«Ho bisogno di conoscere la storia di un alimento. Devo sapere da dove viene. Devo immaginarmi le mani che hanno coltivato, lavorato e cotto ciò che mangio». Le parole di un guru dell’alimentazione buona pulita e giusta, come Carlo Petrini, rassicurano quanti (per snobberia? vero interesse? ricerca proustiana di una madeleine che si pensava perduta?) fanno la fila davanti alle biglietterie dei Musei del Gusto.
E pensare che, all’interno di questi santuari pagani, non trovano posto nessun dipinto, nessun cimelio, nessuna scultura perché tra bacheche, sale di esposizione e teche c’è cibo, cibo e ancora cibo. E, ovviamente, tutto quello che gli ruota intorno: memorie, saperi, abilità. Il cibo, insomma, è cultura e opera d’arte insieme ed è giusto che abbia una casa, o meglio, un museo dove mostrarsi e raccontarsi.
È così che, tra i corridoi e le sale di questi (strani?) musei, viaggiatori curiosi&golosi e foodies scoprono i percorsi che portano le materie prime a diventare prodotti finiti, imparano la storia degli alimenti (comuni e non) e le tecniche della loro lavorazione, incontrano (virtualmente ma non solo) chi coltiva, lavora e cuoce (per dirla alla Petrini) ciò che si mangia.
Un viaggio che si snoda nella storia e nella cultura dell’enogastronomia italiana, tra antichi utensili dei maestri artigiani e moderni macchinari industriali, tra locandine pubblicitarie d’epoca e gadget super-pop.
I ventisei musei dell’Emilia Romagna
Fenomeno ristretto, questo dei Musei del Gusto? Nemmeno tanto: solo in Emilia Romagna, lungo la via Emilia, tra la Food Valley parmense e la costa dell’Adriatico, sono ventisei le “case” delle eccellenze del territorio che, attraverso percorsi immersivi, raccontano alimenti, peculiarità enogastronomiche e ricchezze del mondo rurale e fanno, col cibo e del cibo, intrattenimento e, insieme, cultura.
Distribuiti sul territorio, con attenzione ai luoghi, alla location e alla vocazione di ogni area, diventano luoghi della memoria e scenari per tramandare la storia alle nuove generazioni. Capaci, anche, di stuzzicare l’interesse di visitatori curiosi e di diventare luoghi di divulgazione e di educazione alimentare.
Nella terra di Correggio e del Parmigianino, di Verdi e Toscanini, di Guareschi e Bertolucci sono nate anche grandi eccellenze note in tutto il mondo: il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto Crudo, il Culatello e l’Aceto Balsamico, il Salame di Felino e il Formaggio di fossa, solo per citarne alcune.
E questa è la terra dello slow mix, una fusione di esperienze che creano un inaspettato viaggio tra cultura, natura ed enogastronomia, un turismo lento fatto di benessere, nuove emozioni e antichi sapori, tutti da scoprire.
Dio salvi i Re
In un ideale grand tour enogastronomico emiliano-romagnolo, il primo incontro ravvicinato, doveroso, è con sua maestà il Parmigiano Reggiano. Che, naturalmente, ha una casa. O, meglio, un “casello” (così chiamano in provincia di Parma i caseifici).
Nel settecentesco complesso Castellazzi della Rocca Meli- Lupi a Soragna (Pr), un antico edificio di forma circolare ospita il Museo del Parmigiano Reggiano che racconta virtù e segreti del formaggio più amato dagli italiani, tra cimeli e attrezzi, mappe e disegni, pannelli illustrativi e materiale fotografico. Nello shop, poi, si possono acquistare kit di degustazione e gadget a tema.
Altra sosta, altro sovrano, altro museo. Si chiama Museo del Prosciutto di Parma ed è la reggia di re prosciutto. Si trova a Langhirano (Pr) e mostra i prodigi dell’arte norcina che, partendo dalle cosce di suino, arriva a ottenere quella squisitezza conosciuta anche come il “Parma”. Nelle sale del museo c’è il plastico di un salumificio, la descrizione dei vari passaggi per la lavorazione del prosciutto e la visita virtuale di un prosciuttificio. Naturalmente c’è uno spazio degustazione, dove gli assaggi del prezioso salume sono assicurati.
Rosso Pomodoro
Anche se originario da terre d’oltreoceano, il pomodoro ha trovato in Emilia Romagna e soprattutto in provincia di Parma il suo habitat ideale, già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Non poteva mancare, quindi, un Museo del Pomodoro dedicato a uno dei prodotti icona della cucina italiana. La sede del museo è all’interno della Corte di Giarola, nel comune di Collecchio (Pr), una struttura rurale medievale che comprendeva, già secoli fa, abitazioni, stalle e un caseificio. La storia del pomodoro, della sua diffusione e del suo utilizzo viene raccontata in sette sezioni tematiche dove si incontrano macchinari d’epoca, imballaggi (cento lattine originali utilizzate per il commercio dell’oro rosso) e opere d’arte che celebrano il pomodoro.
Aceto? Sì, ma Balsamico e Tradizionale
È l’Aceto più speciale del mondo (e per lui l’iniziale maiuscola non è sprecata), dalla preparazione lenta e laboriosa, dalla storia lunghissima, dalla schiera di fan supertitolati (di “lui” si sono innamorati duchi, imperatori e papi). Anche a questo Aceto così blasonato viene dedicato un Museo: si trova nella Villa Fabriani di Spilamberto (Mo) ed è una immersione negli aromi e nei profumi dell’aceto tra le sale che raccontano, dai vigneti alla vendemmia, dalla pigiatura alla cottura all’invecchiamento, i momenti clou del processo che trasforma un semplice mosto in un prezioso “nettare nero”. La visita si conclude nel solaio della Villa dove sono conservati i “vaselli”, le botticelle di legno dove un Balsamico invecchia e matura per venticinque anni.
Pane al pane
È nato sulle rive del Po, il buon pane ferrarese (la celebre “coppia” che si fregia dell’Igp). Ed è proprio in vista del grande fiume che a Ro (Fe) è stato inaugurato un Museo del Pane ospitato in un mulino ad acqua (come quello descritto da Riccardo Bacchelli nel suo celebre romanzo). Il mulino è perfettamente funzionate e, dal vivo, viene macinato un grano speciale (il Gentil Rosso) coltivato nel territorio con tecniche a basso impatto ambientale. Nell’area del museo è presente un punto ristoro dove è possibile concludere la visita degustando pane ferrarese e piatti tipici locali e acquistando prodotti bio.
Con un grano di sale
Ospitato nei centenari Magazzini del Sale a Cervia (Ra), il Museo del Sale è una vera miniera di documenti, attrezzi, immagini e storie di una delle più antiche saline al mondo. La visita poi continua all’aperto, nella Salina Camillone, dove si assiste al coltivo e alla raccolta del prezioso ingrediente. Chi vuole può anche passare “un giorno da salinaro” lavorando accanto ai mastri che si dedicano all’estrazione e al trasporto dell’oro bianco di Cervia.