il Cremlino ha detto che la ragione per l’invasione dell’Ucraina era la reazione dell’espansione della Nato a Est. Eppure Kiev non aveva alcun percorso di adesione avviato. E cosa succede adesso? Che Finlandia e Svezia avviano le pratiche per entrare nella Nato. E se teniamo conto che la Finlandia ha oltre 800 chilometri di confine con la Russia, beh direi che non è proprio una situazione facile per Putin».
Cosa accadrà? «Assisteremo sicuramente a una maggior contrapposizione fra la Russia e la Nato perché, sgomberiamo subito il campo da fraintendimenti, questo conflitto non è solo in e per l’Ucraina ma ha una dimensione più ampia e si allargherà ulteriormente». Queste, secondo il politologo americano, le prossime mosse di Putin: «La Russia aumenterà la sua presenza militare, moltiplicherà le esercitazioni, darà sfoggio di maggior forza, investirà nello spionaggio soprattutto nei Paesi confinanti. Sono tutti elementi che contribuiscono ad alzare il livello di rischio. Un incidente può sempre capitare, uno sconfinamento navale o un intercetto aereo. Ma ci sono altre modalità che Mosca metterà in campo».
Ad esempio, «la guerra ibrida – dai cyberattacchi alla disinformazione – specialmente contro Finlandia e Svezia. Ma anche diretta verso altri Paesi della Nato. È un terreno sul quale i russi si muovono da tempo e mi aspetto un’escalation. E poi attenzione alle proxy war, le guerre per procura. Mosca potrebbe installare basi nell’emisfero occidentale, in Venezuela o a Cuba».
È una nuova Guerra Fredda. «Su questo non c’è dubbio, tuttavia è meno pericolosa di quella originale perché non è globale», dice Bremmer. «La nuova cortina di ferro è formata da Russia, Bielorussia, Crimea, Donbass. E qui si chiude però l’influenza russa. Mosca è irrilevante in America Latina, non lo è molto in Asia e in Africa e nemmeno così tanto in Medio Oriente. Ecco perché non è un conflitto globale. E poi c’è l’economia da tenere presente. Quella russa si sta indebolendo ed è relativamente piccola. Le sanzioni stanno mordendo e l’isolamento di Mosca dall’Occidente aumenta di settimana in settimana. Tuttavia, anche se ha caratteristiche diverse, ci sono degli aspetti che rendono questa nuova Guerra fredda più destabilizzante sono principalmente connessi alla guerra ibrida».
Quanto potrebbe durare? «La rimozione della Russia dall’Occidente è permanente. Quando Biden accusa Putin di crimini contro l’umanità e di genocidio, non siamo più nelle condizioni di dire che si tornerà al business as usual. Siamo in una nuova dimensione. E lo ripeto: permanente».
Ma, attenzione, dice Bremmer, «la convinzione dell’Alleanza è che benché ci sarà un’attenzione al Pacifico, non ci saranno mai adesioni da parte di quei Paesi e né soprattutto una “posture” della Nato verso quell’area. La Cina è un Paese immenso, le sue interconnessioni con gli Usa e l’Europa in termini economici sono moltissime, nessun Paese vuole uno scontro. Tagliare fuori la Cina dalla rotta dei mercati come fatto con la Russia, ad esempio, è fuori da ogni pensiero».
Ma cosa succederebbe se Trump ottenesse la nomination repubblicana e tornasse poi a un unilateralismo da America First? «Meglio per gli europei attrezzarsi», dice il politologo. Il Paese leder della nuova difesa europea sarà la Germania, spiega. «Il discorso con cui Olaf Scholz ha annunciato l’aumento delle spese per la Difesa oltre quota 2% del Pil e l’invio di armi all’Ucraina è il più importante intervento di un leader europeo negli ultimi decenni. Una svolta che riflette la leadership che Berlino ricoprirà nelle stagioni future».