L’altra CampaniaIl territorio che ispira Franco Pepe e la sua pizza

Trenta produttori dell’Alto Casertano si uniscono in rete per un’esperienza originale ispirata alle creazioni del maestro pizzaiolo più famoso del mondo, protagonista di una serie su Netflix

Foto Unsplash

Il turista diretto in Campania è solito raggiungere Napoli, con le sue tre isole del golfo, la penisola sorrentina oppure la costiera amalfitana. Luoghi fantastici e affascinanti, senza dubbio. Esiste, però, un altro territorio, non lontano da Caserta e dalla sua magnifica reggia, meno conosciuto, ricco di borghi e ambienti naturali di straordinaria bellezza e patrimonio di sapori, profumi e identità.

Al centro c’è Caiazzo, paese di cinquemila residenti, meta costante di numerosi gourmet provenienti non solo dall’Italia. Arrivano qui per degustare le specialità create da Franco Pepe che, ispirandosi agli insegnamenti di nonno Ciccio e di suo padre Stefano, ha concepito e realizzato la sua pizza, prodotto unico e di alta qualità, frutto di un continuo lavoro di ricerca che non si è mai discostato dalla tradizione.

Dieci anni fa a Caiazzo nasceva Pepe in grani, vero e proprio laboratorio di ricerca che Pepe ha dedicato alla pizza del suo territorio. A questo angolo di Campania il maestro si è sempre ispirato, utilizzando per le sue creazioni prodotti di artigiani, allevatori e agricoltori locali.

Franco Pepe ©Enrico Caracciolo

Aveva, però, da tanti anni un desiderio: condividere con loro le passioni, i valori, la genuinità e la semplicità che questa terra offre e comunica. «Fin da ragazzo ho visto nella semplicità di un disco di pasta e nelle sue infinite declinazioni una potente capacità narrativa. E ne ho fatto un sogno» racconta. A giugno la sua idea viene accolta da Enrico Caracciolo e Stefano Raso, fondatori del progetto editoriale Viatoribus. Nasce così “Pizza Hub – Viaggio alla scoperta del territorio ispirato dalla pizza di Franco Pepe”, una Smart Travel Guide gratuita, in formato digitale, che mette in rete trenta operatori del territorio accomunati da un manifesto etico.

Chi sceglie di conoscere l’altra Campania è invitato a cogliere le tante opportunità ed eccellenze offerte. È una pizza ad indicare la rotta di un viaggio attraverso colline, borghi, vigneti e oliveti. Chi proviene da sud può lasciarsi alle spalle l’autostrada A1 a Santa Maria Capua Vetere, non lontano da Caserta, chi da nord a Caianello.

A pochi chilometri da Taverna Catena, luogo dello storico incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, biodiversità e sostenibilità ispirano il lavoro di Anna e Crescenzo. La loro Masseria Del Sesto, a Pietravairano, da alcuni anni recupera la coltivazione di prodotti in via di estinzione, quali il Lupino gigante di Vairano e il Cece di Teano (entrambi presidi Slow Food), così come grani antichi (Senatore Cappelli), zafferano e mais tradizionali autoctoni.

A qualche chilometro di distanza, verso il Parco Regionale del Matese, l’antica Alife è conosciuta anche come “città della cipolla”. La coltivazione di questo ortaggio è attestata fin dall’epoca romana e fino a qualche anno fa rappresentava una delle principali fonti di reddito dei coltivatori locali.

Oggi pochi si dedicano alla coltivazione della cipolla alifana, diventata nel frattempo presidio Slow Food. Tra loro, la tenace Antonietta Melillo che, ispirandosi agli insegnamenti di sua zia ottantatreenne Mariannina, è in grado di ottenere dalle fertili terre alifane una straordinaria cipolla dal colore ramato intenso e dal sapore delicato, dolce e sapido nello stesso tempo, che Franco Pepe utilizza per creare la Memento, una delle pizze più originali del suo menu.

Antonietta Melillo e la sua cipolla alifana ©Enrico Caracciolo

Sempre ad Alife, Mario Cipriano, fondatore di Karma, utilizza dal 2008 le spezie e i cereali del territorio per produrre ottime birre artigianali di ispirazione belga, conosciute e apprezzate oltre i confini regionali.

Le undici bottiglie della linea Classic sono frutto di una continua sperimentazione e innovazione ad opera del team di Karma, finalizzata alla realizzazione di stili differenti, quali l’italian blanche e l’italian wheat in cui sono presenti agrumi provenienti dalla costiera amalfitana, e addirittura il coffee stout che utilizza malti caramellati e tostati.

Prima di lasciare Alife la sosta nel suo centro storico impone l’incontro con i giovanissimi Luigi e Marco. La loro Vino e Biga propone pizze preparate con materie prime di qualità e cura per l’estetica, da abbinare a birre e vini locali.

A pochi chilometri di distanza, a San Potito Sannitico si trova il quartier generale di Love Matese, brand territoriale orientato alla promozione dello sviluppo sostenibile nei borghi e negli ambienti naturali del Parco del Matese.

Da diversi anni, Angelo Rotunno e Claudia Orsino, “buongustai della vita” come si definiscono, propongono esperienze originali: non solo escursioni su sentieri e nei centri storici ma veri e propri tour sinestetici che suscitano emozioni, coinvolgendo anche contadini, allevatori, casari, panettieri fino a poeti e sognatori. I due sono anche i referenti territoriali di PizzaHub Viatoribus, incaricati di mantenere i contatti tra gli aderenti al progetto e di promuovere gli eventi della rete.

Viaggiare in questa parte d’Italia è anche trovare un’autentica e genuina ospitalità. Ad esempio, presso la country house Bacco e Bivacco, Marco e Sara accolgono gli ospiti in un ambiente incontaminato e rilassante. Dopo un’esperienza in Trentino e la gestione di rifugi in montagna, hanno deciso di condividere con gli amici la buona cucina e lo stare in armonia con la natura. Il menu del ristorante propone piatti a base di funghi, tartufi, formaggi, carni e verdure a chilometro zero. Gli gnocchi al tegamino e lo sformatino ai porcini sono quelli più richiesti. La struttura, dotata di nove camere, è frequentata da numerosi appassionati di sport particolari (parapendio, enduro) e funge da base per gli escursionisti che frequentano i sentieri del Parco del Matese.

Proseguendo il viaggio lungo il corso del Volturno, verso le colline caiatine, ci si imbatte in paesaggi disegnati dai vigneti. È questa la terra di due vitigni cosiddetti minori: il casavecchia (a bacca nera) e il pallagrello, poco conosciuto fino a qualche decennio fa, coltivato da secoli e amato dalla corte di Borboni che a San Leucio e nella reggia casertana producevano un vino rinomato.

Oggi il pallagrello (bianco e nero) I.G.T. Terre del Volturno è diventato uno dei protagonisti dell’offerta enologica campana e i suoi produttori sono alla costante ricerca di tecniche e coltivazioni moderne per un vino sempre più di qualità.

A PizzaHub Viatoribus hanno aderito sei produttori, per lo più giovani con una forte passione per la propria terra. Se Terre dell’Angelo si caratterizza per la fermentazione delle uve in anfore in grado di garantire un’ottima ossigenazione del vino, a Caiazzo il giovane Davide Campagnano vinifica solo in acciaio, cercando di preservare il complesso aromatico dei suoi vini e preservando il loro legame al terroir mentre l’esperto Carmine Piccirillo propone la degustazione di cibi e vini del territorio, tra cui un ottimo spumante metodo classico da uve pallagrello, nel suo eno-agriturismo Masseria Piccirillo.

Oltre Caiazzo, altri due giovani viticoltori stanno ottenendo premi e riconoscimenti per i loro pallagrello e casavecchia. A Bellona, Sara Carusone nell’azienda di famiglia La Masserie, accoglie gli ospiti nella grotta di tufo scavata più di cento anni fa per conservare i cibi, oggi posto perfetto per lasciare riposare i vini dopo l’invecchiamento in legno, e li accompagna tra i vigneti descrivendo con passione e competenza i vini prodotti, tra cui il Veritas, rosato da uve casavecchia.

Pochi chilometri verso nord, a Pontelatone la famiglia Alois, un tempo legata alla produzione tessile di gran pregio a San Leucio, dal 1992 è diventata sempre più un punto di riferimento per la produzione vitivinicola campana. Il progetto aziendale rivolge una particolare attenzione alle microzone che caratterizzano i terreni, d’origine sia calcarea che vulcanica, che esaltano la diversità degli stessi. I risultati sono eccellenti e i vini rispecchiano appieno il carattere e le qualità dei due vitigni locali. Su tutti spiccano i tre cru: il bianco Morrone, e i rossi Murella e Trebulanum Riserva.

Riprendendo il viaggio sulle strade silenziose circondate da verdi colline e ambienti incontaminati, si giunge a Castel di Sasso, di notevole bellezza paesaggistica il cui borgo principale, di origine medievale, si erge su uno sperone di roccia che domina le campagne a valle.

Proprio in una di queste si preserva uno dei prodotti antichissimi e pregiati di questo territorio: il conciato romano. Grazie alla famiglia Lombardi, e soprattutto a Manuel che lo promuove in tutto il mondo, oggi nell’azienda agrituristica Le Campestre, come più di duemila anni fa, si produce con cura questo straordinario pecorino dal gusto forte e piccante, presidio Slow Food, che viene raccolto in piccole forme e fatto stagionare nelle anfore per almeno sei mesi affinché possa acquisire tutti gli aromi unici che lo caratterizzano.

Il conciato romano ©Enrico Caracciolo

I “miracoli caseari” della Campania Felix non finiscono qui. La mozzarella, il fior di latte, il caciocavallo e la scamorza sono rinomati in tutta la regione. A Piana di Monteverna il venticinquenne Angelo Santabarbara conduce le attività dell’azienda La Teresina, che continua con tenacia e passione la tradizione di famiglia ovvero l’allevamento di bovini di razza frisona e la produzione e la trasformazione del latte vaccino.

Un micro caseificio che punta in alto, a partire dal benessere del bestiame che, in spazi aperti e ben curati, si nutre esclusivamente di foraggio autoprodotto e di farine preparate in azienda. Ne consegue che il latte è di alta qualità, caratterizzato da un’alta percentuale di proteine e da valori bassissimi di carica batterica, ideale per la produzione di formaggi a pasta filata che vengono ancora mozzati a mano come vuole la tradizione.

Tra gli ingredienti della pizza di Franco Pepe c’è il fiordilatte ma soprattutto la mozzarella di bufala campana DOP. A pochi chilometri da Caiazzo, nelle campagne di Alvignano, il mastro casaro di lungo corso Mimmo La Vecchia con sapiente abilità trasforma da acqua calda e cagliata una pasta filante di colore bianco perlaceo fino a farla diventare un corpo unico compatto ed elastico.

Mozzata in pezzi piccoli (bocconcini) o molto più grandi (fino a tre o quattro chili), la mozzarella del Casolare è straordinariamente buona, dal gusto intenso, delicato e persistente.

Mimmo La Vecchia e la mozzarella del Casolare ©Enrico Caracciolo

Puntando verso Caiazzo, meta finale di questo viaggio virtuale, si attraversa Castel Campagnano e si raggiunge la Tenuta Coscia, dove Giuseppe e sua moglie conducono l’azienda agricola l’Ape e il Girasole su un’estensione di ventuno ettari. Oltre alla produzione di uve pallagrello e di olive caiazzane, leccino e frantoiane, qui si allevano oltre duecento suini di razza casertana che vivono in libertà nutrendosi di mangimi selezionati da agricoltura biologica. Conosciuto fin dall’epoca romana, questo particolare tipo di suino, rustico e di taglia medio piccola, era molto diffuso nel territorio casertano fino a settant’anni fa.

Oggi è allevato scrupolosamente da una ventina di aziende che sono riuscite ad ottenere nello scorso aprile il marchio di qualità. Dal suino di razza casertana dell’azienda Coscia si ottengono prosciutto, capocollo, guanciale, pancetta, lonza e tre salsicce speciali. Il grasso, caratterizzato da una alta percentuale di acidi grassi polinsaturi, per composizione simile all’olio extravergine d’oliva, è considerato molto salubre come affermano le recenti ricerche condotte dall’Università Federico II di Napoli.

Nelle campagne di Caiazzo, invece, un’intera famiglia si prende cura di centocinquanta galline (ovaiole rosse e livornesi bianche) che vivono in libertà seguendo i ritmi della natura. Alla Querciolaia, Barbara e Pietro con i loro tre piccoli bambini raccolgono ogni giorno le uova che non somigliano affatto a quelle che si trovano sugli scaffali dei supermercati provenienti da allevamenti intensivi. Sono buonissime e hanno ottimi valori nutrizionali.

Le uova della Querciolaia ©Enrico Caracciolo

Gli chef di noti ristoranti le apprezzano e comprendono la filosofia di questa piccola azienda immersa nella natura che nutre le galline di soli mangimi biologici certificati. Tra i progetti futuri di Barbara e Pietro c’è la riscoperta di due razze autoctone di galline: la cucula campana detta anche “cicirinella” e la fulva del Sannio.

Il viaggio nel territorio che ispira Franco Pepe termina nel centro storico di Caiazzo dove, nel piccolo vicolo San Giovanni Battista, gli ospiti sono accolti nella sala del gusto, nella veranda, nella sala belvedere che domina le valli caiatine oppure nella stanza all’ultimo piano che accoglie Authentica, l’esperienza di degustazione riservata a un numero massimo di otto commensali riuniti intorno a un tavolo circolare, di fronte proprio al maestro e al suo forno.

La fama internazionale di Franco Pepe è indiscutibile. Dal 7 settembre sarà uno dei protagonisti del celebre programma TV Chef’s Table: Pizza, trasmesso da Netflix, che si addentra nelle vite e nelle cucine degli chef più famosi e rinomati del mondo. Un altro importante riconoscimento per lui, che non ha mai voluto lasciare Caiazzo e la Campania, la terra che lo ha visto nascere, crescere e sognare.