Le previsioni turistiche stimate ad agosto da Federalberghi parlavano di circa 4 milioni di italiani in montagna con uno slancio dei vacanzieri verso attività open air come l’escursionismo, le visite naturalistiche e, neanche a dirlo, la scoperta dei cibi locali.
Se la Valtellina si posiziona tra le destinazioni predilette, il Friuli-Venezia Giulia continua a difendere il suo spirito impervio e selvaggio da scoprire in estate con scarponi e bastoncini da trekking, in inverno preferibilmente sugli sci e, alternativa più adrenalinica, con il bob su rotaia.
Che sia per una dissetante birra nei mesi caldi o per una bevanda bollente tra una pista innevata e l’altra, i rifugi in quota sono la prima traccia di antropizzazione che mette curiosità (e appetito) e di cui solitamente non si scorda mai il rifugista. Come nel tarvisiano, sulla cima di Piana dell’Angelo, dove il gesticolare di Christian rivela qualcosa in più ancora prima di conoscerne il cognome, non proprio tipico: Caruso.
L’accento è friulano ma a comando esce fuori il napoletano che è in lui e che quassù tiene per sé. Si divide tra l’Italia e il Costa Rica, paese dell’America centrale in cui organizza tour sartoriali svelando doti da personal chef, abilità culinarie che mette in pratica anche qui Al Galush, insegna ereditata dalla precedente gestione, rimasta sempre l’unica nel post risalita in seggiovia da fondovalle al Colle dei Combattenti.
Fuori la baita una coppia di tavoli con panche di legno che affacciano sulla conca del tarvisiano, qualche lettino prendisole, bici all mountain, trail o da enduro posate a terra dopo aver percorso i tracciati del bike park e due sospetti barbecue verticali che, ancora prima di conoscere il menu completo, convincono sulla fiducia a prendere qualsiasi prelibatezza esca da là dentro.
A domare la griglia è Mustafa Mujic, trentottenne di origini bosniache scappato nel ‘92 dal suo paese a bordo di un mezzo di fortuna diretto a Cividale del Friuli, comune in provincia di Udine dove ha trovato riparo in una ex caserma. È cresciuto in questa regione arrangiandosi inizialmente come operaio fino a quando non si è lanciato nel mondo del grill esplodendo come pitmaster errante.
È facile incrociarlo mentre fa la spola tra la cucina, da cui sovente si affaccia per dare conto dei tempi e di qualche dettaglio sulle preparazioni, e i barbecue chiusi posizionati all’esterno che scoperchia solo per girare la carne e verificare l’esecuzione con il suo inseparabile strumento del mestiere: il termometro da cottura che usa per essere sicuro che la temperatura raggiunta sia quella corretta. «Ho iniziato cucinando piatti balcanici come burek, sarme o stufato di fagioli che poi ho rivisitato alla maniera americana con carni avanzate dal barbecue, ad esempio salsicce, pulled pork e costine da mettere dentro.
Il primo piatto di carne italiano che mi viene in mente? La porchetta romana, ormai si mangia dappertutto». Seguite il profumo di affumicato fin sopra i 700 metri e troverete Mustafa tra un kettle (bracere con coperchio a forma di pentola, appunto) e un vertical smoker. «Il segreto per noi affumicatori seriali è la pazienza, cotture low e slow, e non solo per la carne. Al barbecue affumico il salmone, una procedura lunga che se fatta bene non altera i valori nutrizionali del pesce fresco che tengo in salamoia, disidratato e privo dell’amaro in eccesso, per poi si massaggiarlo con pennellate di rum et voilà, il risultato è molto diverso da quello commerciale venduto al banco frigo del supermercato».
Il suo cavallo di battaglia restano le chicken lollip, ovvero fusi di pollo spellati tenendo l’osso a vista e trasformati in simil lecca lecca di carne, glassati con quella che diventa una patina lucida e fiammante, tra i primi piatti di chi intraprende la strada del barbecue: «Quando ho iniziato facevo talmente tante competizioni amatoriali e non sulle chicken lollipop che ho finito per specializzarmi – spiega il pitmaster dei monti -. La gente sui social ha cominciato a seguirmi per questo motivo e a chiedermi la ricetta».
Un po’ come quando arrivò nel nostro Paese e allora nessuno conosceva i ćevapčići (che in italiano si spoglia di tutti gli accenti), un succulento mini spiedino di agnello e manzo tritati, condito con sale e spezie che «da cibo di strada dell’est Europa – spiega Mustafa – qui in Friuli è diventato un’idea diversa per la griglia estiva».
Se anche voi cercate l’estate tutto l’anno sappiate che qui potete trovarla nel barbecue e nei tavoli vista Alpi Giulie all’incrocio di tre zone biogeografiche e aree culturali (Italia-Slovenia-Austria), le stesse montagne che l’Unesco ha proclamato riserva mondiale.