Regali all’industria fossile L’ardua questione dei permessi per inquinare gratuitamente in Unione europea

Bruxelles finisce nell’occhio del ciclone dopo il report del Wwf sui proventi del mercato del carbonio. Le aziende inquinanti avrebbero ricevuto dall’Ue quasi cento miliardi tra 2013 e il 2021, ma la Commissione ha già messo nero su bianco le proposte per tappare questo buco del sistema Ets. Intanto, i negoziati per riformarlo sono in stallo

Uno stabilimento chimico nel sud della Francia (AP Photo/LaPresse)

Chi inquina, deve pagare: questo è l’assunto concretamente ribadito al termine della Cop27 di Sharm el Sheikh. La realtà dei fatti, però, viaggia spesso su un binario diverso rispetto alle (buone) intenzioni stabilite a livello istituzionale da governi e organizzazioni sovranazionali. Lo conferma una recente analisi del Wwf, secondo cui l’Unione europea avrebbe versato 98,5 miliardi di euro negli ultimi nove anni (dal 2013 al 2021) alle grandi aziende fossili, ossia quelle maggiormente responsabili delle emissioni di gas climalteranti. 

Questi (quasi) cento miliardi sarebbero giunti sotto forma di permessi di carbonio gratuiti, inseriti nel quadro del tanto discusso Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione europea (Eu-Ets). In vigore dal 2005, questa formula ha ridotto del 42,8 per cento le emissioni di gas serra delle industrie aderenti. In cosa consiste? Annualmente, ogni azienda europea inquinante riceve dei crediti per ogni tonnellata di anidride carbonica (o per l’ammontare equivalente di un altro gas serra) che può produrre secondo i limiti imposti da Bruxelles. 

A quel punto, le strade che può imboccare l’azienda sono due: usare quei crediti (che, ovviamente, non sono infiniti) per emettere gas serra nell’ambito delle sue attività produttive, oppure vendere alcune quote di emissione ad altre aziende, investendo «più del cinquanta per cento dei profitti» per tecnologie ecosostenibili (cosa che non sempre accade, come vedremo più avanti). 

Perché esistono i permessi per inquinare gratuitamente 
Considerando che il sistema Ets riguarda solo gli Stati membri dell’Ue, le ditte europee potrebbero decidere di trasferire in Paesi terzi (non Ue) le attività industriali più inquinanti, così da non pagare (o pagare meno) per le proprie emissioni. Per scongiurare questo rischio – con tutte le conseguenze economiche e occupazionali annesse – Bruxelles invia ad alcune di loro dei permessi di carbonio gratuiti (quelli sotto la lente del report del Wwf). Così, in pratica, possono continuare a inquinare qui. Gratis. Questi “aiutini” vengono solitamente concessi agli impianti considerati più «performanti». 

Il Wwf, però, sostiene che i permessi di carbonio gratuiti siano destinati a settori «ad alta intensità energetica» come quelli dell’acciaio, del cemento, dei prodotti chimici e dell’aviazione. Sono al momento escluse le aziende del settore marittimo, che presto verrà inglobato nel sistema Ets (il 29 novembre è stato raggiunto un accordo preliminare). Sempre nel periodo tra il 2013 il 2021, l’Unione europea avrebbe erogato più permessi di carbonio gratuiti (98,5 miliardi di euro) che quote “a pagamento” (88,5 miliardi), destinate alle centrali elettriche alimentate con il carbone o il gas. Fatta eccezione per il 2017 e il 2018, questa disparità è stata riscontrata ogni anno a partire dal 2013. 

In più, i permessi gratis non sarebbero stati accompagnati da obblighi stringenti per incrementare l’efficienza energetica degli impianti. E alcune aziende fossili, vendendo i crediti di carbonio inutilizzati, avrebbero ottenuto profitti complessivi a nove zeri. Il tema era già stato sollevato nell’aprile del 2022 da diciassette Ong che, attraverso un comunicato congiunto, avevano chiesto alla commissione Trasporti ed Energia dell’europarlamento di cancellare i permessi di carbonio gratuiti, definiti «inefficaci» e «fallimentari».

Tim McPhie, portavoce della Commissione europea per l’Azione climatica e l’Energia, ha detto a Linkiesta che «la maggior parte delle quote è ancora all’asta e che il quarantatré per cento viene assegnato gratuitamente. Oggi non vengono concesse quote gratuite per la produzione di elettricità, e la Commissione ha anche proposto di ridurre ulteriormente il numero di questi permessi a partire dal 2026. C’è una bozza attualmente in discussione».

Nello specifico, la Commissione europea – per quanto riguarda alcuni settori non specificati – ha «proposto di sostituire progressivamente l’assegnazione gratuita con una misura alternativa chiamata Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Cbam). Questa accelererà l’eliminazione graduale dei permessi gratuiti, garantendo una protezione continua contro la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio». 

Le entrate del sistema Ets usate in modo disonesto (e illegittimo) 
Nel mirino del Wwf non c’è solo il tema dei permessi di carbonio gratuiti, ma tutto il sistema Ets che – secondo il Guardian – potrebbe essere eliminato tra il 2032 e il 2036. Una riforma è in fase di negoziazione sui tavoli del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e della Commissione. Ma le trattative, come spiega Euractiv, sono al momento bloccate in attesa del round finale di colloqui previsto per il 16 dicembre. 

I calcoli del Wwf illustrano che solo il 57,8 per cento dei profitti derivanti dallo scambio delle quote di emissione verrebbe utilizzato per «una vera azione per il clima». Tuttavia, recita il report, è «impossibile esserne certi perché le rendicontazioni nazionali sulla spesa delle entrate Ets sono piene di errori e incoerenze». 

Sotto questo aspetto, come spesso accade, l’Italia è uno dei peggiori Paesi d’Europa. Tra il 2013 e il 2021 abbiamo speso il settantatré per cento delle nostre entrate derivanti dal sistema Ets (superiori ai sei miliardi di euro) per ragioni non correlate al clima. Peggio di noi ha fatto solo l’Austria (ottantasei per cento). Sono sei gli Stati membri ad aver speso meno del cinquanta per cento di quei guadagni per motivi non green. Negli ultimi nove anni, venticinque miliardi di entrate Ets sono finite direttamente nelle casse dei governi. 

I dati forniti a Linkiesta da Tim McPhie sono però difformi rispetto al report del Wwf: «Gli Stati membri, nel 2021, hanno speso il settantasei per cento delle loro entrate Ets per l’azione climatica». La percentuale scende leggermente (settantacinque per cento) per il periodo 2013-2020. «La Commissione – conclude McPhie – ha proposto di alzare l’asticella al cento per cento». 

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