Aiutate MassimoOrmai l’unica tv che ha senso è quella che ripete le gag di 30 anni fa

Lo svenimento in diretta, la concitazione di Myrta Merlino e la fuga furbissima di Sallusti (che aspetta il momento giusto) sono gli ingredienti di un programma-circo che ha capito che la regola per essere guardati è quella di fare schifo, ma senza originalità

Massimo Giletti

«No, che succede, oddio, Massimo, Massimo, aiutate Massimo». Non sono certo stata l’unica a ripensare alla storia della televisione, quando a Myrta Merlino è toccato farci la radiocronaca di Giletti che collassava mentre la furbissima regia non lo inquadrava.

Francesca D’Aloja, che nel 1990 era ospite nello studio di L’amore è una cosa meravigliosa, ieri mattina ha instagrammato le immagini di Sandra Milo che corre via mollando lì lei e Alessandro Gassmann, Ciro, oddio chi parla, oddio chi è. Non è storia della tv se non vanta tentativi di imitazione.

La notizia meno sorprendente del decennio è che quel Giletti di domenica – quello in diretta dalla Russia, quello con Sallusti che se ne va, col conduttore che collassa, con Cacciari come sempre col colorista più invidiabile nella storia della parrucchieristica – sia il Giletti che ha totalizzato più pubblico in questa stagione: se avete studiato già sapete che la tv ha senso solo se fa schifo.

Il dettaglio su cui se fossimo esseri umani sensibili dovremmo concentrarci – se praticassimo quella categoria sempre evocata a caso che è l’empatia – è: Massimo, come mai ti scegli così male gli amici?

La settimana prima Giletti invita Giovanni Minoli. Se non siete pratici delle genealogie della tv italiana, vi occorrerà a questo punto il dettaglio che essa discende da alcuni venerati stronzi: alcune figure della tv italiana di questo secolo sono state allevate da Boncompagni, altre da Ricci, altre da Santoro, altre da Minoli. Giletti è un ragazzo dello zoo di Minoli.

Quindi Giletti invita il suo maestro, e quello gli fa una tirata di due minuti sul fatto che l’unico programma informativo decente sulla guerra lo sta facendo Mentana, senza invitare cialtroni come fanno tutti loro altri. Giletti balbetta e capisce come doveva sentirsi quel tizio tradito dall’amico iscariota. O almeno questo è quel che vediamo noi, pubblico ingenuo: forse Giletti ha imparato la tv (da Minoli) così bene che sa che essere disposto a fare la figura del cretino è fondamentale per l’innalzamento dello share.

L’altroieri la storia si ripete, un’oretta prima del collasso, con Alessandro Sallusti che decide di diventare meme (una volta si sarebbe detto: di diventare Blob). Sallusti ha abbastanza confidenza con Giletti da essere stato al corrente di come fosse il programma, la scaletta, gli ospiti, l’hellzapoppin’. Ed è abbastanza scafato, Sallusti, da sapere come fare a farsi riprendere su tutti i social del creato.

Sallusti conosce i tempi della televisione e ce ne farà dono: aspetta la fine dell’intervista alla portavoce di Lavrov, durante la quale una sua uscita di scena non se la sarebbe filata nessuno, impegnati com’eravamo tutti a sentirla dire «Ho l’impressione che voi avete scoperto dove sta la Russia e anche l’Ucraina nel febbraio 2022» (ho l’alibi: avevo 3 in geografia), e a dire a Giletti che le sembrava «caduto sulla Terra da una settimana», e a paragonare (momento altissimo) la Russia a Johnny Depp, canceled senza processo, o meglio prima del processo che poi lo svelerà innocente (devono aver stracciato a Putin qualche contratto per un qualche Pirati dei Caraibi siberiani).

La signora parla immagino da casa propria, e io quasi non sento queste meraviglie, concentrata come sono sullo sfondo, che non sfigurerebbe in una sfilata di Versace. È tutto così arricchito russo, con quei pavimenti a quadri, quei divani ridondanti, quelle luci sulla libreria.

Poco prima avevo rischiato di non ascoltare Cacciari, che collegato dalla Calabria (andare a Mosca a intervistare uno collegato dalla Calabria: il romanzo sarà pure morto ma la realtà è vieppiù romanzesca) diceva meraviglie quali, di Salvini, «che si faccia la gita a Mosca, tanto non conta nulla, come non conta nulla Di Maio». Ero distratta non dagli arredi ma dal punto di castano: professore, la prego, mi sveli il nome del suo colorista, quel castano scuro che non vira al rosso è il sogno che non riesco mai a realizzare.

Insomma la signora finisce e Sallusti è pronto per il suo primo piano. È indignato perché Giletti trasmette sullo sfondo del Cremlino, «un palazzo di merda» (Sallu’, anche meno) dal quale sono stati organizzati «i peggiori crimini contro l’umanità del secolo scorso e di questo» (ma quindi a Roma radiamo al suolo tutto dal Colosseo agli anni Quaranta).

Sallusti esce dalla casa del Grande Fratello – cioè, scusate: dal collegamento di Non è l’Arena – e ci tiene a dire a tutti noi la misura del suo sacrificio: «Rinuncio al compenso pattuito ma a questa sceneggiata io non voglio più partecipare». Credeva di essere collegato con Apostrophes, e invece di Bernard Pivot s’è trovato Giletti, vedi a volte la vita le sorprese che fa.

A quel punto Myrta Merlino, in studio mentre Giletti sta prendendo un colpo di freddo pur di trasmettere sullo sfondo del Cremlino, ci tiene a dirci «io sono qui invece senza alcun compenso», per poi procedere a sfidare la portavoce russa, che si era indignata perché il collegamento faceva i capricci e «io ho un internet buonissimo», sul suo stesso terreno. Non solo sono qui senza compenso, precisa Myrta, ma sono qui nonostante mi debba svegliare presto domattina. La tv ha senso solo se imita le gag di trent’anni prima – siano esse di Sandra Milo o di Corrado Guzzanti.

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