Energia per la vittoriaL’Ucraina ha bisogno di generatori di corrente per passare l’inverno

La richiesta (e il ringraziamento) dei sindaci di Bucha e Leopoli ai colleghi italiani durante l’assemblea dell’Anci. La premier Meloni risponde all’invito e promette un viaggio nel Paese

Kyjiv al buio sotto la neve
Andrew Kravchenko AP/LaPresse

All’Ucraina servono generatori. Ne ha bisogno come delle armi, mentre cade la prima neve che renderà più poetiche le foto, ma testimonia soprattutto l’arrivo del gelo. I bombardamenti russi hanno martoriato centrali e linee elettriche, per privare i cittadini di acqua e riscaldamento. Sono cominciati i razionamenti di corrente. «Non ci arrenderemo mai» dicono i sindaci ucraini ai loro colleghi italiani all’assemblea dell’Anci. Per alimentare la resistenza di oggi che è la vittoria di domani, chiedono una nuova mobilitazione e la platea di Bergamo gliela promette.

L’Europa vuole donare trasformatori, attraverso la rete delle sue duecento più grandi città. Il Parlamento europeo ha definito il regime di Vladimir Putin per quello che è: uno Stato sponsor del terrorismo. «Penso sia stata presa una decisione forte, che ci dà nuove possibilità – commenta a Linkiesta il sindaco di Leopoli, Andriy Satovyi –. Abbiamo bisogno di nuovo supporto militare e umanitario per raggiungere insieme l’obiettivo comune. Credo nella nostra vittoria e che i governi dell’Ue possano darci ancora più sostegno».

Anche il primo cittadino di Bucha, Anatoliy Fedoruk, spera nel passo successivo. «Questo male che si è abbattuto sulla nostra terra, questi crimini di guerra devono essere puniti perché non si ripetano più», dice in collegamento dal suo ufficio. Il mandante del Cremlino deve finire davanti a un tribunale internazionale. Fedoruk racconta il rammarico per il conflitto, che ha fermato una fase di sviluppo per il suo comune, e propone ai municipi italiani una collaborazione paritaria. «È in corso un’offensiva non verso l’Est dell’Ucraina, ma dell’Europa. Dobbiamo fermare l’avanzata perché dipende solo dalla distanza, ma siamo tutti in Europa».

Kyjiv al buio dopo un bombardamento russo
Kyjiv al buio dopo un bombardamento russo (Evgeniy Maloletka AP/LaPresse)

Era prevista anche la partecipazione del sindaco della capitale, Vitalij Klyčko. È saltata per ovvie ragioni. «Siamo sotto attacco, Kyjiv è al buio» ha scritto. Altri ospiti istituzionali hanno dovuto rinunciare, a causa dell’emergenza in patria. Satovyi è qui anche per loro. «Ho deciso comunque di venire per poter ringraziare personalmente il sindaco Gori e i suoi colleghi che non hanno avuto paura e sono andati in Ucraina a vedere com’era davvero la situazione».

Dopo il gemellaggio della città con Bergamo, Giorgio Gori è andato a Bucha lo scorso giugno. «È diventata il simbolo della tragedia a cui è sottoposta la popolazione civile. Non è stato un luogo di conflitto tra eserciti, ma di occupazione delle truppe russe. Tra la fine febbraio e marzo, per un mese sono stati lì e hanno ucciso a sangue freddo quasi cinquecento civili, nelle loro case, nelle strade». Gori ricorda «il terreno accanto alla chiesa di Sant’Andrea», la fossa comune per quelle vittime. Chiude il suo intervento chiedendo all’Italia di riconoscere l’Holodomor, il genocidio perpetrato dai russi nell’altro secolo.

C’è ancora bisogno di aiuto. Il sindaco di Leopoli descrive una quotidianità precaria. «Da noi arrivano tanti feriti: il nostro ospedale municipale ne ha accolti undicimila». Si ferma e ripete quel numero. Undicimila. «Feriti» fa pensare a un bollettino militare, ma in una guerra dove Putin ha violato sistematicamente il diritto internazionale significa soprattutto civili. «Non sono un medico, il mio dovere è essere accanto ai cittadini. Come sindaco devo garantire le operazioni chirurgiche, procurare le protesi, organizzare l’assistenza psicologica». Per questo il suo appello include attrezzature di riabilitazione, fonti di energia alternativa, generatori diesel.

Il sindaco di Leopoli, Andriy Satovyi
Il sindaco di Leopoli, Andriy Satovyi (Tiziano Manzoni/LaPresse)

«Se ogni città italiana ne potesse comprare uno o due e mandarli in Ucraina sarebbe d’incredibile aiuto». Ci tiene a ringraziare, lo farà più volte, per l’accoglienza. A Linkiesta cita «ogni singola famiglia italiana che ha ospitato cittadini ucraini. È importante in questi giorni sentire i cuori aperti. Sono venuto in Italia e vedo occhi e cuori aperti, vi vogliamo bene, grazie» si commuove quasi. Dal palco ha detto che per lui l’Italia era il simbolo di una nazione libera e ha invitato nel suo Paese la premier Giorgia Meloni.

«Quando andrà a trovare Volodymyr Zelensky, mi deve dare la sua parola che passerà dalla mia città, le dobbiamo far assaggiare il nostro ottimo caffè». La presidente del Consiglio, in collegamento da Palazzo Chigi, accetta: «Affare fatto». Del suo «prossimo viaggio», dice, ha già parlato con Zelensky. «Verrò anche a Leopoli per conoscerla di persona e assaggiare il caffè, che di questi tempi aiuta» scherza. È più di un siparietto. Nel suo discorso, Meloni ha rivendicato che «il governo italiano continuerà a essere fieramente schierato a sostegno della causa ucraina».

Pure il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha elogiato gli sforzi dei Comuni italiani. «Anche quelli in difficoltà economiche hanno aperto le porte delle loro città a chi fuggiva dalla guerra. Hanno dimostrato lo spirito di solidarietà nel cuore di ogni italiano, che sa sempre tendere la mano a chi soffre. È questa l’Italia che ci piace». Sono 172 mila gli ucraini accolti nel nostro Paese da febbraio a oggi.

Non è finita. Generatori e trasformatori servono tanto quanto le munizioni. Perché, come dice Satovyi, «oggi in Ucraina si sta decidendo come sarà il mondo del futuro. Togliere la libertà è come togliere l’ossigeno, una persona muore. Noi combattiamo perché il nostro popolo possa respirare. Il nostro esercito non sono quattrocentomila soldati, sono quaranta milioni di ucraini».

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