Modello pariginoLa tangenziale di Milano dovrebbe diventare una “cintura verde”?

Entro il 2030, la sindaca Hidalgo vuole trasformare la Grand Périphérique in un lungo viale alberato, con una corsia riservata ai bus. Secondo Federico Parolotto di Mobility in Chain, anche Milano avrebbe bisogno di un progetto del genere, ma limitato (per ora) alle direttrici della tangenziale

LaPresse

Una città sempre più sostenibile, anche in vista delle Olimpiadi del 2024. «La nostra ambizione è quella di far diventare verde quella che oggi è una cintura grigia», ha dichiarato la sindaca di Parigi Anne Hidalgo. Il suo obiettivo è chiaro: trasformare la tangenziale cittadina, la Grand Périphérique, in un lungo viale alberato.

Un progetto che punta al 2030, quando le attuali quattro corsie diventeranno tre e ci saranno 70mila alberi in più lungo i 35 chilometri della tangenziale parigina, con il vantaggio di aver eliminato anche 80mila vetture. E una delle corsie sarà riservata agli autobus. 

Un bel salto in avanti per una delle città più inquinate di Francia ed Europa, ma comunque in linea con la rivoluzione green ormai avviata da anni dall’amministrazione Hidalgo. Basti pensare che il centro di Parigi, entro l’inizio del 2024, diventerà una enorme zona a traffico limitato per incentivare i cittadini a muoversi a piedi, in bici o con mezzi di micromobilità elettrica. 

Resta il fatto che questa riconversione della tangenziale parigina fa parte di un progetto innovativo e ambizioso, in linea con le esigenze della città del futuro. E allora perché non immaginarlo anche in Italia, magari a Milano? «Certo, è fattibile e sarebbe persino auspicabile, nonostante la tangenziale milanese sia tre volte quella di Parigi (106 chilometri contro 35), ma servono decisioni forti che la politica si deve assumere. Ne va del benessere della città e anche della sua competitività», sottolinea a Linkiesta Federico Parolotto, cofondatore e senior partner di Mobility in Chain.

Parigi e Milano: similitudini e differenze
In fondo le due città sono più simili di quanto non si creda. Un esempio vale per tutti: Parigi e Milano restano due centri urbani con una pessima qualità dell’aria, nonostante i recenti miglioramenti. Secondo il report di Airparif, l’Osservatorio sulla Qualità dell’Aria nel comune di Parigi, la capitale francese mostra una situazione in decisa ripresa nel 2021, ma ci sono ancora 60mila cittadini esposti alle polveri del biossido di azoto e meno di mille al PM10, soprattutto nelle zone più interessate all’esposizione, come l’Autostrada A1 e proprio la tangenziale che circonda Parigi. Un problema di assoluto rilievo che causa oltre 7.900 morti premature ogni anno. 

Discorso simile per quanto riguarda Milano: i microgrammi per metro cubo di PM10 rilevati nell’ultimo periodo sono stati ben 37 (media annua del 2021), appena al di sotto della soglia massima di 40 ma al di sopra di quella fissata dall’Oms, ferma a 15. Sebbene nel mese di aprile qualche precipitazione abbia migliorato la qualità dell’aria, i dati restano preoccupanti: sono già 51 i giorni di sforamento dei limiti di smog registrati in città nel solo primo trimestre del 2022. 

«Per questo un progetto del genere, in grado rendere anche più vivibili le periferie, sarebbe adeguato tanto nell’Île-de-France quanto in Lombardia. Lo esigono i più giovani ma lo esige soprattutto l’ambiente, bisogna fare di più. In più se lo fa Milano, perché poi non immaginare un progetto del genere anche nelle altre città italiane, per esempio a Roma sul suo Raccordo Anulare, che è di 70 chilometri?», si chiede Parolotto. 

In questo senso qualcosa a Milano già si sta muovendo da tempo: come ha fatto notare MilanoToday nel dicembre 2021, il progetto ForestaMi sta già cambiando il volto di alcune uscite delle tangenziale, come gli accessi a San Donato (Tangenziale Est-Paullese) e del quartiere Cantalupa (A7). L’obiettivo dichiarato è quello di piantare 3 milioni di nuovi alberi nella Città metropolitana entro il 2030. Finora ne sono stati piantati circa 280 mila.

Cosa andrebbe fatto
Procedere in questa direzione è quello che sembra suggerire Parolotto. «Io credo che serva rivedere le direttrici della tangenziale di Milano: un’opera che non va rifatta né domani né dopodomani, ma oggi. Per esempio, chi arriva da Genova a Milano percorrendo l’autostrada in auto si trova subito davanti l’ecomostro di piazza Maggi e a seguire tutti gli altri. Un’opera di riqualificazione andrebbe fatta a Corvetto, in viale Monteceneri, in via Palmanova e in viale Scarampo: ciò che serve è rivedere il tutto, magari immaginando una sorta di tangenziale più interna, modello Parigi». 

Un’opera forse controversa, che potrebbe portare a notevoli dissidi tra gli automobilisti e tutti coloro che farebbero più fatica a spostarsi. «Una rivoluzione è già stata fatta a Milano, ai tempi dell’area C. Allora l’assessore Maran ebbe difficoltà a spiegare il proprio lavoro ai cittadini ma tutto andò per il meglio. Oggi il traffico è calato del 30% e le vie, soprattutto quelle storiche della città, vengono trattate molto meglio», evidenzia Parolotto. 

Da opere del genere, secondo Parolotto, ne guadagnerebbe anche l’attrattività della città, che vede sempre più giovani scegliere il centro e rinunciare all’automobile e persino i negozianti preferire gli spazi pubblici di qualità, spesso accessibili solo ai pedoni. «Oggi loro sono i primi a scegliere vie alternative. Chi si muove in città spesso preferisce spostarsi con mezzi come la metro, Uber, il taxi o l’autobus. Per questo serve anche immaginare una tangenziale diversa: oggi sembra fantascienza pensare di poterla attraversare. Serve lavorare anche in questo senso».

La visione di lungo periodo
Se un lavoro sulle direttrici va fatto quanto prima, discorso diverso riguarda invece una visione di lungo periodo di tutta la tangenziale in sé. «In un contesto dove è lecito immaginare che il traffico non cresca più di tanto, si può anche immaginare di cambiarla. Se si vogliono aggiungere le bici può fare come a Parigi, dove c’è una corsia apposita, oppure va rallentato il traffico. 

Un’operazione difficile ma fattibile, anche se andrebbero inseriti incroci a raso e semafori: oggi le tangenziali sono pensate per essere percorsi a un limite di 110 all’ora come dimostra il caso di Santa Giulia, dove gli svincoli hanno delle forme colossali pensati appositamente per le macchine», sottolinea Parolotto. 

Aveva ragione l’antropologa canadese Jane Jacobs, che sosteneva come «l’attuale rapporto tra le città e le automobili rappresenti in breve uno di quegli scherzi che la storia qualche volta gioca al progresso». Serve davvero ripensare la città e l’idea stessa di collegamento in modo diverso. «Milano ha un po’ subìto l’automobile tra gli anni ’60 e ’70, quando sono arrivate in massa in città. Quei tempi però sono finiti. Serve una rivoluzione culturale urbana e il posto migliore dove può partire non può che essere proprio Milano».

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