«Viviamo un periodo unico nella storia, caratterizzato da volatilità e incertezza. Le aziende stanno cercando di trovare la loro strada in un futuro in continua evoluzione». Luca Semeraro, amministratore delegato di LHH Recruitment Solutions Sud Europa, descrive così la situazione attuale del mercato del lavoro, tra l’uscita dalla pandemia e la crisi energetica in corso. «Negli ultimi due anni abbiamo assistito, via via, a un boom occupazionale e c’è stata una sorta di rush alle assunzioni», spiega. «Con la crisi energetica, lo scenario bellico e l’inflazione galoppante, si potrebbe pensare ora che le società stiano fermando la corsa per attrarre i talenti. In realtà, non è così. È ancora molto difficile trovare le risorse giuste».
E risulta difficile, dice Semeraro, soprattutto perché «è cambiato lo scenario in cui i candidati si muovono». Il fattore retributivo rimane pur sempre il motivo primario per cui si cambia lavoro, soprattutto in un contesto di inflazione galoppante. Eppure, ci sono anche altri aspetti che contano.
«Un quarto dei lavoratori proverà a cambiare impiego nei prossimi mesi», spiega il manager. «In primis perché si cerca una retribuzione più adeguata non solo alle proprie competenze, ma anche all’aumentato costo della vita. Ma sempre di più si cercano anche un migliore bilanciamento con la vita privata e regimi di lavoro flessibili. I candidati desiderano aziende che mettano al centro le persone, datori di lavoro che diano fiducia e offrano possibilità di formazione, ma che dimostrino anche un’attenzione concreta a valori quali l’inclusione, la diversità, il rispetto ambientale e sociale. Ad esempio, non basta dire che si pianta un albero ogni tot di fatturato; i candidati, sempre più spesso, vogliono conoscere le reali azioni che le aziende mettono in campo per ridurre le emissioni di CO2».
Insomma, il paradigma sembra essersi ribaltato rispetto al passato. In un contesto in cui le competenze maggiormente richieste dal mercato sono sempre più rare, è il candidato che sceglie l’azienda e non viceversa. «In verità non mancano i talenti», dice Semeraro. «Mancano le competenze. Nel mondo ci sono 35 milioni di posizioni vacanti per mancanza di competenze».
Proprio per rispondere alle esigenze di un mercato così complesso e dinamico, LHH ha recentemente messo in atto un’evoluzione che l’ha portata a diventare una realtà in grado di gestire il talento in tutti i suoi aspetti e di guidare aziende e persone lungo l’intero ciclo professionale. LHH Recruitment Solutions nasce dall’unione di Badenoch + Clark e Spring Professional, diventando così un unico punto di riferimento per l’head hunting in Italia.
Oggi LHH offre alle aziende servizi di gestione delle risorse umane, dalla ricerca e selezione dei candidati fino alla formazione delle risorse con progetti di upskilling e reskilling. «Da un lato aiutiamo le aziende a trovare le giuste risorse in modo che siano maggiormente produttive, più velocemente, dall’altro mettiamo in atto percorsi di assessment che consentano di comprendere quali sono le competenze che occorrono all’azienda, quali sono quelle già presenti ed, eventualmente, formiamo le persone su skill che non posseggono. Per ultimo, ove fosse necessario, accompagniamo i lavoratori verso una transizione occupazionale», spiega Semeraro.
Ma se le competenze rappresentano sempre più degli asset strategici per le aziende, diventa importante non solo attrarre i talenti, ma anche trattenerli. «Retribuzione, percorsi di formazione, ambiente empatico e che dia fiducia, con valori condivisi dal candidato, sono i fattori decisivi», dice Semeraro.
E in questo cambio di paradigma, i manager diventano fondamentali. «Molti stanno vivendo una trasformazione a cui non erano abituati», conclude Semeraro. «Spesso sono i leader i primi ad aver bisogno di acquisire le competenze giuste per instaurare un clima di fiducia e sviluppare l’intelligenza collettiva necessaria a un’azienda per raggiungere il successo sul mercato».