Aspiranti secondiLa guerra entra nella campagna elettorale (in ritardo) e alimenta lo scontro tra Letta e Conte

Giorgia Meloni preferisce prendere una posizione tiepida, il tema del conflitto entra nel duello (per il secondo posto) tra il leader del Pd e l’avvocato del plebeismo, il quale non ha perso occasione per attaccare Zelensky e cercare, senza pudore, qualche voto in più

Lawrence Hookham, Unsplash

All’ultima curva della campagna elettorale irrompe dunque la Grande Minaccia di Vladimir Putin ed è difficile stabilire se ci sarà, e quale, un effetto-guerra sugli ultimissimi giorni prima del voto di domenica.

Di certo l’opinione pubblica mondiale è più che turbata dalle ultime mosse del dittatore di Mosca e dunque è probabile che anche gli elettori italiani andranno alle urne con il pensiero magari recondito rivolto a uno scenario che può precipitare da un momento all’altro. Dunque la guerra, restata abbastanza incredibilmente sullo sfondo di una campagna in cui si è parlato di tutto e di niente, squarcia di nuovo il panorama politico perlomeno in due, tra chi sta con Kyjiv senza se e senza ma e chi mena il can per l’aia (quando addirittura non è scopertamente filo-russo, alla Di Battista, Orsini e compagnia bella).

La faglia russa in particolare ripropone con ancora maggiore nettezza la spaccatura tra Enrico Letta, sulla scia di Mario Draghi, e Giuseppe Conte, il cui “duello” in questa fase finale sembra aver preso il posto di quello Letta-Meloni. La quale, per inciso, pur avendo mantenuto in questi mesi una posizione chiaramente anti-Putin e atlantista, in queste ore non è che si stia sbracciando a favore della causa ucraina limitandosi a osservare che quella di Putin è una «mossa disperata», una notazione quasi en passant, lei che pure è sempre pronta a strillare in tutte le piazze e tuttavia così sbrigativa proprio nel frangente in cui lo zar russo mobilita i riservisti e minaccia sfracelli.

Meglio non esporsi troppo? Può essere che la leader di Fratelli d’Italia trovi sconveniente mostrarsi d’accordo con il segretario del Pd e con il presidente del Consiglio, e soprattutto che non voglia evidenziare la chiara spaccatura con la Lega, ma di fatto Giorgia Meloni su questo allarme mondiale semplicemente non c’è, e meno male che vuole diventare premier.

C’è saltato sopra invece Letta, «non votate gli amici di Putin», che tradotto vuol dire: non votate Conte. Perché è lui, l’avvocato del plebeismo, che si è travestito ancora una volta da “pacifista”, reclamando una soluzione di pace che, a meno che a dirla non sia il Pontefice, appare al momento un’aspirazione piuttosto sghemba rispetto alla realtà delle cose, e dunque è una furbizia per ingraziarsi tutti quelli che più o meno in buona fede non intendono proseguire con gli aiuti all’Ucraina attaccata dal gigante russo.

In fondo il punto è sempre quello: continuare ad aiutare Zelensky o no. Draghi è stato chiarissimo intervenendo alle Nazioni Unite nel difendere la causa Ucraina e le sanzioni, così come Joe Biden; mentre Giuseppi ha pensato bene di criticare proprio Zelensky e di ribadire il suo addio alle armi. Oggettivamente l’amico di Putin è lui, persino più di un Salvini che ora ha scoperto quanto sia pessimo l’uomo del Cremlino e che anche in questa occasione non è stato in grado di svolgere un discorso razionale.

Ecco perché l’ultima minaccia di Putin che terrorizza il mondo e spinge i russi a fuggire alimenta il nuovo braccio di ferro tra Letta e Conte, i due leader che si stanno rubando i voti a vicenda in una paradossale corsa per la probabile medaglia d’argento di queste elezioni, una nuova conferma di come l’avvocato del plebeismo intenda giocare tutte le carte, anche le più sporche, per un pugno di voti.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter