Svezia e Finlandia non entreranno, per ora, nella Nato, a causa del veto della Turchia. In vista delle elezioni parlamentari e presidenziali del 18 giugno 2023, Recep Tayyp Erdogan ha tutto l’interesse a tenere aperto il braccio di ferro con Stoccolma su un punto capitale della sua agenda e propaganda politica: la vendetta sui supposti autori del tentativo di colpo di Stato del 2016.
Il contenzioso col governo svedese che ne blocca l’ingresso nell’organizzazione atlantica riguarda appunto il rifiuto della Corte Suprema svedese di concedere l’estradizione in Turchia del giornalista Bülent Kenes, rifugiato politico – dopo che la stessa Corte aveva concesso l’estradizione in Turchia di Mahmut Tat, militante del Pkk reclamato da Ankara, al quale peraltro era stato precedentemente rifiutato l’asilo politico.
La ragione del giudizio difforme della più alta magistratura svedese è semplice: mentre il Pkk è considerato, dall’Unione europea come dagli Stati Uniti, un’organizzazione terrorista; Bülent Kenes è accusato dalla Turchia di reati di opinione. Era infatti redattore capo del giornale Levent Kenes, chiuso d’autorità da una magistratura turca totalmente asservita al governo di Erdogan, perché accusato di fare parte del complotto organizzato dal famoso leader religioso Fetullah Gülen, sfociato nel tentativo di golpe del 2016.
La più spietata persecuzione politica e giudiziaria dei seguaci di Fetullah Gülen è infatti il mezzo col quale Erdogan ha distrutto la democrazia turca, incarcerando decine e decine di migliaia di prigionieri politici, licenziando migliaia di funzionari pubblici, centinaia di magistrati e professori universitari, arrestando migliaia di ufficiali e chiudendo decine di testate giornalistiche.
Dunque, durante la campagna elettorale già iniziata, che si presenta molto difficile per Erdogan – a causa dello stato disastroso dell’economia, l’inflazione è all’83,45 per cento – il battuto e ribattuto appello al voto per proseguire la lotta contro i “gülenisti” sarà centrale, così come la lotta contro tutte le organizzazioni curde democratiche (come il Partito Democratico dei Popoli, o Halkların Demokratik Partisi, Hdp).
Il contenzioso sulla Nato con la Svezia farà quindi parte di questa campagna. Da parte sua, Stoccolma ha agito con linearità democratica, innanzitutto perché l’esecutivo non ha ovviamente fatto pressioni sulla magistratura, come pretende Erdogan, e poi perché quest’ultima ha agito nel pieno rispetto dello Stato di diritto: il premier svedese Ulf Kristersson, conservatore e sovranista, è stato netto: «La Turchia vuole cose che noi non possiamo e non vogliamo darle».
La Turchia mantiene il suo veto sull’ingresso della Svezia nella Nato – la Finlandia intende entrare solo al fianco della Svezia – in uno stallo che potrà essere superato solo da una più che auspicabile, ma assolutamente non certa, sconfitta elettorale nell’estate prossima di Tayyp Erdogan. Avvenimento che sarebbe peraltro più che eccellente per tutto il Mediterraneo, per l’Europa e per la Nato.