Universi alternativiLa grande Azione parallela della diplomazia italiana da Di Maio a Salvini (che il resto del mondo non vede)

Persino l’immane tragedia della guerra in Ucraina sembra sottostare ormai alle logiche e alle abitudini peggiori della battaglia politica interna

Photo by julien Tromeur on Unsplash

A leggere i giornali par di capire che l’importante apertura di Vladimir Putin all’ipotesi di consentire l’uscita del grano dai porti ucraini consisterebbe in questo: che gli ucraini gentilmente tolgono le mine che finora hanno impedito ai russi di attaccare dal mare le città portuali e i russi in cambio s’impegnano a non approfittarne per attaccarle. Per non parlare dell’altra richiesta del capo del Cremlino, il quale, mentre impedisce agli ucraini di esportare il loro grano (o almeno quella parte che i suoi uomini nel frattempo non hanno saccheggiato o bombardato), propone di risolvere il problema della possibile carestia mondiale causata dall’invasione russa togliendo le sanzioni alla Russia, in modo che possa essere la stessa Russia a esportarlo: semplice, no?

Ho certamente capito male io, magari con la complicità di qualche retroscenista frettoloso, ma mi pare comunque significativo che questa difficile trattativa per salvare il mondo dalla fame ieri aprisse le prime pagine di tutti i principali giornali italiani, e di nessun altro tra i maggiori quotidiani internazionali (non il New York Times, non Le Monde, non El País…).

Mi è così tornata in mente la singolare vicenda del piano di pace elaborato da Luigi Di Maio, che i russi hanno più volte sostenuto di non avere mai ricevuto, avendone appreso l’esistenza soltanto «dai media» (italiani, presumo). Parlo ovviamente dell’iniziativa diplomatica che nel nostro dibattito pubblico sembrava rispondere giusto giusto alle polemiche provenienti dall’interno della maggioranza e in particolare dal Movimento 5 stelle, dove Giuseppe Conte da tempo accusa più o meno velatamente il governo di non fare abbastanza per la pace.

Del resto, Conte non è certo il solo a muovere una simile accusa, che colpisce da tempo Joe Biden, la Nato e lo stesso Mario Draghi, non per niente recentemente raffigurato come un cane al guinzaglio del presidente americano, in un graffito che il deputato e tesoriere del Movimento 5 stelle, Claudio Cominardi, non ha esitato a rilanciare su Instagram.

La grande Azione parallela della nostra diplomazia, di cui parlano da settimane giornali e talk show (italiani, s’intende), sembra dunque procedere per partenogenesi, dal misterioso piano di pace di Di Maio alla missione parallela annunciata e poi semi-ritirata da Matteo Salvini, di cui pure il governo non sapeva nulla, e che ha già suscitato critiche e perplessità bipartisan, da Enrico Letta a Giorgia Meloni. Tanto da spingere Salvini a replicare testualmente: «A volte mi vien voglia di dire: ma chi me lo fa fare, io passo due giorni coi miei figli e i miei genitori, e tenetevi la vostra guerra». Ed è un vero peccato che il resto del mondo segua così poco le iniziative diplomatiche italiane, perché sarebbe stato bellissimo leggere sul New York Times o Le Monde un titolo come: «Salvini si è offeso, niente pace in Ucraina».

È ovvio che la diplomazia non si può fare sui giornali. Ed è giusto tentare ogni strada. Mi auguro pertanto che il sotterraneo lavoro del nostro ministro degli Esteri sortisca effetti positivi, o perlomeno contribuisca ad aprire una via per ulteriori sviluppi (quanto al tentativo di Salvini, sinceramente conservo un filo di scetticismo in più, ma sarei felicissimo di dovermi ricredere anche nel suo caso, ovviamente).

Confrontando però il racconto delle vicende politico-diplomatiche che appare sui mezzi di informazione italiani con quello del resto del mondo si ha l’impressione di vivere ormai in una sorta di universo parallelo, in cui persino l’immane tragedia della guerra in Ucraina sembra sottostare alle logiche e alle abitudini peggiori della battaglia politica interna. Come ha recentemente dimostrato l’assurda polemica, svoltasi esclusivamente nel metaverso informativo italiano, attorno a un’affermazione che Emmanuel Macron non aveva mai fatto (quella secondo cui per ottenere la pace non bisognava umiliare la Russia) che rispondeva a una dichiarazione che Jens Stoltenberg non aveva mai pronunciato (quella in cui avrebbe negato agli ucraini il diritto di cedere la Crimea), che a sua volta rispondeva a un’offerta che Volodymyr Zelensky non aveva mai avanzato (la cessione della Crimea, per l’appunto).

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