Mosaico senza corpoFrancesca Piovesan trasforma in arte ogni centimetro della propria pelle

Con “Aniconico” l’artista friulana si smarca da ogni deriva narcisistica e rende il corpo lo specchio di una società a caccia di identità che tende a un nuovo ordine

courtesy of Francesca Piovesan

Sin dalle grotte di Lascaux, l’autorappresentazione di sé ha accompagnato la storia dell’arte. Con l’avvento della fotografia digitale e dei dispositivi mobili tale pratica ha raggiunto estremi inimmaginabili: ogni secondo ci scattiamo e condividiamo oltre 1000 selfie. Non lo facciamo per ricordarci un momento significativo della nostra vita, quanto piuttosto per essere ricordati giovani e belli, aiutati dai filtri sempre più dirompenti. In tutto ciò c’è una forma di paura e di rifiuto della realtà: siamo noi in quelle immagini così artificiali e artificiose? Dov’è la materia?

L’arte di Francesca Piovesan da anni ci aiuta a ribaltare tale prospettiva utilizzando il corpo come strumento di conoscenza e decodificazione della realtà. L’artista misura e registra con la propria pelle il mondo esterno: i suoi lavori non rappresentano mai la realtà, sono essi stessi scorci di realtà. Nelle sue opere c’è letteralmente il suo corpo: i grassi e i sali minerali dell’epidermide, reagendo con i sali d’argento, danno infatti vita a opere fotografiche (off-camera, ovvero senza l’ausilio della macchina fotografica). La fisionomia umana non è mai riconoscibile nella sua soggettività: riusciamo a scorgere nell’opera una figura umana, ma non riusciamo a capire di sia.

Mezzobusto, courtesy of Francesca Piovesan

L’apice di tale ricerca è raggiunto nel 2017 con il ciclo di opere “Specchianti” in cui l’artista riesce a sviluppare fotograficamente il proprio corpo all’interno di specchi. In queste opere-specchio fatichiamo a riconoscerci: la nostra immagine riflessa si sovrappone inevitabilmente con la “fotografia” del corpo dell’artista. Se in questi lavori la figura umana è sempre riconoscibile, nelle opere più recenti, denominate “Aniconico” (privo di immagine), tutto cambia: lo spettatore si trova di fronte a geometrici “mosaici di corpo”, che a prima vista sembrano fatti di pietra simile al travertino.

I tasselli in realtà derivano dalla mappatura del corpo realizzata dall’artista attraverso il contatto tra la propria pelle e il nastro adesivo. Il corpo sembra quasi scomparire, così scomposto in frammenti. Solo l’orecchio, l’organo con cui ci mettiamo in contatto con gli altri, rimane sempre riconoscibile e in evidenza. Appare evidente in queste opere una forma di rielaborazione laica dei motivi geometrici con cui l’arte islamica narra della perfezione del “creato” senza il ricorso alle immagini figurative.

Con Aniconico Francesca Piovesan riesce così a smarcarsi da ogni possibile deriva narcisistica insita tanto nella autorappresentazione quanto nell’impiego dello specchio. Nei suoi mosaici le ri-composizioni geometriche sono fatte di un corpo non (più) riconoscibile che richiama e tende a un nuovo ordine trascendente. È la straordinarietà di questa artista che oggi riesce a usare la nostra carne per raccontare l’universalità a cui tendiamo. In fondo siamo tutti figli delle stelle. Siamo anche noi le stelle. Siamo noi con il nostro corpo l’opera d’arte.