Non chiamarmi data di scadenzaL’Unione Europea e le etichette contro lo spreco alimentare

Bruxelles propone una revisione delle norme sulle espressioni che accompagnano le date di scadenza, con l’aggiunta della frase “Spesso Buono Oltre”, per aiutare i cittadini a capire di più e a gettare di meno

Foto di Kenny Eliason su Unsplash

Chiunque sia cresciuto con una nonna intorno, sa bene che – prima di buttare via qualsiasi tipo di cibo – annusare bene e assaggiarne un pezzetto sono da considerarsi gesti scontati, se non obbligatori. A inizio marzo, anche l’Unione Europea ha deciso di iniziare a ricordarlo ai suoi cittadini.

È dal 2020 che gira nell’aria l’intenzione della Commissione Europea di includere nella strategia Farm to Fork un intervento sulle date di scadenza, o meglio sul cosiddetto “date marking”: parlare di data di scadenza infatti non è sempre corretto e già qui iniziano i problemi (di forma, ma anche di sostanza) che hanno portato Bruxelles a sentire la necessità di meglio chiarire e specificare i concetti. Al momento, sugli alimenti confezionati si possono trovare due diciture: il “da consumarsi entro il” e il “da consumarsi preferibilmente entro il”.

Nel primo caso parliamo di quella che è propriamente corretto definire data di scadenza: ci dice che dopo il periodo indicato è sconsigliato consumare il prodotto, perché potrebbe essere microbiologicamente alterato e quindi nuocere alla salute, e di solito è riportata su cibi freschi e deperibili.

Quando però troviamo il “da consumarsi preferibilmente entro” (il cosiddetto Termine Minimo di Conservazione, Tmc), un solo avverbio fa davvero tutta la differenza: non si tratta, infatti, di una vera e propria data di scadenza ed è anche scorretto così definirla. Stiamo parlando più propriamente di un’espressione di qualità, stabilita dal produttore, che ci dice che fino al momento specificato in etichetta, il cibo mantiene il cento per cento delle sue caratteristiche (di gusto, di profumo, di consistenza), che potrebbero iniziare ad attenuarsi dopo il periodo indicato, ma non nuocere alla salute in caso di consumo. Ergo, l’alimento può benissimo essere mangiato anche successivamente alla data riportata, esercitando un po’ di buon senso e un’ulteriore attenzione sulla decisione di consumare o meno quello che si ha davanti. Ed evitando così di sprecare cibo ancora ottimo: l’Unione Europea ha attestato che il dieci per cento dello spreco alimentare all’interno dei Paesi membri può proprio essere attribuito a questa errata interpretazione lungo tutta la filiera, un numero considerevole se si pensa che è derivato “solo” da un errore interpretativo del pack degli alimenti.

Per quanto quasi tutti, se interrogati sull’argomento, si definiscano pronti a rispondere correttamente, la scorretta terminologia (come utilizzare sempre l’espressione “data di scadenza” quando si parla di date in etichetta) e il fatto che in italiano a cambiare sia solo un avverbio (il “preferibilmente”), hanno portato a delle forti incomprensioni tra i consumatori, tanto che da un survey di Altroconsumo si attesta che quasi il settanta per cento dei cittadini non ha ben chiara la distinzione. Ed è proprio sulle parole che vuole andare a lavorare la Commissione Europea, aggiungendo – accanto alla data e alla dicitura già in essere – l’espressione “spesso buono oltre”, che dovrebbe focalizzare l’attenzione dei consumatori sul significato dell’indicazione facendo sì che le persone si responsabilizzino e diano un contributo tangibile alla riduzione dello spreco alimentare.

«Si stima che fino al dieci per per cento degli ottantotto milioni di tonnellate di rifiuti alimentari generati ogni anno nell’Unione Europea sia legato all’etichettatura della data sui prodotti alimentari. Il quarantanove per cento degli europei pensa che informazioni migliori e più chiare sul significato della data di scadenza e del termine minimo di consumo aiuterebbe a sprecare meno cibo in casa. Affidarci maggiormente sulle nostre capacità sensoriali, come olfatto, vista o gusto, per un alimento che supera la data di scadenza “da consumarsi preferibilmente” ci farebbe risparmiare molto in termini di risorse ambientali ed economiche», spiega Ludovica Principato, food waste scientist e docente all’Università degli Studi Roma Tre.

Un messaggio che non è nuovo: l’app contro lo spreco alimentare Too Good To Go aveva già proposto negli scorsi anni, in Italia e in altri Paesi dell’Unione Europea dove l’app opera, l’aggiunta di un’Etichetta Consapevole sui prodotti con il Tmc, proprio con la dicitura “Spesso Buono Oltre” e con dei pittogrammi che indicassero ai consumatori di “osservare, annusare, assaggiare” prima di gettare i prodotti.

Tornando alla Commissione Europea, l’introduzione della nuova dicitura è ora considerata necessaria perché «Consente una migliore comprensione della data in etichetta», influenzando «il processo decisionale dei consumatori in merito all’opportunità di consumare o eliminare un alimento». E non è solo che il primo passo: per Bruxelles la lotta contro lo spreco alimentare sta diventando sempre più centrale e in estate è atteso l’inizio delle discussioni su possibili modifiche delle direttive sui rifiuti.

Nonostante alcuni pareri non proprio positivi (come quello di Federalimentare, ndr), in Italia l’intervento è stato accolto con interesse perché è stato di fatto slegato dall’argomento “Nutriscore”, che rappresenta ancora un boccone difficile – se non impossibile – da digerire. Per Coldiretti, è positivo lo «Stop al Nutriscore con la discussione sulle nuove indicazioni in etichetta relative alle date di scadenza dei cibi per le quali è invece importante mantenere in modo chiaro la dicitura “consumare preferibilmente entro”, per dare al consumatore un limite temporale di garanzia sul mantenimento delle caratteristiche di qualità di ciò che porta in tavola».

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