Enigma BergoglioAmbiguità, prudenze e contraddizioni di Papa Francesco sugli omosessuali

In “Lasciate che i gay (non) vengano a me” (Paesi edizioni), Luciano Tirinnanzi conduce un’indagine giornalistica seria, rigorosa, documentata su un tema quanto mai spinoso come il rapporto tra Chiesa e comunità Lgbt+ nell’ultimo decennio

Lapresse

Uscito il 10 febbraio per Paesi edizioni, il nuovo libro di Luciano Tirinnanzi, giornalista di Panorama e direttore generale della stessa società di pubblicazioni specializzate in scenari internazionali, è opera destinata a far parlare di sé. Lo si evince già dal titolo: “Lasciate che i gay (non) vengano a me. Chiesa e omosessualità ai tempi di Papa Francesco”. Lasciandosi alle spalle pregiudizi valutativi e finalità didascaliche – nell’introduzione si dice chiaramente che non si è di fronte a «un volume di morale o che pretende di “fare la morale”» (p. 14) – l’autore conduce in centocinquantasette pagine un’indagine giornalistica seria, rigorosa, documentata su un tema quanto mai spinoso qual è quello dell’atteggiamento della Chiesa contemporanea verso le persone Lgbt+. E lo fa muovendosi accortamente tra il troppo di Scilla e il meno di Cariddi.

Tra la narrazione oleografica di chi sin dagli inizi del pontificato bergogliano sciorina un rosario di lodi e osanna al Francesco eccezionale, evangelico, riformista, profetico e la demonizzazione di chi, dalle sponde del Tevere a oltreoceano, lo esecra quale eretico, miscredente, sovvertitore dell’ordine morale.

D’altra parte, non poteva essere diversamente in chi, nell’affrontare la questione Lgbt+ in prospettiva ecclesiale, ha saputo lasciarsi alle spalle le facili quanto problematiche categorie dicotomiche del conservatorismo e del progressismo, senza lasciarsi dunque incagliare nelle relative secche. Tirinnanzi ne è consapevole e mette in guardia lettori e lettrici sin dalle prime battute: «Nella Chiesa le categorie progressista e conservatore non hanno molto senso, e anzi sviano da una corretta comprensione dei fenomeni: il “conservatore” Ratzinger, ad esempio, ha compiuto il gesto più rivoluzionario della Chiesa in epoca moderna: la rinuncia al soglio pontificio!» (p. 15).

Rileggendo grazie a questo libro le parole e i gesti che Francesco in dieci anni di pontificato ha riservato alle persone Lgbt+ e alle istanze venienti dai movimenti, si profilerà forse più volte nella mente di chi legge lo spettro d’un enigma Bergoglio. Troppe le ambiguità, le prudenze, le contraddizioni. Quest’ultime, in ogni caso, non di rado originate dal vezzo papale di parlare a braccio e colloquialmente: l’ha dovuto riconoscere lo stesso pontefice a fine gennaio in una lettera al confratello gesuita James Martin, rettificando quanto detto ad AP sull’omosessualità quale peccato. Contraddizioni che sono da riportare probabilmente anche al grado di cultura e preparazione del successore di Pietro.

Più interessante, invece, la prospettiva di Tirinnanzi, che offre quale bussola due principali chiavi di lettura: «Un modo per orientarsi – scrive – è anzitutto mettere a fuoco il fatto che atti, dichiarazioni, decisioni del Papa si muovono su piani diversi a seconda della circostanza, del contesto, degli interlocutori. Questo è un primo elemento. Il secondo elemento è più di prospettiva, e guarda lontano: Bergoglio modifica lo stile dell’approccio della Chiesa riguardo al mondo Lgbt+. La Chiesa “ospedale da campo”, come la chiama spesso il pontefice, accoglie tutti, non vuole lasciare fuori nessuno» (pp. 14-15).

È chiaro che alle persone Lgbt+ tutto questo non basta, avvertendo l’amaro in bocca nel constatare che «dopo aver accolto tutti e riconosciuto l’identità e la dignità di ciascuno, la Chiesa del Papa argentino proclama la sua verità e rimane fedele ai suoi principi» (p. 15). Anche se, a voler essere onesti, bisogna riconoscere che Bergoglio ha invertito la rotta rispetto ai suoi predecessori su due questioni non di poco conto: sia sostenendo la necessità d’una forma di tutela giuridica per le coppie di persone dello stesso, sì da ravvisarne gli estremi nell’istituto delle unioni civili quale buona soluzione, in ogni caso, per evitare così l’inaccettabile matrimonio egualitario, sia richiamando la Chiesa tutta a porre fine alle leggi che in sessantasette Paesi (sessantanove de facto con Egitto e Iraq) criminalizzano l’omosessualità.

In ultima analisi ha ragione Tirinnanzi quando afferma che «probabilmente, Papa Francesco ha aperto una strada dalla quale non si potrà più tornare indietro: basta solo considerare che oggi si parla di questo argomento, mentre fino a pochi anni fa il tema Lgbt+ non era neppure preso in considerazione nell’agenda della Chiesa, tranne che da qualche prete di frontiera. Non era mai accaduto prima che un pontefice accogliesse un transessuale a casa propria, e Bergoglio lo ha fatto» (pp. 15-16). E si può ben affermare che questo è riuscito nell’annunciato intento di testimoniare che «la Chiesa di Francesco non si volta più dall’altra parte di fronte all’omosessualità, la transessualità, la bisessualità». Insomma, una consolante novitas, di cui si sente più che mai il bisogno negli imperanti tempi di odi, chiusure, discriminazioni.

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