Vicino all’Europa, lontano da PutinL’Ue archivia la stagione delle porte chiuse per ritrovare protagonismo nei Balcani

Bruxelles sta provando ad aumentare la sua influenza nella regione per ridurre le ingerenze di Russia e Cina. Il presidente serbo Vučić rinuncia allo strappo al summit di Tirana, ma agli Stati (in lista d’attesa da tempo) viene chiesto soprattutto di fermare i flussi migratori

Vertice Ue-Balcani 6 dicembre
Foto: Commissione europea

Chiunque di recente abbia percorso in taxi la superstrada che collega il centro di Belgrado all’aeroporto Nikola Tesla, non avrà potuto fare a meno di notare che su uno degli ultimi cavalcavia prima dello scalo internazionale campeggia un imponente scritta-graffito: «Remember: Kosovo is Serbia». Niente di particolarmente inusuale per la capitale serba, ma diciamo che in questo momento quella scritta è lo specchio di una tensione che negli ultimi mesi ha continuato a crescere, fino ad arrivare a toccare livelli che non si vedevano da anni.

Le crisi delle targhe
Le criticità dell’ultimo periodo hanno riguardato due temi all’apparenza non di primaria rilevanza: le targhe delle automobili e la nomina di un ministro kosovaro. Sulle targhe è stata trovata un’intesa in extremis nell’incontro di fine novembre a Bruxelles, quando Pristina aveva già iniziato a multare le auto che circolavano in Kosovo con una targa rilasciata in Serbia.

Il premier Albin Kurti non ha inizialmente voluto cedere alle pressioni dei partner internazionali che chiedevano al Kosovo di rimandare la decisione. Nemmeno a quelle degli Stati Uniti e questa è una notizia. È evidente che non si è trattato di una questione di targhe, ma piuttosto di un modo per mostrare i muscoli alla Serbia, che continua a volersi intromettere nelle vicende kosovare. L’accordo, seppur con grosse difficoltà, alla fine è stato trovato.

Le polemiche sono poi ripartite quando il premier kosovaro Kurti ha deciso di nominare «ministro per le comunità e il ritorno dei profughi» Nenad Rasić, politico serbo-kosovaro ostile a Belgrado. Una mossa che non è piaciuta affatto al Presidente serbo Aleksandar Vučić che ha chiesto all’Ue di condannare pubblicamente la nomina.

Questa condanna non è arrivata e Vučić ha minacciato di boicottare il summit di Tirana tra i leader Ue e quelli di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e, appunto, la Serbia. Lunedì c’è stato il dietrofront: il leader serbo deve aver capito che isolarsi da Bruxelles e dal resto dei Balcani in questa fase non è la migliore delle idee, viste anche le difficoltà che sta attraversando Mosca.

Il summit di Tirana
Quello di martedì a Tirana è stato il primo summit Ue-Western Balkans tenutosi fuori dal territorio dell’Unione. La commissione punta a consolidare i rapporti con i partner balcanici aumentando l’influenza sulla regione. Una delle sfide maggiori della cooperazione tra Ue e Balcani riguarda proprio il miglioramento dei rapporti tra Serbia e Kosovo.

La commissione sta lavorando a livello diplomatico con i due Paesi. «È  un momento importante per il dialogo Pristina-Belgrado» ha detto l’Alto Rappresentante dell’Ue Joseph Borrell. «Le parti devono impegnarsi nel dialogo con la proposta che abbiamo messo sul tavolo in qualità di mediatori, con il forte sostegno della Germania e della Francia. L’ultima versione del testo è stata inviata lunedì a Belgrado e oggi (martedì 6 dicembre per chi legge, ndr) a Pristina».

Bruxelles si aspetta anche una maggiore compattezza nella condanna all’invasione russa a Kyjiv. Anche in questo caso i riflettori sono puntati sul premier serbo Vučić, che oltre ad essere l’unico leader non allineato alle sanzioni contro la Russia, continua a mantenere rapporti stretti con Putin.

I Balcani occidentali «devono decidere da che parte stare: dalla parte della democrazia, questa è l’Unione europea, amica e partner. O se vogliono prendere una strada diversa» ha sottolineato la presidente von der Leyen ricordando che «Russia e Cina stanno cercando di esercitare un’influenza nella regione, ma l’Ue è il maggiore investitore e il partner più stretto per i Balcani occidentali».

Coerentemente con le sanzioni nei confronti di Mosca, l’Unione europea ha presentato la nuova piattaforma comune di acquisto del gas, il cui meccanismo è stato aperto anche ai Paesi dei Balcani. Lo scopo è di allontanare la Regione dal gas di Putin fornendo allo stesso tempo un’alternativa sostenibile.

L’Europa negli ultimi tempi sta provando ad esercitare con maggiore convinzione la sua influenza per migliorare la pacifica convivenza tra i sei Paesi della regione. Per raggiungere questo obiettivo, dopo anni di promesse, i vertici di Bruxelles sembrano voler accelerare il processo d’integrazione, anche e soprattutto per evitare di lasciare campo libero a Russia e Cina in una regione che confina nella sua interezza con l’Unione.

Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia del Nord hanno già avviato i negoziati per l’ingresso nell’Ue. La Bosnia-Erzegovina dovrebbe ottenere lo status di candidato a breve. Il Kosovo presenterà la propria candidatura entro la fine dell’anno, anche se in questo caso il percorso sembra un po’ più complicato visto che alcuni Stati, tra cui anche Spagna e Grecia, non ne hanno ancora riconosciuto l’indipendenza. Pare si stia lavorando anche a una soluzione ibrida che permetta ad alcune nazioni extra Ue di accedere al mercato unico.

Un processo di integrazione che per certi versi passa anche dal digitale: la Commissione in estate è stata la regista dell’operazione che ha eliminato i costi aggiuntivi di roaming e chiamate all’interno della regione e oggi a Tirana è arrivata anche l’intesa sulla riduzione delle tariffe tra Ue e Balcani occidentali.

Negli ultimi tempi, però, Bruxelles sta sfruttando questo desiderio di allargamento per reprimere l’arrivo dei migranti. I Balcani rappresentano uno dei più importanti snodi migratori alle porte dell’Europa e da gennaio a ottobre del 2022 ci sono stati oltre duecento ottanta mila attraversamenti irregolari sulla rotta balcanica, con un incremento del settantasette per cento rispetto allo stesso periodo del 2021.

Lunedì la Commissione ha presentato le nuove misure per la gestione dei flussi. La sensazione è che forzare politicamente gli Stati balcanici, che da anni chiedono l’adesione, perché non facciano entrare nei confini comunitari i richiedenti asilo non sia la più efficace delle soluzioni.

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