Previsioni di primaveraLa guerra in Ucraina frena la crescita dell’Ue

La Commissione europea rivede al ribasso le sue stime: 2,7% l’aumento del Pil quest’anno e 2,3% il prossimo. Impennata dell’inflazione, oltre il 6%. Rischi recessione e stagflazione senza il gas russo

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L’Unione europea continuerà a crescere nel 2022 e nel 2023, ma a un tasso molto più basso di quanto previsto in precedenza: +2,7% e +2,3% dicono le stime sul prodotto interno lordo complessivo dell’Unione, pubblicate oggi dalla Commissione europea nelle sue Previsioni economiche di primavera.

Fra le cause principali di questo ritocco al ribasso c’è la guerra in Ucraina, con le interruzioni nelle catene di approvvigionamento di importanti materie prime e l’aumento dei costi dell’energia. Ma anche le perturbazioni nel commercio globale causate dalle misure anti-Covid-19 ancora applicate in alcune zone della Cina.

Il tasso di disoccupazione calerà praticamente dappertutto nell’Ue, ma è l’unica notizia davvero positiva: le economie di sette Stati membri, tra cui l’Italia, non hanno ancora raggiunto i livelli precedenti alla pandemia e uno, la Spagna, non lo farà fino al 2023.

Crescita in calo
L’aumento del Pil sarà del 2,7% nel 2022 e del 2,3% nel 2023, sia considerando l’intera Ue che prendendo in esame solo i Paesi della zona Euro. È un dato in netto calo rispetto alle recenti previsioni invernali, che prefiguravano un +4,0% per l’anno in corso e un +2,8% (2,7% nell’area Euro) per il prossimo. Ma ancor di più rispetto alle previsioni d’autunno, che per il 2022 stimavano una crescita complessiva del 4,3%: in sei mesi la percentuale si è praticamente dimezzata. Sotto la media europea si colloca l’Italia, con il 2,4% previsto nel 2022 e l’1,9% nel 2023: lo scorso febbraio si pensava a un aumento, rispettivamente, del 4,1%, e del 2,3%.

Alla base di questo taglio c’è, secondo la Commissione, l’invasione dell’Ucraina, che ha «esacerbato gli ostacoli alla crescita», altrimenti destinati invece a diminuire con la graduale uscita dal periodo più critico della pandemia da Covid19.

L’incertezza domina l’orizzonte, perché al momento non è possibile stabilire la durata della guerra, ha spiegato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni durante la conferenza stampa di presentazione. La situazione di conflitto sta condizionando pesantemente i prezzi di materie prime, soprattutto quelle alimentari e fonti energetiche: l’evoluzione dello scontro militare avrà un impatto rilevante sui rispettivi mercati, determinando i costi futuri.

A questo proposito, rileva il commissario, le previsioni contengono un’analisi di scenari alternativi a quello di base, che non prevede problemi significativi nelle forniture di energia dalla Russia. In caso contrario, le stime della crescita calerebbero drasticamente: nell’ipotesi peggiore, quella di un «taglio netto delle forniture di gas dalla Russia», del 2,5% nel 2022, portando quindi l’Unione europea all’orlo del territorio negativo.

Inflazione a livelli record
Proprio i prezzi dell’energia, che già erano cominciati a salire considerevolmente prima della guerra, rappresentano infatti il «colpo più duro» all’economia europea e mondiale e spingono la crescita dell’inflazione, che ad aprile ha toccato il punto più alto nella storia dell’Euro: 7,5%.

Un tasso destinato a rimanere alto durante tutto il 2022 (6,8% nell’Ue e 6,1% nell’area Euro), con un picco previsto in questi mesi. Una decrescita significativa si registrerà solo nel 2023, con il 3,2% e il 2,7% come stime previste. Anche in questo caso, c’è una grossa differenza con le ultime previsioni, che prefiguravano «solo» il +3,9% per tutta l’Unione e il +3,5% per i Paesi con la moneta unica.

Pure la cosiddetta core inflation, che non contempla i costi legati ai prodotti alimentari ed energetici è prevista al di sopra del 3% sia nel 2022 che nel 2023, sia nell’Unione eruopea che nell’area dell’Euro. Un tasso piuttosto alto secondo Gentiloni, che ha rimarcato le conseguenze negative sul potere d’acquisto delle famiglie europee. 

Il fenomeno inflazionario, comunque, avrà uno sviluppo diverso a seconda dei vari Stati, con un impatto molto più accentuato nell’Europa centrale e in quella orientale. 

Il range è molto ampio nel 2022: si va da un tasso del 4,4% del Portogallo al 12,5% della Lituania. Più contenuta la forchetta dell’anno successivo, compresa tra il +1,8% della Spagna e il +7,3% della Polonia. Per l’Italia, un tasso poco più basso della media dell’Eurozona: 5,9% nel 2022 e 2,3% nel 2023. 

«Questo livello non durerà per sempre», ha detto il commissario, suggerendo temporanee e adeguate misure di compensazione per difendere le fasce più deboli della popolazione negli Stati europei, chiamati a «ricalibrare le politiche utilizzate durante la pandemia».

Un invito temperato dalla prudenza quello rivolto al governo italiano, che alle misure di sostegno deve abbinarne altre per aumentare le entrate statali, come già fatto con le tasse sugli extra-profitti delle aziende energetiche. Il nostro Paese presenterà un saldo negativo del proprio bilancio annuale del 5,5% nel 2022 e del 4,3% nel 2023 e non sarebbe consigliabile procedere a nuovi scostamenti di bilancio: una posizione che, secondo Gentiloni, l’esecutivo di Mario Draghi ha già indicato di condividere con la Commissione.

Il rischio combinato di bassa crescita e alta inflazione, ammesso anche dal commissario all’Economia, è una situazione di stagflazione: congiuntura in cui all’aumento generalizzato dei prezzi non corrisponde quello del prodotto interno lordo. «Sarebbe possibile se si materializzasse lo scenario più negativo per l’Europa».

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