Può accadere d’essere così convinti d’essere nel giusto da non prendersi il disturbo d’argomentare, e che quindi i cattivi risultino più efficaci nell’esposizione delle loro argomentazioni rispetto ai buoni, e guadagnino più consenso?
Lunedì, mentre come tutte quelle (poche) che non sono diventate antiabortiste appena smesso d’essere fertili ero in preda allo sconforto perché, sulla Stampa, c’era un articolo di Eugenia Roccella più centrato nel difendere l’avversità all’aborto di quanto lo siano in genere le difese di quella possibilità, ho acceso la tv.
Enrico Mentana era ancora in diretta nonostante il governo avesse ormai giurato e al discorso della Meloni alla Camera mancassero diciotto ore. Neanche il tempo di dire mandatelo a san Patrignano, disintossicatelo da questo bisogno di diretta quotidiana, ed è arrivato il capolavoro.
Il filmato, che io non avevo mai visto e di cui nessun redattore televisivo pagato per farlo si era evidentemente ricordato o accorto negli ultimi mesi, era di quando Giorgia Meloni aveva ventinove anni, e se l’avessero trasmesso un mese fa mica lo so chi avrebbe arginato il consenso della bionda (ora mi dicono che sono sessista perché voglio rimettere al suo posto una donna di potere enfatizzandone il colore di capelli: che fatica).
È il 2006, su Mtv va in onda un programma intitolato “Avere vent’anni”, lo conduce Massimo Coppola, forse l’uomo più detestato da chiunque in quel mondo in cui pure abbondano le antipatie che è la cultura italiana. Nella meravigliosa tranche di cui ci ha fatto dono Mentana, Coppola segue Meloni, allora presidente di Azione Giovani e che di lì a poco diverrà per la prima volta deputata (e vicepresidente della Camera), in uno studio televisivo dove si confronterà con Giorgio Napolitano (non ancora presidente della Repubblica), e poi insiste per riaccompagnarla a casa a filmare la sua collezione di angeli (lei obietta: «mia madre non sarebbe contenta, quella poi si deve vestire», e già lì sono un milione di punti-eleggibilità).
A volte le cose di quindici anni prima sembrano di centocinquanta, e questo meccanismo di relativismo mnemonico riluccica quando Coppola chiede a Meloni dei Pacs. I Pacs, mamma mia, neanche i 45 giri sembrano così antichi. E poi ci furono pure i Dico, che vatti a ricordare in cosa differissero. Non mi ricordavo quale fosse stato l’atteggiamento perdente della sinistra in quel caso, finché Coppola non lo incarna.
Dice Coppola a Meloni, indicando l’operatore che li sta filmando, eh ma sei io e lui restiamo vedovi e vogliamo andare a vivere insieme perché non abbiamo abbastanza soldi per stare da soli, e mi risale un camion di madeleine digerite meno della peperonata: le vecchiette! La sinistra fu così fessa e vile da non dire che voleva regolamentare le relazioni omosessuali, ma da nascondere i Pacs sotto il ricatto della vecchietta rimasta sola che vive con un’amica perché con due pensioni forse si campa. Che imbarazzo. Che consuetudine.
È così per tutto. Non vogliamo una legge sull’aborto perché mica sarete scemi a pensare di farci partorire a forza figli che non vogliamo, no: la vogliamo per usarla pochissimo, giurin giuretta, ci serve perché altrimenti le donne moriranno di aborto clandestino, non vi sentite in colpa, e comunque sappiate che ogni (rarissima) volta che useremo una legge che c’è soffriremo tantissimo.
Non vogliamo che quelli nati col pisello possano essere chiamati in modi femminili perché ognuno deve potersi sentire e far chiamare come gli pare, e se uno si realizza a fare la sorella Bandiera non solo sul palco ma anche nella vita chi siamo noi per vietarglielo: vogliamo diritti per i transessuali perché sennò si ammazzano, non la vedi l’epidemia di suicidi dei Gennaro che non possono farsi chiamare Maria Concetta?
La sinistra, le questioni di diritti civili, le ammanta sempre di ricatto morale che sottintende: non è un diritto cui abbiamo diritto perché è incivile non avercelo, è una concessione che ci fate perché sennò succedono cose bruttissime che succedono nello zero virgola qualcosa dei casi che questo diritto dovrebbe regolamentare.
Giorgia Meloni, che è più sveglia di Coppola (il quale, capendo l’immaginario come io capisco il calcio, la cazzia per aver detto che il suo testo politico di riferimento è “Il signore degli anelli”), ma soprattutto è molto più sveglia di noi, gli dice ma è un finto problema, «Lo Stato tende a normare quello che è utile, lo Stato non norma l’amicizia, te lo sei mai chiesto perché? L’amicizia è una cosa brutta? L’amicizia è la cosa più bella che esiste al mondo. Lo Stato tende a normare ciò che serve per la sua crescita, quindi norma la famiglia perché la famiglia procrea e manda avanti la società» (Coppola, che è fesso come il retore medio di sinistra, obietta «ma sai quanta parte del pil è prodotta dagli omosessuali»; lei, che è generosa con l’avversario in difficoltà, non gli chiede quanto pil producano le vecchiette con la pensione bassa).
La Meloni – che essendo di destra difende una linea di destra: è necessario ribadirlo giacché viviamo in un contesto che trasecola pure se il Papa fa affermazioni da cattolico – gli dice ma tu non vuoi che la vecchietta possa stare in ospedale al capezzale dell’altra vecchietta perché è sul suo stato di famiglia, tu vuoi equiparare le convivenze gay al matrimonio. «Che vuol dire che hanno le stesse prerogative del matrimonio?». Coppola non raccoglie il sottinteso, e cioè: quindi tu vuoi far adottare bambini ai busoni, scostumato.
Ma, se il sottotesto non osano esplicitarlo quelli che propongono le leggi, possiamo aspettarci che lo espliciti un conduttore di Mtv? Se mai una deputata è andata in tv a dire state dicendo che volete far partorire le donne a forza, rendiamoci conto, certo che esiste l’aborto ed esisterà sempre e sarà sempre un nodo etico che non si risolve, ma siccome non potete mettermi un tappo e farmi restar dentro per obbligo un feto che si sviluppa allora ce ne si fa una ragione: se è consentito tagliare la corda dello scalatore dietro di me per non far morire pure me in montagna, è consentita anche quella pratica per la quale io non faccio un plissé e che voi invece pensate sia strage d’innocenti – se mai una deputata è andata in tv a dire anche solo «certo che ho abortito, come tutte», possiamo mai pensare che le pensatrici di sinistra trovino formule più efficaci di «se sei contro l’aborto, non abortire»?