Maledetto l’internetL’insostenibile urgenza di commentare tutto pur non sapendo niente di niente

Ultimo caso, l’articolo di Francesco Piccolo. Ma non è solo colpa dei social se nessuno sa più cosa c’è scritto sui giornali o nei libri: avevamo perso la capacità di conservare le informazioni già da tempo. Solo che adesso non vediamo l’ora di giudicare, recensire, criticare cose di cui ignoriamo il contenuto

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Stiamo come stiamo – usati, di seconda mano – intesi come elettorato ma anche, soprattutto, come tonicità dei neuroni. È colpa degli smartphone? No, forse, sì. Calenda sarebbe una persona normale se non dovesse dire la sua a tutti ogni quindici secondi? Lo sarebbe Vongola75? Lo sarei io? Saremmo adulti? Saremmo sani di mente?

L’altro giorno rievocavamo, con un amico, una presentazione d’un suo libro. Una decina o qualche misura simile d’anni fa. Ti ricordi, c’era anche Tizio, all’epoca scrittore più sfigato d’Italia, e ora più acclamato: nelle vite degli intellettuali esiste il secondo atto, chi l’avrebbe mai detto.

Ma tu, chiedo all’amico, i suoi libri di successo li hai letti? Quaranta, cinquanta pagine, risponde lui, con la voce screziata dal senso di colpa di noialtri cresciuti nell’epoca in cui dei film non si vedevano i due minuti che stanno in un TikTok, delle canzoni non si ascoltavano i quindici secondi che entrano in una storia Instagram.

Ed è in quel momento che sono così volgare da dirgli la verità: per me ormai la misura di cinquanta pagine lo colloca senza esitazione nella casella dei libri letti. Ricordo perfettamente l’estate del 2003: era quando lessi per intero un romanzo per l’ultima volta, non sono mai più stata così giovane da pensare servisse leggere più di cinquanta pagine per giudicare qualcosa, né da avere il tempo di farlo.

Ricordo l’estate, ma cosa ci fosse scritto dentro al romanzo no, sebbene mi fosse piaciuto tantissimo; evidentemente – pur mancando allora cinque anni all’uso a tempo pieno dei social network – il mio cervello aveva già perso la capacità di ritenere informazioni. Avevo già preso troppo sul serio lo «Slàcciati i pensieri» di Loredana Berté – d’altra parte dal Sanremo di Stiamo come stiamo erano già passati dieci anni.

Giovedì su Repubblica c’era un articolo di Francesco Piccolo sull’autunno del risparmio col riscaldamento semispento. Era scritto nel solito garbatissimo tono di Piccolo, non certo uno che prenda a coppini i lettori. Twitter era pieno, ma pieno, di indignazioni. Cosa ne sa lui che non è mica povero, e via di recriminazioni.

Certo che sono scemi, e certo che una volta non avremmo mai saputo cosa si dicessero i lettori nel chiuso dei loro tinelli o dei loro bar con bianchino o delle loro riunioni di consigli di classe. Non l’avrà mica inventata internet, la categoria dei lettori incapaci di leggere ma che ci tengono a dir la loro.

Però internet ha inventato quella micidiale combinazione di lettore che non legge e urgenza di commentare tutto; urgenza che ci era, sembra incredibile a dirlo oggi che è così pervasiva, ignota fino a non moltissimo tempo fa. Non riusciamo neanche a ricordare come fossero le nostre conversazioni quando non avevamo sbirciato tutti gli stessi titoli di articoli non letti, tutti le stesse due righe fotografate da Vongola75 d’un articolo di cui ignoriamo il contenuto sia noi sia lei.

Veramente il 29 settembre del 2001 c’era qualcuno che non aveva un’opinione su La rabbia e l’orgoglio?, ci chiederanno increduli i nostri nipoti con lo stesso tono a occhioni sgranati che avevamo noi quando chiedevamo come fosse questa Radio Londra a chi l’aveva ascoltata durante la guerra. Ebbene sì, piccini: c’era gente che la mattina d’abitudine comprava altri giornali, e il Corriere non l’aveva visto, magari gente che lo lesse due giorni dopo perché qualche amico che invece comprava il Corriere e aveva capito l’epocalità di quelle righe cortesemente le imprestava il proprio ritaglio.

No, non c’erano i giornali su Internet. No, nessuno ti mandava le foto degli articoli sul telefono. No, la conversazione collettiva non era una gigantesca cagnara in cui devi dire qualcosa di tutto senza sapere niente di niente. Era meglio? Beh, non potevi ordinare così facilmente la pizza a domicilio, né fotografarla per far sapere che l’avevi mangiata: ogni epoca ha i suoi vantaggi e i suoi limiti.

Giovedì sera un’amica m’ha detto con sconforto che una persona a lei cara le aveva chiesto se avesse letto che Ambra non paga l’affitto. Carlo voleva essere il Tampax di Camilla quando ancora leggevamo oltre i titoli cubitali, vi pare che oggi possa darsi la possibilità che l’informazione (e le nostre opinioni su di essa) siano qualcosa di diverso dal telefono senza fili? Soncini traffica in foto rubate di attori famosi, Richetti manda le foto del cazzo a tizie dal solido equilibrio psichico, Ambra non paga l’affitto, Saviano ha un attico a Manhattan, Piccolo ha scritto che se non sai come pagare le bollette devi esserne felice, John Wayne era frocio, mio cugino una volta è morto.

Perché l’amica che fa la commercialista o la pianista o la sarta dovrebbe leggere i giornali con un’attenzione maggiore a quella con cui scrolla Facebook, perché dovrebbe avere opinioni informate sull’attualità, perché dovrebbe sforzarsi di distinguere tra una cosa letta sul New York Times, su Cavalli e segugi, sulla bacheca d’un ex compagno di scuola? L’ha resa scema Zuckerberg, o Soros, o la senilità? Per noi soldati di ventura in questo metro quadro: sì, per adesso è molto dura.

Forse è solo che, quando non pretendevamo che tutti avessero sbirciato angoli di frammenti di ogni rassegna stampa, l’amica poteva parlarci delle corna della cognata, o di cose di cui avesse più contezza rispetto al titolo del giornale che non ha letto ma ha sentito commentare da un dj mentre diceva ai figli sul sedile posteriore di non rubarsi l’un l’altro la merenda e se non la smettete vi do in adozione a Tiziano Ferro (che ha letto da qualche parte che ha avuto dei figli, o forse li ha adottati, o forse ha solo detto che gli piacerebbero, o forse è solo andato in visita a un reparto pediatrico: ora non è che l’amica possa ricordarsi tutto, c’è pure l’Iva trimestrale da conteggiare).

Abbiamo tutti molto da fare, e l’economia dell’attenzione già deve dividersi tra consigli per non far aumentare le bollette, conoscenza superficiale dei programmi televisivi di cui parleranno in ufficio, partita a Candy Crush, e tu hai deciso chi votare? Fanno benissimo quelli che «purché non sia la Meloni»: vuoi mettere che vantaggio, non perdersi nei dettagli, t’avanzano pure due neuroni da dedicare ad altro. Per esempio a questo vocale da ascoltare a velocità doppia così posso smaltire altre due notifiche mentre sfoglio – senza capire cosa sto leggendo – questo libro che tra poco potrò dare per letto. L’app di Kindle si è complimentata: questa settimana ho letto qualche buon libro tutti i giorni. Non che sappia – la app, ma pure io – cosa ci fosse scritto, dentro a quel libro che ora corro a recensire su Amazon.

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