Quindici strati di pasta sfoglia tirata a mano, riempita con mandorle, noci e una punta di miele. Sono gli ingredienti del baklava, dolce di origini antichissime che si presta a diverse esecuzioni, dal Medio Oriente al Caucaso passando per i Balcani. Quello che ha preparato Dilruba, 35 anni, segue la ricetta del suo Paese: l’Azerbaigian.
Vedova con tre figli da mantenere, Dilruba indossa un grembiule e cucina nel ristorante romano Gustamundo. Con lei ci sono altre undici donne guidate da quattro formatrici. Arrivano da mezzo mondo: Vittoria dal Sudan, Riina dalla Siria, Imman dal Kurdistan. Alcune sono scappate dal regime dei talebani in Afghanistan, altre dalla guerra di Putin in Ucraina. Tutte richiedenti asilo o rifugiate, con storie di fragilità alle spalle.
Molte di loro vivono ancora nei centri di accoglienza. Mentre imparano l’italiano, sfornano i dessert che rappresentano i loro Paesi. «All’inizio per capire gli ingredienti e le ricette non è stato facilissimo, usavamo sempre Google Translate, era un continuo via vai dai mercati per comprare quello che serviva». Pasquale Compagnone è il ristoratore che ha ideato il primo laboratorio di pasticceria etnica e solidale. Nel 2017 ha fondato l’associazione “In cammino con Gustamundo” e gestisce un locale nella zona di Valle Aurelia in cui promuove l’integrazione attraverso il cibo. Nel suo ristorante, un vero e proprio porto culinario, hanno lavorato una sessantina tra cuochi e camerieri provenienti dai paesi dei flussi migratori.
Adesso è il momento dei dolci, affidati alle mani di queste ragazze e signore con le tradizioni gastronomiche più disparate. Il nuovo progetto è sostenuto dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, e Intersos. L’obiettivo è quello di garantire un reddito alle donne migranti che hanno partecipato al corso, attraverso tre fasi: accoglienza, formazione e autonomia. L’inizio è stato promettente, le idee per il futuro sono ambiziose.
Il 26 luglio le cuoche hanno presentato i loro prodotti nel corso dell’inaugurazione organizzata al ristorante di Pasquale Compagnone. Che racconta: «Davanti ai tavoli con i dolci abbiamo esposto le bandiere dei Paesi rappresentati, in quel momento diverse cuoche si sono commosse. Erano orgogliose e grate, felici perché finalmente si sentono utili. In questa cucina hanno ricreato una piccola comunità familiare».
Il menu è rigorosamente multietnico: biscotti marocchini con cocco e marmellata, saccottini di pasta fillo dal Kurdistan, dolci iracheni a base di datteri. Ma anche involtini agrodolci con carne e frutta, tipici della Nigeria.
Il percorso del laboratorio è appena cominciato. Il prossimo 14 settembre Gustamundo inviterà i ristoratori a provare i dolci delle rifugiate. Una degustazione particolare, piena di significato. «La speranza – riflette Compagnone – è che i titolari dei locali romani inseriscano uno o più dessert nei loro menu, con la spiegazione del nostro progetto. Così permetteremo a queste donne di cominciare a guadagnare e avere una stabilità economica. Per i ristoranti, invece, sarebbe l’occasione di dare un senso etico e sociale alla loro attività. Un valore aggiunto per tutti».