Retwitta, sarai più fortunatoCon le sue giravolte, Elon Musk ha soltanto danneggiato Twitter

Rinunciando all’acquisizione del social network, l’imprenditore ha fatto crollare il valore dell’azienda, ha ristretto la fiducia degli investitori e ha ingigantito i problemi che la società si trascinava da tempo

AP/Lapresse

Twitter potrebbe fare causa a Elon Musk. L’acquisizione del social network dell’uccellino da parte dell’uomo più ricco del mondo doveva essere una delle più importanti, ricche e glamour del settore, ora rischia di diventare una controversia molto aspra.

L’imprenditore conosce bene la piattaforma, è un utente esperto, navigato, ha 100 milioni di follower. Un giorno di aprile era entrato a gamba tesa nel mercato offrendo 44 miliardi di dollari per acquistare tutta l’azienda: per molti, 54,20 dollari per azione un buon prezzo, lo pensava anche il consiglio di amministrazione di Twitter.

Però Musk non si è limitato alla dichiarazione d’intenti, ha voluto insistere sul fatto che la società avrebbe funzionato molto meglio con lui al comando, ha denigrato i dirigenti attuali, ha ridicolizzato le politiche sui contenuti del social, si è lamentato di alcuni dettagli dell’app, ha sottolineato più volte che la presenza di numerosi bot e account di spam è un problema di difficile soluzione.

Sembrava tutto pronto per un’acquisizione in grande stile, poi l’operazione si è arrestata di colpo. Elon Musk ha citato una mancanza di prospettive economiche e finanziarie di Twitter, e le azioni del social sono crollate: lunedì mattina luglio le azioni di Twitter venivano scambiate a meno di 33 dollari.

È per questo che Twitter con ogni probabilità porterà Musk in tribunale. In una lettera agli avvocati di Elon Musk, domenica scorsa il team legale di Twitter ha definito la decisione di rescindere l’accordo «non valida e illecita», e che l’imprenditore «ha violato consapevolmente, intenzionalmente, volontariamente e materialmente» il suo accordo per acquistare l’azienda. La risposta dell’amministratore delegato di Tesla sta in un meme pubblicato sulla stessa piattaforma: c’è Elon Musk che ride degli account falsi presenti su Twitter.

«Le sue battute sugli account falsi hanno indebolito la fiducia in Twitter, proprio mentre la società si prepara a moderare accese discussioni politiche sulle imminenti elezioni in Brasile e sulle elezioni di medio termine di questo autunno negli Stati Uniti, hanno affermato gli esperti di disinformazione», spiega l’Economist. «Il morale dei dipendenti di Twitter è sotto i tacchi, questa storia ha portato lotte intestine e logoramento, secondo alcuni dipendenti ed ex dipendenti».

Adesso, indipendentemente da chi avrà la meglio, l’azienda avrà problemi più grandi con cui fare i conti. Sebbene sia uno dei social network più discussi al mondo, Twitter non è mai riuscito a far fruttare la sua presenza comunque rilevante sul mercato, non è mai riuscito a creare in un business di successo paragonabile agli altri attori protagonisti del mondo dei social.

In fin dei conti, per Elon Musk rinunciare all’acquisto di Twitter è davvero poca cosa: la penale di un miliardo di dollari che dovrebbe pagare non gli peserebbe molto, anzi secondo alcuni osservatori sarebbe quasi una vittoria.

Per l’azienda di San Francisco lo scenario è decisamente più cupo. «Musk sta inesorabilmente lasciando Twitter in una situazione peggiore di quando ha detto che l’avrebbe comprato», ha scritto il New York Times.

Per tutto quel che ha detto e fatto, l’imprenditore – che ha una capacità di condizionare l’opinione pubblica seconda a pochi in tutto il mondo – ha eroso la fiducia di investitori e utenti di Twitter, ha colpito il morale dei dipendenti, spaventato potenziali inserzionisti, messo in luce difficoltà finanziarie e diffuso disinformazione su come funziona Twitter.

Oggi il board di Twitter si ritrova con un grattacapo di difficile soluzione, che in fondo è lo stesso di sempre ma gonfiato enormemente dall’attenzione mediatica e dalla cattiva luce in cui l’ha gettato Elon Musk: «I capi di Twitter dovranno capire come trasformare il loro prodotto già influente in prodotto davvero redditizio», si legge sull’Economist.

Parte del problema la si può leggere nell’incapacità di attirare nuovi utenti (e no, non si parla dei bot contro cui ha inveito Musk). Per un termine di paragone si può fare un confronto con la crescita di Facebook, fondato solo due anni prima di Twitter: la piattaforma lanciata da Mark Zuckerberg è salita adesso a 1,9 miliardi di utenti giornalieri, Twitter ha raggiunto solo 230 milioni e continua a crescere molto lentamente. Intanto nuovi social sbarcati sul mercato – TikTok su tutti – hanno abbondantemente superato i numeri di Twitter.

Questa stagnazione riflette la natura di un social che non ha voluto o saputo cambiare, evolversi mentre tutti gli altri si trasformavano in qualcosa di diverso anno dopo anno, aggiungendo nuove funzionalità, cambiando l’estetica e l’accessibilità delle app. Fare un giro su Twitter oggi è un’esperienza molto simile a quella di quindici anni fa, a differenza di Facebook o Instagram (che è di quattro anni più giovane).

In questi anni Twitter ha cercato di darsi delle opportunità, ma non ha saputo imporsi: ha provato a copiare i post temporanei di Snapchat e Instagram con “Fleets”, ma l’idea è fallita ed è stata soppressa l’anno scorso; ha sperimentato, stavolta con successo, la funzione audio in diretta “Spaces” ispirata al social Clubhouse; si è spinto verso contenuti più lunghi con l’acquisizione di Revue, una piattaforma di newsletter a pagamento molto simile al servizio offerto da Substack.

«Nei suoi nove anni come società per azioni Twitter ha lottato per risolvere questi problemi», conclude l’Economist. «La proprietà privata da parte di qualcuno con una forte propensione al rischio sembrava poter consentire il tipo di scossone di cui Twitter avrebbe bisogno. Invece l’interruzione dell’affare sembra essersi trasformata nell’ennesima distrazione dagli impegni più urgenti».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter