«The European Parliament endorsed giving a green label to gas and nuclear power. Today fossil gas and nuclear lobbies hit the jackpot, while humanity will pay the price». Così ha commentato, sul proprio profilo Twitter, il Wwf Europa a ridosso della votazione avvenuta il 6 luglio scorso. Quel giorno, il Parlamento europeo ha respinto la richiesta di escludere l’energia nucleare e il gas naturale dalla tassonomia prevista dal Green Deal europeo. Stiamo parlando della classificazione delle attività economiche che potranno essere definite “sostenibili” dal punto di vista ecologico e climatico nell’Unione europea.
A far pendere la bilancia dalla parte dei favorevoli è stato il voto – e questo è proprio uno di quei casi in cui astenersi pesa quanto votare – dei 33 astenuti, visto che occorreva una maggioranza di 353 deputati su 705 totali. I 328 voti contrari non sono bastati, e in virtù dei 278 voti favorevoli (su un totale di 639 presenti alla seduta) gas e nucleare hanno ottenuto la patente green, rientrando tra le attività considerate economicamente sostenibili dall’Unione europea.
Una scelta che ha destato molta sorpresa vista la palese opposizione manifestata il 14 giugno scorso dei deputati delle commissioni parlamentari per i problemi economici e monetari (Econ) e per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi).
Tuttavia, la Commissione europea ha deciso di inserire nella tassonomia, almeno in via transitoria, il gas e il nucleare in virtù della convinzione che le sole rinnovabili non saranno in grado di soddisfare la crescente domanda di elettricità a causa della loro produzione intermittente.
Questa novità ha provocato una grande delusione non solo nei partiti Verdi e di sinistra o nelle principali organizzazioni ambientaliste: Greenpeace, per esempio, ha già fatto sapere che intraprenderà un’azione legale contro la Commissione europea per avere incluso gas fossile ed energia nucleare nell’elenco degli investimenti ritenuti sostenibili. In più, hanno espresso il proprio dissenso anche otto paesi europei, tra cui Austria, Lussemburgo e Germania, che avevano espresso parere contrario già durante le consultazioni. Questi Stati membri non hanno intenzione di lasciar correre, anzi: Austria e Lussemburgo hanno già dichiarato di voler ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Ciò detto, salvo imprevisti di sorta, la tassonomia entrerà in vigore il 1° gennaio 2023, attribuendo così al gas e al nucleare un’etichetta di investimenti “verdi” nonostante le elevate emissioni provenienti dal gas fossile e dalle scorie radioattive. E nonostante i problemi di sicurezza ancora legati all’energia nucleare, e oltretutto facendo correre il rischio che i miliardi di euro in investimenti per la transizione ecologica vengano distratti verso queste fonti energetiche.
In tal senso il Wwf invita le istituzioni finanziarie ad evitare che il ricorso a questo atto possa inquinare i loro finanziamenti verdi e a rifiutarsi di sostenere o acquistare falsi green bond che includano gas o nucleare, dal momento che l’attuale mercato globale dei green bond li esclude entrambi.
In realtà la normativa impone condizioni molto restrittive affinché l’uso del gas e del nucleare sia considerato sostenibile. E finisce con lo scontentare oltre che gli oppositori delle due fonti d’energia, anche coloro che invece sono favorevoli. Se da un lato sappiamo che in questo momento servono enormi investimenti per trovare forniture alternative di gas e rinunciare al carbone, dobbiamo tuttavia chiederci se queste due fonti d’energia – che stiamo scegliendo per affrontare la riduzione delle forniture di gas dalla Russia – siano solo transitorie poiché – e ben lo evidenzia il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung – con questo voto la classificazione delle attività economiche sostenibili ha di fatto perso credibilità. E questo, purtroppo, terrà lontani gli investitori interessati ai prodotti finanziari compatibili con la tutela dell’ambiente.