Per molti anni chi chiedeva un rosato al ristorante o in enoteca veniva guardato con un misto di sospetto e compassione. Vino da signorine, era considerato, una scelta buona per gli indecisi, una bottiglia dal colore carino ma senza un reale valore. Poi, come sempre, il vento è cambiato.
Oggi i vini rosati vivono una nuova era: apprezzati e ricercati, non sono più soffocati dall’ombra degli ingombranti fratelli rossi e bianchi, ma hanno trovato una loro identità. Ma attenzione: «I vini rosati e rosé non sono una semplice moda – puntualizza Stefano Girelli, vigneron alla guida di Santa Tresa, con sede a Vittoria, nel Ragusano. Quando nascono da uve autoctone, come il Frappato e il Nero d’Avola, diventano una nuova chiave di racconto per queste varietà.
Lo stile dei rosati è cambiato in maniera sostanziale da rossi mancati o scarichi a vini che esaltano il vitigno con una grande mineralità e freschezza. Questo è dovuto all’attenzione nella raccolta delle uve al momento giusto (prima della normale maturazione per fare un rosso) e una vinificazione con pochissimo contatto con le bucce.
Produrre un rosato significa dunque valorizzare al meglio quel vitigno, raccontandone la trasversalità e le infinite sfaccettature senza alterare i suoi sentori e sapori ma donando ulteriore freschezza.
Il rosato diventa così un’espressione versatile di quel particolare vitigno, simbolo di un territorio, con note che regalano un palato delicato e armonico e che permettono di fare di queste tipologie a bacca rossa le regine incontrastate di un momento come l’aperitivo ma anche l’abbinamento ideale per piatti leggeri sia a base di verdure sia a base di carni bianche e con il pesce crudo. Il successo dei rosati è a mio parere anche dovuto al fatto che oggi il consumatore ha la possibilità di gustare stili di cucina differenti, cucina asiatica, fusion e altre proposte con cui questa tipologia si sposa perfettamente».
Il rosato come aperitivo è già da lungo tempo un rito amatissimo in Francia, dove si può scegliere tra eccellenze come quelle provenienti dalla Borgogna, come il Crémant de Bourgogne Pinot Noir Brut Rosé di Chartron et Trébuchet o dalla Provenza, come il Cotes de Provence AOC Chateau de La Galiniere.
Ma la rivoluzione rosa è passata attraverso gli Stati Uniti dove star di Hollywood come Brad Pitt e Angiolina Jolie hanno portato la moda dei rosati francesi. Ma non basta: «Il successo dei vini rosati italiani si deve sicuramente anche al trend positivo trainato dalla Provenza, area con un altissimo profilo qualitativo che ha avuto una rapida espansione nei mercati internazionali – sottolinea Simone Cecchetto, titolare di Ca’ di Rajo – Il rosé unisce la grande piacevolezza dei bianchi all’importanza dei vini rossi, grazie alla presenza di un leggero tannino.
Un vino fresco, adatto ai momenti di convivialità, da condividere con gli amici e non legato solo all’estate. Si tratta di uno stile di consumo diverso, che oggi può contare anche su rosé di nicchia che potremmo definire “di terroir”, con aromi più complessi. Sicuramente ad aver contribuito al successo dei vini rosati e rosé è anche l’incredibile ascesa del Prosecco Rosé che nasce anch’esso da un vitigno autoctono – la varietà Glera – con l’aggiunta di Pinot Nero».
Ispirazione francese, dunque, versatilità, stile di servizio nuovo e fresco. Se a questi fattori si unisce il gusto italiano per la territorialità il gioco è fatto. Dall’Alto Adige alla Sicilia, sono molte le etichette che raccontano in tinte rosa vitigni che sono la massima espressione dei loro terroir.
Dal Lagrein, che occupa un posto di primo piano nella viticoltura dell’Alto Adige già dal XIII secolo, ai Nerello Mascalese e Cappuccio coltivati sui ripidi versanti dell’Etna, passando attraverso classici come il Sangiovese, il più diffuso vitigno rosso autoctono italiano, è possibile colorare una speciale cartina d’Italia con variazioni cromatiche spaziano dal cerasuolo-rosa brillante al rosa lampone, dalle sfumature più tenui con riflessi ramati al salmone.
Che siano un richiamo ai colori dell’Enrosadira sulle Dolomiti o dell’alba sulla terra rossa di Vittoria, nel Ragusano, i rosati da autoctoni italiani sono un caleidoscopio sensoriale che racchiude sentori e sapori delle tipicità varietali. Ecco una selezione di etichette, da Nord a Sud.
Alto Adige
Parola d’ordine tra queste montagne è Lagrein: il rosato, firmato J. Hofstätter unisce la freschezza dei profumi di un vino bianco e il carattere, la morbidezza e le note di polpa fruttata di un vino rosso.
Fresco e morbido è anche il Lagrein Rosé di Cantina Terlano: la freschezza del Lagrein Rosé ben si armonizza con il corpo e la struttura che il suolo porfirico rosso, di origine vulcanica, regala alle uve coltivate in questa tenuta sulla riva sinistra dell’Adige.
Ancora Lagrein, quello di Cantina Tramin, perfetto in abbinamento con la tipica merenda altoatesina di speck, salumi tipici e formaggi.
Ancora in Alto Adige da ricordare il rosé Isras di Cantina Valle Isarco, prodotto con lo Zweigelt tipico altoatesino e l’uva Portoghese, uva rara dimenticata, oltre che con il Pinot nero.
Veneto
La cantina trevigiana Ca’ di Rajo propone un rosé ricavato da uno vitigni più rari al mondo: il Manzoni Rosa, un autoctono oramai quasi introvabile che qui viene coltivato a Bellussera, un metodo di allevamento della vite ottocentesco e ormai desueto. Non basta: il Manzoni Rosa è un pezzo di storia della viticoltura. Si tratta infatti di una varietà dagli acini rosa nata in seguito alle sperimentazioni del prof. Manzoni, genetista, che tentò un miglioramento genetico della vite.
Viaggiando tra le sfumature rosa del Veneto non si può non parlare di Chiaretto: il Chiaretto Bardolino di Monte del Frà si sposa con antipasti all’italiana, pizza, pasta, cucina asiatica e francese, carni bianche e pesce in genere o piatti vegetariani.
Da ricordare anche Cépage Rosé Bardolino Chiaretto Spumante Brut de Le Morette, prodotto da vitigni autoctoni che vantano una secolare tradizione sulla sponda veronese del lago di Garda: corvina 55%, rondinella 35% e molinara 10%, selezionati nei vigneti di Lazise (Verona); ancora Amé Rosé Spumante Bardolino Chiaretto Doc, leggero e suadente, caratterizzato da un rosa brillante, con profumi di lampone, ribes e fragola.
Altro assaggio rosa da fare in Veneto è il Rosa Bruna di Cecchetto, un’originale declinazione del vitigno Raboso del Piave. Un Metodo Classico Brut che interpreta l’autoctono a bacca rossa per eccellenza della provincia di Treviso.
Lombardia
Da un secolo gli sforzi della Cantina Aldo Rainoldi di Chiuro, in provincia di Sondrio, sono volti a valorizzare il vitigno Chiavennasca (nebbiolo). Frutto rosa di questi sforzi è il Brut Rosé Metodo Classico Millesimato, fragrante compagno di piatti della tradizione come i pizzoccheri.
Piemonte
Il Nebbiolo è senza dubbio il principe dei vitigni piemontesi. E in versione rosa mantiene identità di territorio acquistando nuova leggerezza. Così Rosy, l’intenso rosato di Pio Cesare, corposo, sapido e speziato, nasce da uve di Nebbiolo e, in piccola parte, di Syrah attentamente selezionate che, dopo una pressatura soffice, fermentano in acciaio e barrique di legno francese non nuove.
Da provare anche il Langhe doc Rosato Josetta Saffirio: un vino giovane, fresco e allegro ottenuto da uve 100% nebbiolo, prodotto dalla vignaiola Sara Vezza a Monforte d’Alba, nella sua azienda biologica, perfetto in abbinamento ai formaggi freschi o con la pizza.
Da un incrocio tra la Barbera e un poco di Nebbiolo nasce invece Castlèt Rosé, un vino che vuole celebrare la dinamicità e la leggerezza della quotidianità, un vino allegro e che va bene per tutti i giorni prodotto da Mariuccia Borio nella sua Cascina Castlèt a Costigliole d’Asti. Il colore di CastlètRosé è un rosa cerasuolo tenue, con delicati riflessi violacei. Un colore che rimanda poi al profumo, con forti note di fiori e di frutta, tra cui si riconoscono la fragola e il lampone.
Emilia Romagna
Quando il Lambrusco si veste di rosa, nascono cose speciali. Come il Rosé De Noir Brut di Cleto Chiarli, vinificazione in rosa da uve Grasparossa e Pinot Nero, spumante dal carattere vivace, moderno, di un formidabile rosa violetto, con una spuma vibrante e setosa.
O come r’Osè di Rinaldini, nato dal Lambrusco Marani, dal sapore pulito e morbido, dalla spiccata mineralità, fragrante ed equilibrato.
Liguria
Mea Rosa è il vino rosato da uve Vermentino Nero di Lvnae, proveniente da vigneti della provincia di La Spezia. Un vino la cui eleganza emerge, tra persistenti note fruttate, sottili richiami speziati e una verve minerale.
Toscana
In tutta la regione si declina in rosa il Sangiovese. Vivaja è un rosato di Sangiovese in purezza che concentra in sé tutta la piacevolezza e mineralità delle vigne di Badia di Morrona, azienda storica delle terre di Pisa.
Il rosè di Tenuta Fertuna nasce nel comune di Gavorrano, nella valle tra Vetulonia e Giuncarico, nel cuore della Maremma.
Albia, Rosato di Toscana di Ricasoli, è espressione dei profumi di Sangiovese e Merlot raccolti nei vigneti più vocati attorno al Castello di Brolio, nel Chianti.
Abruzzo
Il Cerasuolo d’Abruzzo DOP della Linea Biologica di Cantina Tollo è un rosato dal colore chiaro dai bei riflessi violacei, che si caratterizza per l’elegante profumo di frutta rossa, arricchito da sottili note floreali e delicate nuances speziate. Con i suoi sentori di ciliegia e le sue sfumature minerali è perfetto con piatti di carne e pesce, ma anche con la pizza.
È ottenuto da uve 100% Montepulciano d’Abruzzo, come anche il Cerasuolo d’Abruzzo Riserva Spelt di Fattoria La Valentina, dal colore rosa brillante e dal profumo di rosa canina, ciliegia fresca, melograno e fragoline di bosco.
Puglia
Calafuria è il rosato dell’azienda Tormaresca, ottenuto da uve negroamaro in purezza cresciute a poca distanza dalla costa adriatica, nella tenuta salentina di Maime di proprietà della famiglia Antinori. La vicinanza del mare dona alle uve una fresca sapidità che si ritrova anche nel bicchiere e ne fa l’accompagnameno ideale per il pesce, le carni bianche, i formaggi freschi.
Altri rosati da negroamaro, il Rohesia dell’azienda salentina Cantele, oppure il Venus, IGP Salento Rosato di Conti Zecca, dai luminosi riflessi di corallo.
Ma in Puglia non si possono non assaggiare anche i rosati da Primitivo: Corerosa Rosato Salento IGP di Cantina due Palme unisce Susumaniello e Primitivo in un blend particolarissimo, un vino dal colore cerasuolo brillante, profumato di amarena, ciliegia e lampone. Sapido ed equilibrato, ha una spiccata acidità che ne esalta la freschezza.
Calabria
Da uve Gaglioppo al 100 % nasce Grayasusi di Ceraudo, dal colore tenue e dal sapore rotondo e aromatico, profumato e intenso, perfetto da abbinare a carni bianche e a formaggi semistagionati.
Sicilia
La Sicilia rosa ha il profumo del Nero d’Avola, come il Rosè di Cantine Colosi, dai sentori di melograno, frutti rossi e pompelmo rosa, biologico e vegano.
O come Rosa della cantina Santa Tresa, un rosato fermo biologico che nasce del 50% di uve Nero d’Avola e 50% da uve frappato, elegante e suadente, con una nota persistente di lampone e fragolina di bosco.
Da Nerello Mascalese deriva invece Rosematte di Le Casematte, fresco e sapido, così come Terrazze dell’Etna Rosato Etna Rosso: la stessa uva incontra il Nerello Cappuccio in Erse Rosato di Tenuta Fessina.
Sardegna
Torbato Spumante Rosé Brut di Sella&Mosca deriva dall’unione dell’ormai consacrato vitigno algherese con un altro caratteristico vitigno sardo a bacca rossa: il risultato è una cuvée di estrema eleganza e di piacevole briosità. Color cipria, profumo di agrumi, di fiori, di ciliegia e di pesca sono le caratteristiche di un vino morbido e avvolgente.