L’anno del coniglioCapodanno “bis”… per chi non ne ha avuto abbastanza

Sopravvissuti alle festività natalizie, pensavamo di esserci lasciati alle spalle le giornate mangerecce più impegnative. Per chi volesse replicare ci sono altre occasioni ufficiali, a patto di ampliare i propri confini culturali fino all’Oriente e oltre i confini del calendario solare

Foto di Jiachen Lin su Unsplash

«Cosa fai a Capodanno?» è forse la domanda più ripetuta a partire dalla seconda metà di dicembre in molti Paesi occidentali, dove l’ultima notte dell’anno è l’occasione per condividere tempo, fortuna e buoni propositi con amici e persone care (non necessariamente parenti). E se c’è chi si impegna con anticipo in preparativi, inviti e prenotazioni, chi si riduce all’ultimo nella speranza di lasciarsi alle spalle lenticchie e cotechini nel modo più indolore possibile, c’è anche chi non si tira indietro all’idea di fare il bis o il tris! Come? Lasciando momentaneamente il calendario gregoriano (o solare) per partecipare alle feste importate da culture diverse e alle celebrazioni con cui altri popoli danno il benvenuto al (proprio) nuovo anno. Non necessariamente il primo gennaio.

«Buon annoda tutte le Chinatown del mondo
Per gli appassionati di riti tradizionali e folklore esotico, un appuntamento imperdibile è il Capodanno cinese o “Festa di Primavera”, che si celebra nei diversi Paesi asiatici in cui si osserva il calendario lunisolare (come Cina, Malesia, Singapore, Filippine, Vietnam, Corea del Sud, Mongolia, Nepal) ma anche in tutte le città del mondo in cui queste nazioni hanno una forte rappresentanza (Londra, New York. Milano, Roma e persino Prato…). Nel 2023 cade domenica 22 gennaio (Chūyī, ovvero “primo giorno”), data che e segna ufficialmente l’ingresso nell’anno del coniglio (), segno d’acqua dello zodiaco cinese e simbolo di pace, libertà, saggezza, intelligenza e affidabilità, ma anche cambiamenti, progressi e innovazioni.
In realtà le celebrazioni dureranno 16 giorni: dal 21 con il cenone della vigilia (Chúxī, che in italiano si può tradurre con “sbarazzarsi della sera”), fino al 5 febbraio con la Festa delle Lanterne, fra decorazioni rosse per scongiurare la malasorte, fuochi d’artificio, Danze del Leone, sfilate allegoriche e, ovviamente, tanti piatti tradizionali da gustare a scopo beneaugurale (oltre che per soddisfare il palato!).

Piatti tradizionali e ingredienti fortunati: cosa mangiare per celebrare il nuovo anno
In cima alla lista dei cibi fortunati immancabili nel Capodanno cinese figura il pesce (bollito, brasato o cotto al vapore), considerato fonte di abbondanza, denaro e fortuna: non a caso il termine generico cinese “pesce” () suona come la parola “ricchezza” e lo stesso vale anche i nomi delle diverse specie ittiche consumate in questo periodo, come jìyú (carpa carassio), dal suono simile alla parola che significa “buona fortuna”; lǐyú (carpa cinese) il cui primo carattere ha lo stesso suono della parola ovvero “regalo”; niányú (pesce gatto) che ha lo stesso identico suono di nián yú (“surplus”).
Altro piatto immancabile, soprattutto nella Cina del Nord, sono i ravioli (jiǎozi): una pietanza classica con più di 1800 anni di storia, che in occasione del Capodanno vengono farciti in modo ricco (con carne macinata di maiale, pollo o manzo, gamberetti, pesce, cavolo o ravanelli) e chiusi rigorosamente a lingotto (ovali, a forma di una barca con le estremità rivolte verso l’alto), prestando grande attenzione al numero di pieghettature che si formano quando si richiudono e allo spessore della pasta (nei punti di giuntura non deve essere troppo sottile, segno di povertà per l’anno a venire). Dopo essere stati bolliti, fritti, cotti al vapore o al forno, vengono serviti rigorosamente disposti in file e mai in cerchio, perché il cerchio significa che la vita continuerà a girare su se stessa senza alcun progresso.
Altri cibi previsti, soprattutto nella Cina orientale, sono gli involtini di primavera (Chūnjuǎn), una tipologia di dim sum a base di verdure, carne o ingredienti dolci che vengono avvolti a cilindro all’interno di una sfoglia e fritti fino a risultare dorati come dei lingotti, e gli spaghetti della longevità (Chángshòu Miàn), più lunghi degli spaghetti normali, che possono essere saltati in padella o bolliti e presentati in brodo ma che, per scaramanzia, non devono essere spezzati quando si servono né mentre si mangiano.
Infine non mancano neppure le palline di riso dolci (Tāngyuán) simbolo dello “stare assieme”, la torta di riso glutinoso con zucchero, castagne, datteri cinesi e foglie di loto, il cui nome cinese (Niángāo) suona come la frase “elevarsi di anno in anno” e i frutti della buona sorte, come mandarini (), arance (chéng) e pomelo (yòu), che sia per assonanza di pronuncia sia per forma e colore evocano ricchezza, fortuna e possesso materiale.

La “cena del ritrovo” sulle tavole d’Occidente
In Cina, dalle grandi città alle zone rurali, il Capodanno è un momento di riunione per la famiglia (proprio come per noi il Natale), che di solito prende parte in forma “allargata” alla cosiddetta “cena di ritrovo”, il pasto più importante dell’anno. Questo momento è preceduto e seguito da celebrazioni pubbliche, mercati e fiere in cui si trova una grande varietà di prodotti e ingredienti tradizionali necessari per preparare piatti tipici spesso riservati esclusivamente a questa occasione.
Per rivivere questa atmosfera non è necessario volare fino a Pechino o Shangai: basta scegliere tra i tanti ristoranti delle città occidentali che, in questa occasione, mettono a disposizione dei loro clienti (connazionali e non) un menu speciale pensato per fargli assaporare il gusto di questa festa, declinato nelle sue molte varianti locali (da Canton al Sichuan).

A Milano tra le tante location esotiche tra cui scegliere c’è il Giardino di Giada, in pieno centro storico: un ristorante dalla storia decennale, aperto dalla proprietaria Carmen nel 1976 con il nome “La Muraglia” per portare all’ombra della Madonnina i sapori sconosciuti della Cina Continentale.
Oggi alla guida della cucina c’è il figlio Gigi Chin che per questo Capodanno propone, il 21 gennaio, una serata “cultural-gastronomica” a base non solo di specialità propiziatorie (come i Nian Gao, gnocchetti di riso; il Tu-Zi coniglio stufato; il Nian Nian You Yu, branzino al vapore; il Dong Po Rou o “Pancetta del Poeta”; Disan Xian, letteralmente “I Tre Tesori della Terra”) ma anche il racconto della “Leggenda del Calendario cinese” e dei 12 animali del suo zodiaco, l’oroscopo per questo 2023 e l’accompagnamento musicale del Gu-Zheng, uno strumento tradizionale le cui note permetteranno di sentirsi davvero trasportati nel “Paese di Mezzo”.

Altrettanto caratteristica l’offerta di Il gusto della nebbia, un locale più giovane (aperto nel 2017) che fin dal nome rievoca l’atmosfera misteriosa della città di Chongqing, nella provincia di Sichuan, avvolta dalla foschia per 100 giorni all’anno, dove è nato e cresciuto lo chef-patron Wu Jun Xin (noto in Italia come Lampo Wu). Anche l’offerta culinaria è autentica, fiera e intensa: nel menu spiccano lo Xiao Mian (non chiamatelo Ramen!), cioè i noodles in brodo o asciutti, con carne o senza (spesso presenti con proposte fuori menu settimanali), i wonton (ravioli) ripieni di gambero e maiale, e i bao (panini al vapore con bocconcini di maiale fritto e salsa di sesamo), ma il Capodanno può essere l’occasione per osare con altri signature dish come l’Uovo centenario (un uovo di anatra fermentato per 100 giorni in un composto di acqua, sale, carbone e ossido di calcio che gli dona un caratteristico colore nero), il Vulcano Tofu (ossia tofu servito in brodo bollente, molto piccante, speziato e profumato) e il Manzo in zuppa piccante. Immancabile l’accompagnamento di una ciotola di riso bianco, necessario per smorzare la piccantezza dei brodi e soprattutto delle salse, frutto di ricerche e ricette di famiglia, come la “speciale Yibinese” che comprende 16 spezie, tra cui i tipici peperoncini in salamoia Ya Cai.

Da segnalare anche Bon Wei, il primo ristorante di alta cucina regionale cinese nel capoluogo lombardo che, dall’apertura nel 2010, in occasione del Capodanno offre una raffinata esperienza sensoriale basata non solo sulle specialità della Cina contemporanea ma anche su un interessante abbinamento con il meglio della produzione enologica internazionale. Quest’anno, dopo l’ultimo menu ad hoc (anche delivery) dedicato all’ingresso nell’anno della Tigre, con abbinamento alle bottiglie di Amarone selezionate da Le Famiglie Storiche, chef Zhang Guoqing ha firmato (per la sera del 22 gennaio 2023) una degustazione di 10 portate: Zuppa di zucca, capasanta e foglia d’oro; Gambero fritto in forma di hulu, salsa di prugna e scaglie di mandorla; Delizia di manzo in crosta di tofu affumicato; Crispy Yà (insalata di anatra croccante, pomelo e pistacchio caramellato); Niángāo (gnocchi di riso di Capodanno con granchio di laguna e zenzero); Il riso dell’Imperatore (riso Venere, anatra arrosto e foie gras); Huángshí bān yú (cernia gialla al vapore, salsa di soia nera e peperoncino); Xian-gu (fungo shiitake ripieno di carne di maiale e pak choi); Filetto di manzo saltato nel wok in salsa chili nera e La doppia fortuna dolce (Rice crispy roll, soia rossa e arachidi caramellate, più Baozi in forma di coniglio, latte di cocco e tuorlo d’uovo vanigliato). Più altri piatti fuori menu che resteranno in carta per due settimane, fino alla Festa delle Lanterne. Ad accompagnarli, 7 etichette di nicchia scelte insieme a Distribuendo Wine & Spirits. Ma non solo: per un brindisi speciale ci saranno due bottiglie di Champagne personalizzate (due esemplari unici, con tanto di certificato, rispettivamente di Salon Blanc de Blancs Le Mesnil – Brut 2012, e di Cristal Rosé 2009 Louis Roederer), che lo street artist Teo Kaykay ha decorato con gli stessi strumenti con cui esegue i suoi graffiti (spray a mano libera). Una delle due bottiglie verrà messa in vendita a partire dalla serata stessa, l’altra resterà nella collezione di Bon Wei.

Spicca per la ricercatezza del pairing anche Mu Dimsum, il locale aperto 4 anni fa e gestito da Suili Zhou, che oltre alla classica carta dei vini propone anche una carta dei tè dalla quale emerge l’attenzione affidata a questa bevanda e al suo ruolo di accompagnamento a tutto pasto. In occasione del Capodanno l’abbinamento sarà con un menu ad hoc di 8 portate ricco di simbologia: dal pre-dessert, un dolce a base di riso glutinoso fermentato, tipico del Capodanno in famiglia dello chef, agli immancabili dim sum (la pasta ripiena che include Har Gau, Shao Mao e Xiao Long Baro) simbolo di ricchezza; dai noodles simbolo di lunga vita (per l’occasione all’astice), agli involtini primavera, che raffigurano l’augurio di ricevere quanto più denaro possibile; dalla pasta in brodo con ragù di agnello e verdure fermentate piccanti, al pesce (canocchie marinate al vapore, seppia in brodo con verdure fermentate e rombo saltato con verdure) che rappresenta la prosperità, fino al pollo saltato con mandorle e funghi, e al dolce al mandarino, che indica la fortuna.

A Roma, città gemellata con Pechino dal 1998, il Capodanno cinese si festeggia in Piazza Vittorio Emanuele II ma anche nei locali impegnati a celebrare questa ricorrenza, come Dao, il ristorante di Jianguo Shu, che già dal nome evoca un ideale di vita (quello di una rotta da seguire e della ricerca di equilibrio) ma anche uno stile di cucina, basato sull’armonia di sapori e consistenze, sulla volontà di far meditare sul cibo, sul tempo e sull’atto del suo consumo; il tutto allo scopo di generare piacere, ma anche consapevolezza e cultura. Per l’occasione lo chef ha ideato un menu degustazione con piatti “portafortuna” inediti: si inizia con il Rou juan (involtini di maiale con spezie cinesi) e il Tangbao (il “raviolo di zuppa”, piatto simbolo di ricchezza, ripieno di maiale, granchio, zenzero, salsa di soia, salsa di ostriche e pepe bianco) e si prosegue con i Baozi yi mian (gli spaghetti con il prezioso abalone e il suo succo); Yu zi kao ya (“sfizi” di anatra alla pechinese su crostino di pane e caviale); Tang qin ya si (anatra saltata con sedano cinese e peperoni); Suan tang yu pian(merluzzo con funghi enoki con salsa di zucca e aceto piccante); Shang tang bo cai (spinaci saltati con vongole e funghi di paglia). Si termina con i Tangyuan (palline di riso ripiene di crema di sesamo nero servite in brodo al profumo di fiori di prugne, che simboleggiano lo stare insieme, l’integrità e l’unione familiare). Ma non mancheranno neppure i bon bon di riso e le Hong Bao, buste rosse, oggetti beneaugurali offerti a tutti i commensali.

Tra le altre città italiane in cui il Capodanno cinese è un evento di tutto rispetto (come Padova, Venezia, Prato) c’è anche Napoli, che in questa occasione diventa teatro di festeggiamenti molto meno “chiassosi” rispetto a quelli che la contraddistinguono durante il Capodanno “nostrano”. Tra gli eventi e le iniziative che da alcuni anni si rinnovano spiccano quelli organizzati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) da Istituto Confucio, Associazione culturale “Ciao Cina” e Livecode Full Media Agency. Qui il 21 gennaio si terranno dimostrazioni di ogni genere: da quelle pratiche di calligrafia e intaglio della carta a quelle di Mahjong (gioco da tavolo tradizionali) e di Taijiquan (arti marziali cinesi), fino alle esibizioni musicali. Ovviamente non si trascurerà neppure l’aspetto culinario, esplorato in modo meno “godereccio” e più riflessivo rispetto a quanto sarebbe tipico della cultura e dell’accoglienza mediterranee: uno show cooking per insegnare come preparare i famosi jiaozi (ravioli cinesi) e una “Cerimonia del tè Kung Fu”, cioè un workshop introduttivo all’arte di preparare questa bevanda secondo principi di armonia orientali, con in più una degustazione guidata.

Sapori in prestito… per i “new year” addicted
E se due Capodanno a distanza ravvicinata non dovessero ancora essere sufficienti ad appagare la voglia di festeggiare (e gustare piatti e bevande simbolici e beneaugurali), ci sono anche il Capodanno coreano (Seollal o Sŏllal), che quest’anno cade il 22 gennaio, contemporaneamente al Tết Nguyên Ðán (o semplicemente Tết), il Capodanno vietnamita (letteralmente “festa della prima mattina del primo giorno”) che segnerà l’ingresso nell’Anno del Gatto.
Seguono poi il Losar, il Capodanno tibetano, che quest’anno cade il 21 febbraio; il Nowruz persiano celebrato principalmente in Iran e Afghanistan, che coincide con l’equinozio di primavera (20 marzo).
Aprile si apre con il Capodanno assiro (Kha b’ Nissan, che significa proprio “primo di aprile”), che si celebra soprattutto nel nord dell’Iraq e della Siria, nel sud-est della Turchia e nel nord-ovest dell’Iran, e prosegue con il Capodanno buddhista (Songkran in Thailandia, Aluth Avurudda in Sri Lanka; Capodanno Khmer o Choul Chnam Thmey in Cambogia; Thingyanin Birmania e Pi Mai in Laos), che si celebra il 14-16 aprile.
Il Capodanno islamico si festeggia il primo giorno del mese di Muharram, che quest’anno coinciderà con il (nostro) 19 luglio; l’Enkutatash (Capodanno etiope ed eritreo) sarà come sempre l’1 Meskerem (per noi 11 settembre) mentre il Capodanno ebraico, chiamato Rosh Hashanà, verrà festeggiato dal 15 fino al 17 settembre. Infine c’è il Capodanno indù, per il quale non è possibile segnalare una data precisa, in quanto viene celebrato in giorni differenti a seconda della regione e del calendario di riferimento: il Capodanno Hindi, quello Ugadi, Gudi Padwa (nel Maharashtra), Cheti Chand (nelle comunità indiane di lingua sindhi) e quello Telegu cadono il 22 marzo, così come quello indonesiano (Nyepi o “Giornata del silenzio”) celebrato principalmente a Bali e Giava.
Il 14 aprile è la volta del Capodanno Tamil (Puthandu nello stato indiano del Tamil Nadu e nello Sri Lanka) e del Capodanno Baisakhi (India del Nord e Punjab o “Terra dei cinque fiumi”), mentre per il Capodanno Vikram, Marwari e Gujarati bisogna attendere il 13 novembre, due giorni prima di Diwali (la “Festa della Luce”).

Ovviamente a ciascuna di queste date sono legati piatti tipici e ingredienti simbolici che gli appassionati di cibo e folklore non potranno non assaggiare… ma questa è un’altra storia!

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