Non dico a tutti, ma forse a molti, e anche tra quelli che immediatamente e senza sosta hanno denunciato il carattere criminale della guerra all’Ucraina, sfugge la portata dell’orrore che quotidianamente governa la vita di quel popolo aggredito.
Dopo spiegherò perché la questione ha un punto di ricasco particolare, ma prima, appunto, dico questo: non so quanti di noi abbiano davvero presente che cosa siano non dico settimane o mesi, ma anche qualche ora di quella guerra. Arrivano notizie, fotografie, filmati, ma sono cose che restituiscono in modo insufficiente la realtà dei bombardamenti, della distruzione della vita civile, dei depositi di cibo, delle infrastrutture, delle linee degli approvvigionamenti, del tiro a segno dei cecchini, dei villaggi in mano alla soldataglia che saccheggia, impicca, stupra, e soprattutto non descrivono la pianificazione e l’attuazione del secondo Holodomor, il tentativo di genocidio per carestia e per freddo il cui possibile insuccesso non dipenderebbe dagli imbarazzi di chi lo prepara, ma solo dalle capacità di resistervi di chi ne è vittima.
E qui è il punto, qui il ricasco di cui dicevo: che non abbiamo fatto abbastanza, e che l’aggressione russo-nazista dell’Ucraina poteva essere fermata. Anche al di là delle evidentissime e purtroppo diffuse responsabilità, specie nel nostro Paese, del collaborazionismo pacifista, noi tutti siamo responsabili di non aver fatto abbastanza per contrastare una violenza criminale di proporzioni spaventose, di cui era prevedibilissimo lo sviluppo sempre più selvaggio. Pochi i nostri politici in visita laggiù, a dar segno di sé stessi e del nostro Paese. Pochi i plenipotenziari della nostra informazione a chiarire in faccia al mondo di ritenere imperativo l’aiuto incondizionato al popolo aggredito. Poche le manifestazioni di pubblica denuncia del crimine in corso. E anzi, proprio per il dilagare, qui da noi, del collaborazionismo pacifista, tanto più chi non vi si associava e pure lo contrastava avrebbe dovuto sentire l’urgenza di un impegno maggiorato.
E non c’è dubbio che se l’Europa e l’Occidente libero avessero fatto, come avrebbero potuto fare, di più, appunto la guerra all’Ucraina avrebbe potuto essere fermata da tempo. Le immagini di Kyjiv sotto nuovi bombardamenti, i bambini in corsa verso i rifugi, le città chiuse nel gelo, senza luce né acqua, sono il cupo riflesso della nostra inerzia. È una colpa che ci perseguiterà.