La zozzaBologna è peggio di Roma, ma i bolognesi (e il sindaco) non se ne accorgono

La città guidata da Lepore pensa di essere bene amministrata ma non si rende conto che là fuori c’è anche un mondo senza cassonetti

di Bogdan Dada, da Unsplash

In Bad Sisters, lo sceneggiato di Apple che dopo non so quanti anni mi ha fatto tornar voglia di guardare le cose a puntate, la sorella sposata col tizio che giustamente le altre sorelle vogliono ammazzare a un certo punto dice qualcosa tipo: lo so che non lo stimate, ma è un buon marito e un buon padre, e mi rende felice.

Ovviamente il tizio che le sorelle ammazzano per la gioia del pubblico non è un buon marito, non è un buon padre, e non la rende felice, ma è impossibile convincere dell’insipienza del carnefice una così soddisfatta del proprio ruolo di vittima, è impossibile pretendere lucidità da chi è in una relazione di codipendenza.

Ho un amico così. Difende Roma. È l’unico amico romano ch’io abbia che si ostini a difendere Roma. Ha vissuto altrove, il mio amico, li sa gli eufemismi che l’altro giorno il sindaco Gualtieri usava sul New York Times («i romani hanno comportamenti non buoni»: tenerello); il mio amico lo sa che nulla di ciò che accade a Roma è normale, è civile, è accettabile. Ma è convinto che Roma lo renda felice.

A Bologna sono quasi tutti così. Gli dici: che città di merda. Ti rispondono: lo dici solo tu. Certo, perché sono l’unica che ha vissuto altrove, e che sa che nulla di ciò che accade qui è normale. Con la differenza, rispetto a Roma, che Bologna se la tira pure da città vivibile e accogliente.

Un posto così pieno di mendicanti che alla Sala Borsa, la biblioteca dietro piazza Maggiore, hanno messo dei tornelli per accedere ai bagni. Pisciare nel gabinetto d’una biblioteca pubblica costa cinquanta centesimi, così possiamo star certi che i poveri piscino per strada e che a Bologna, a ogni angolo del centro che svolti, t’investano quelle belle zaffate che forse neanche a Roma (forse solo a Parigi).

Una città in cui i poveri non possono pisciare in luoghi preposti e i poco ricchi vengono investiti a tradimento da nauseabonde zaffate di piscio. Dice il sindaco che è la città più accogliente d’Europa: pensa se non lo fosse.

Il mio amico difensore di Roma ha studiato a Bologna, come tutti. Nella mia vita adulta ho incontrato più gente che avesse studiato a Bologna che gente che volesse vendermi un abbonamento telefonico.

Da minorenne, quando vivevo a Bologna, di studente non ne avevo mai conosciuto uno: i bolognesi non si mescolano coi fuori sede. Ciò crea un’interessante sindrome montecristica. Conosco un meridionale di gran successo che, ora che è tornato ricco e spietato, ogni volta che è a Bologna per lavoro riscatta il suo passato facendosi invitare a pranzo da qualche borghese indigeno, in qualche casa del centro. Quelle case del centro cui non aveva accesso quando era studente fuori sede di giurisprudenza e viveva fuori porta.

Ma torniamo al difensore di Roma: non si capacita del declino di Bologna. Giura che non era così, ma in questi casi non sappiamo mai se siamo vittima della sindrome «com’era verde la mia valle»: è mai esistita quella Bologna meno zozza che ci manca? (Jason Horowitz, corrispondente del NYT, per favore vieni a Bologna, hai anche il pezzo già fatto: la spazzatura «pungente, pervasiva e implacabile» che misura il declino di Roma ce l’abbiamo anche noi, assieme ai tortellini a quaranta euro al chilo). O ci mancano la Seicento, i vent’anni, la ragazza che tu sai? Che poi: se c’è una città ferma neanche ai miei vent’anni, ma ai miei dieci, è proprio Bologna (sono solo più cari i tortellini).

L’altro giorno il sindaco Matteo Lepore, quello che a dispetto dell’evidenza certifica continuamente la città in cui si piscia a pagamento come accogliente e progressista, s’è instagrammato raccontando che stavano pulendo la città. I cittadini nei commenti gli segnalavano giardinetti con topi e altre amenità, ma con benevolenza: come le mogli menate dai mariti, l’elettorato di questo secolo non crede ai fatti ma allo storytelling, e se il protagonista di Bad Sisters si autocertifica ottimo marito sicuramente lo sarà, e se al sindaco posso dare del tu e mettergli i cuoricini sarà di certo un ottimo amministratore.

L’importante è essere reperibili sui social e rispondere ai commenti, mica governare una città in modi che non la facciano sembrare ferma al 1982 (ma senza che in radio passi Non sono una signora). Alla signora Magda, il sindaco ha risposto che presto sarà accontentata. E questo è un problema.

Si dà infatti che l’unica miglioria semimoderna di Bologna sia la raccolta, una volta a settimana, della carta e della plastica. Nelle città civili i sacchi si mettono fuori all’alba e vengono raccolti la mattina presto. A Bologna, dove mica la peggior organizzazione di raccolta rifiuti poteva fare una cosa ben fatta, si lasciano tra pomeriggio e sera, tra le sei e le dieci, e vengono ritirati la notte.

Scrive Magda: avevi detto che avresti tolto la raccolta in centro della plastica e della carta in quegli orribili sacchi (e non solo) che compaiono già nel primo pomeriggio, cos’era, la solita promessa elettorale [cinque punti interrogativi, cinque].

A Magda, che vive in una città in cui ci sono i cassonetti, santiddio, i cassonetti, sembra che il problema sia che un pomeriggio a settimana vede la carta fuori dai portoni. Perché Magda, povera donna, vive a Bologna, dove i cassonetti non hanno mai smesso d’esserci, non essendo il 1982 mai finito: quando ti trovi in una relazione disfunzionale, tutto quel che accade al suo interno ti pare la normalità. Probabilmente non si capacita siano scomparsi i telefoni a gettoni, Magda. Magda, povera donna, al telegiornale vede i cassonetti debordanti di Roma che la autorizzano a pensare ci sia chi sta peggio: mica vede mai le parti civili d’Italia, quelle normali.

E Matteo (Magda e Matteo, che bella coppia) la rassicura: siamo al lavoro per superare il sistema del porta a porta. Ma sì, togliamo l’unica cosa che funzionicchia e mettiamo degli altri cassonetti, poi il ritorno ai gettoni telefonici e però a quel punto anche Vota la voce in piazza Maggiore, se viaggio nel tempo dev’essere.

Il mio principale terrore è che il mio amico romano abbia ragione. Quando, ogni volta che gli narro della sporcizia di Bologna, dell’inefficienza di Bologna, della poca voglia di lavorare di Bologna, dell’arretratezza di Bologna, gongola: adesso Roma ti sembra la Svizzera, eh? E poi pronostica che tornerò a vivere lì, scusandomi per averla per decenni diffamata e bistrattata e considerata la peggiore città del mondo, mentre era solo una Bologna più estesa.