Silvio Berlusconi approda su Tiktok, ma avrebbe preferito chiamarlo Tiktoktak. Così sarebbe stato più completo, il nome. Ma pazienza. L‘importante è tendere alla massima cordialità, alla reciproca simpatia, e per questo niente è meglio delle barzellette, delle “storielle”. Il leader di Forza Italia lo sa bene, in fondo già nel 1994 gran parte del suo roboante successo era dovuto a questo, alla comicità e alle spiritosaggini di cattivo gusto, tese a dimostrare che un imprenditore di successo è prima di tutto un uomo e sopra ogni altra cosa un italiano, che conosce gli istinti bassi e gretti e meschini delle viscere del maschio medio, e finalmente, dopo anni di castrazioni morali e imperativi altisonanti da parte della sinistra, consente di esibirle, di liberarle, di sdoganarle. Questo, secondo lui, avrebbe creato una nuova unione, un nuovo terreno comune, una nuova alleanza.
Peccato che nel frattempo siano passati quasi trent‘anni. Corteggiare i giovanissimi, cioè coloro che nel 1994 non erano neanche nati, attraverso gli stessi identici presupposti con cui all‘epoca Berlusconi corteggiava i suoi potenziali elettori, suona come una incomprensibile, sconcertante gaffe nel migliore dei casi, altrimenti come una sfacciata presa in giro ai danni delle nuove generazioni.
Berlusconi comunque, prosegue imperterrito: «La barzelletta è terapeutica. La barzelletta elimina le distanze tra uno e l’altro, fa bene e pulisce il cervello. E allora eccovi una barzelletta. C‘è un aereo in viaggio sull‘Atlantico, e nell‘aereo ci sono Joe Biden, Vladimir Putin, Silvio Berlusconi, il papa e un suo giovane assistente. A un certo momento i piloti si accorgono che per un errore tragico è stato riempito solo un serbatoio. Guardano i consumi e capiscono che entro cinque minuti l‘aereo precipiterà nell‘oceano. E allora il pilota dice “Tiriamo fuori il paracadute”, prendono i primi due, se li mettono, e poi “Dai gli altri cinque agli altri”, “No guardi capo, ne sono rimasti solo quattro”, “E come mai?”, “E non so, c‘è stato un errore”», insomma, alla fine, racconta Berlusconi, Joe Biden si accaparra il primo paracadute in quanto “uomo più importante dell‘Occidente”, Vladimir Putin il secondo in quanto “uomo più importante d‘Oriente” e Berlusconi in quanto “politico più intelligente del mondo”, il papa vorrebbe cedere il suo, ma alla fine scoprono che Berlusconi, proprio perché è il più intelligente, si è già gettato dall’aereo con lo zainetto del pilota.
«Vi è piaciuta?», gongola, brandendo in mano un cellulare di ultimo modello.«Tik-tok-tak», ripete con una strizzata d‘occhi.
@silvio.berlusconi Salve ragazzi, ci siamo incontrati per la prima volta su TikTok, che per quanto mi riguarda avrei preferito chiamare Tik Tok Tak. Cosi è più completo! Vi ho detto che vi avrei intrattenuti su argomenti che possono riguardarvi da vicino. Ma ho pensato anche che per mantenere i rapporti con gli altri bisogna tendere alla massima cordialità. Uno degli strumenti per arrivare a farlo sono le barzellette, perchè sono terapeutiche. Poi penseremo a parlare di programmi. Tik Tok Tak! #silvioberlusconi #berlusconi #forzaitlia🇮🇹
Lo segue a ruota Matteo Renzi: «Per molti di voi io sono un esperto di first reaction shock, shish, linguaggi quasi più complessi del corsivo». Anche in questo caso, il messaggio subliminale sembra suggerire che parlare ai giovani significa replicare e riproporre il loro linguaggio servendosi di meme e battute diventate virali. Questo assunto non solo ricorda il tentativo di un genitore di svecchiarsi davanti al figlio e ai suoi amici, di solito foriero di imbarazzo da ambo le parti: reitera il sospetto, peraltro già diffuso, che agli occhi dei leader dei principali partiti, i giovani non abbiano un quoziente intellettivo e una preparazione tali da meritare un dialogo e uno scambio degni di persone adulte.
@matteorenziufficiale Anche Matteo Renzi su TikTok? First reaction? Shock! #matteorenzi #italiasulserio #elezioni #25settembre
Rapidissima è stata infatti la reazione di Emma Galeotti, tiktoker da 700mila seguaci. Prima ha imbastito un video di imitazioni dal niente affatto equivocabile titolo “I politici su Tiktok”, in cui all‘inizio si rivolge a qualcuno alla sua sinistra: «Ho capito come funziona, ma tanto quelli mica si informano, ma va, non capiscono niente, al primo video che vedono su Tiktok votano subito, tanto è l‘unica cosa che aprono». Poi, qualche giorno dopo, si è sfogata con un appello trasversale: «Pensate che la gente che vi mette like e commenti sia perché vi supporta? No, è perché vi prendiamo tutti per il culo, carissimi. […] Date proprio l‘idea di pensare che noi siamo proprio plasmabili e rincoglioniti. Se volete intrattenerci, benissimo. Però vi dico, non perdete tempo, perché secondo me potreste fare molto altro».
@gl.emm4 Oggi un po’ politically
«I politici sono partiti dal presupposto che i giovani sono sostanzialmente un bacino di persone non informate, che non sanno cos‘è la politica e non sono neanche interessate a scoprirlo», spiega a Linkiesta Andrea Borello, torinese al primo anno di magistrale in Tematiche ambientali e Cooperazioni internazionali, che dal 2020 si occupa di divulgare argomenti di informazione politica su Tiktok: «Cerco di essere imparziale, prendo posizione solo sull‘ambiente, ma perché quelle non sono opinioni. Sono evidenze scientifiche».
Quando ha cominciato, Tiktok era effettivamente un social network dagli intenti frivoli, da destinare a momenti di evasione, di stacco, e lui era tra gli unici a occuparsi di temi di matrice impegnata. Ora però non è più così. «Capisco che i politici abbiano provato ad aggredirlo, è un terreno fertile».
Quel che intende Andrea è che la politica su Tiktok c‘è già. Un‘inversione di tendenza dalle cause scompaginate – da molti ricondotta all‘avvento della pandemia – ha cambiato l‘essenza e la natura del social network, trasformandolo in un vero e proprio universo alternativo: su Tiktok si legge – il fenomeno di Booktok ha alzato le vendite dei libri –, si combattono i disturbi alimentari, ci si confronta e si tenta di avviare campagne di sensibilizzazioni a proposito di ambiente, diritti civili e bullismo. Profili quali @penshare, @telospiegasofia e @thesocialfeminist sono coinvolti quotidianamente all‘interno di argomenti che variano dalle guerre in Medioriente alla legge 194.
È stato dunque po‘ pretestuoso – e ingenuo – da parte dei leader politici l‘aver assunto Tiktok come una terra indigena dove i ragazzi si rifugiano e si alienano per ballare e canticchiare, avulsi dalla realtà che li circonda. Esasperandone la componente ludica, hanno confermato la sensazione ormai generalizzata tra i giovani di continua svalutazione, infantilizzazione e noncuranza. Oltre ad avere perso un‘occasione, aggiunge Andrea Borello: «Nel mondo di tutti i giorni manca un‘adeguata e corretta educazione alla politica. Manca in famiglia, ma soprattutto a scuola. Secondo un sondaggio, l‘80 percento dei giovani non sa se definirsi di destra o di sinistra, ammesso che faccia ancora differenza. Il desiderio di imparare è fortissimo, eppure chi sta dall‘altra parte è assente».
Davide Bella, altro giovane tiktoker e divulgatore politico seguito da 26mila persone, conferma che l‘informazione su Tiktok è possibile e gode di ottima fama, se fornita attraverso toni accattivanti e semplici – non semplicistici, tengono entrambi a sottolineare.
«L‘incursione dei capi di partito su Tiktok in piena campagna elettorale scatenerà l‘effetto contrario a quello augurato. Chi aveva intenzione di votarli, non li votera più», afferma Davide, che lavora all‘Agenzia delle entrate e tra le altre cose collabora alla campagna “La tua parola conta” promossa dal Dipartimento delle Politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri. «Il loro obiettivo era aumentare la cassa di risonanza sui giornali e alla televisione. Far parlare di sé, insomma. E hanno usato Tiktok come mezzo. Se l‘avessero organizzata con cura e fin dall‘inizio, magari la loro presenza su Tiktok sarebbe servita a qualcosa».
È d‘accordo anche Martina Socrate, content creator ventiquattrenne che su Tiktok vanta 1 milione di followers e altrettante visualizzazioni: «Hanno creato il loro profilo all‘ultimo, proprio poco prima del voto. Onestamente, mi fanno ridere. Non sono neanche arrabbiata, li guardo con tenerezza. Si vede che sono impacciati. Se si fossero fatti seguire da esperti di comunicazione, fin dall‘inizio e con un tone of voice adatto alla piattaforma, avrebbero potuto influenzare e dirigere le decisioni in merito, ora non più».
L‘elemento più fastidioso che i giovani sono convinti di subire da parte della classe dirigente, è l‘attenzione spasmodica e unidirezionale nei confronti del personaggio che intepretano. «Parlano di tutto fuorché di temi politici, perché il loro obiettivo è risultare simpatici, spassosi e dunque accrescere la loro popolarità», specifica Andrea Borello. Invece di rendere edotti sui provvedimenti che intendono varare a favore delle nuove generazioni, o interessarsi all‘oggetto, cioè a coloro hanno di fronte, stratificano l‘importanza del soggetto, della narrazione intorno a se stessi. Tiktok diventa dunque un mezzo utile a risaltare la loro figura.
Matteo Salvini è stato tra i primi politici italiani a sancire l‘ingresso su Tiktok, raggiungendo in poco tempo 570mila seguaci. Era il 2020. Anche lui si comportava da influencer più che da esponente di uno dei partiti di maggioranza del Paese. Al posto di questioni di interesse nazionale, fioccavano video in cui scherzava sul gelato dietetico, sulle tagliatelle al ragù, e sui suoi occhiali da vista – l‘audio in voice over è poi diventato virale e riproposto da migliaia di altri utenti.
@matteosalviniufficiale Ahimè, a 47 anni mi sono arreso… Occhiali da vista.
Mostrarsi accessibili, umanizzarsi al punto da somigliare sempre più ai vicini della porta accanto può rappresentare una filosofia funzionale nel caso di vip o di gente del mondo dello spettacolo. Confondere l‘esigenza dei cittadini e di grosse fette della popolazione – tra cui i giovani – di avere a che fare con una politica comprensibile e conforme ai loro interessi con la regressione a battute, ammiccamenti e ad argomenti da bar, significa contribuire a una sfiducia irrevocabile nei confronti delle istituzioni e dei cambiamenti attuabili su larga scala. La conseguenza più ovvia è l‘astensionismo, che secondo gli ultimi sondaggi si attesterebbe intorno ai 16 milioni di italiani.
Sintetizza bene Erta Konakciu, ventotto anni, che su Tiktok ha creato un format chiamato “Lavora come un boomer” in cui ironizza sarcasticamente sulle condizioni di lavoro delle nuove generazioni, fra instabilità, stipendi da fame, sessismo e il paternalismo della generazione precedente: «Per avere un dialogo che sia effettivamente fruttuoso, è necessario anche che vi sia una parte di ascolto attivo. E questo manca, ma non solo su Tiktok e non solo in questa campagna elettorale. Sono probabilmente vent‘anni che i giovani sono tagliati fuori dalle agende politiche dei partiti mainstream. E poi si rimprovera loro di non essere interessati alla politica. Chiediamoci cosa sia causa e cosa, invece, conseguenza. Ma in fondo, sono i numeri che contano. E in un paese demograficamente sempre più anziano, i giovani rappresentano un bacino elettorale così tanto irrilevante che poco importa liquidarli con un paio di video su Tiktoktak a quindici giorni dal voto».