Adesso Enrico Letta deve dimostrare di saper mantenere il suo partito sulla linea chiara del sostegno all’Ucraina anche con l’invio di armi. Il Partito democratico traballa, perde pezzi, sbanda: i tre incredibili voti contrari di altrettanti europarlamentari dem su una limpida risoluzione del Parlamento europeo che bolla il regime di Vladimir Putin come «sponsor del terrorismo» non è un buon viatico per il voto che ci sarà martedì a Montecitorio, quando si discuteranno le mozioni sulla guerra della Russia all’Ucraina.
Ne avevamo parlato già diversi giorni fa, mettendo in evidenza che per il partito si pone il problema di confermare senza giri di parole l’appoggio a Kyjiv, anche con la prosecuzione dell’invio di armi, rischiando il dissenso di deputati come Elly Schlein, Gianni Cuperlo, Graziano Delrio e altri legati all’idea che occorrano strategie di pace più che armi. Che è poi la posizione di Giuseppe Conte che presenterà una mozione appunto contro il sostegno militare.
Il partito di Letta dovrebbe reggere su una linea di continuità con la posizione di pieno sostegno all’Ucraina e assoluto appoggio al suo «diritto all’autodifesa» – questa potrebbe essere la formula – ma non è ancora chiaro come raggiungere l’unità del gruppo parlamentare che si riunirà oggi.
Sulla discussione peserà inevitabilmente l’incredibile voto contrario di tre europarlamentari Pd a Strasburgo su un documento che, con altre parole, definisce il regime di Mosca come uno «Stato canaglia»: si tratta di Pietro Bartolo, Andrea Cozzolino e Massimiliano Smeriglio. Hanno addirittura scavalcato i grillini, che si sono astenuti: «Non è il momento del muro contro muro», hanno detto i contiani, esprimendo il concetto più tragicomico che si potesse escogitare nel giorno del bombardamento russo sull’ospedale di Zaporizhzhia che ha causato la morte di un neonato.
I tre del Partito democratico hanno anche fatto di peggio votando contro. Bartolo e Smeriglio in realtà sono due “indipendenti”, il primo è il noto medico di Lampedusa, mentre il secondo è un ex Rifondazione, poi Sel, che per un certo periodo – non sapremmo spiegare perché – figurava anche nella Direzione del Partito democratico. Infine, Cozzolino è stato a lungo leader dei Democratici di sinistra di Napoli ed è europarlamentare dal 2009.
Smeriglio ha detto che «indicare la Russia come un Paese terrorista è un punto di non ritorno che allontana una soluzione politica», una linea che ricorda quella che nel 1938 a Monaco aprì la strada a Hitler.
I tre hanno creato al Partito democratico una situazione imbarazzante perché votare contro un documento che indirettamente è la base politica per giustificare nuove sanzioni, e per far crescere l’isolamento di Putin, significa disertare il campo del sostegno pieno alla Resistenza ucraina: si può arzigogolare quanto si vuole ma è impossibile sfuggire a questa lettura.
Naturalmente la risoluzione è passata a stragrande maggioranza con il pieno sostegno dei socialisti e democratici europei oltre che dei popolari e dei liberali, ma per questo la macchia dei tre dem è ancora più vistosa. Anche perché può diventare un punto di riferimento per i malpancisti-neutralisti che, come detto, sono presenti anche nel Parlamento italiano.
È ovvio che Letta non può mollare sull’unica questione su cui ha raccolto un larghissimo consenso – fuori e dentro il Partito democratico – anche se andando alla manifestazione del 5 novembre, la cui piattaforma non menzionava le armi, ha dato fiato ai sedicenti neutralisti che girano nella sinistra tradizionale e che ancora inseguono la giravolta sinistrorsa dell’avvocato del populismo. È l’ultima croce che il segretario dimissionario deve incollarsi ed è moralmente la più pesante.