Ma siamo sicuri che i vagabondaggi di Ulisse sulle coste del Mediterraneo fossero davvero una odissea? Meglio considerarli tappe di un Grand Tour cultural-goloso durante il quale al mitico eroe non mancava nulla: né i piaceri della vita (buon cibo, buon vino, buona compagnia) né la scoperta (a volte ad alto tasso adrenalinico) di usanze, civiltà, tradizioni e costumi. Forse ispirato da questa rilettura spregiudicata del poema omerico, un gruppo di ristoratori, albergatori e wine maker siciliani (al suo interno i più bei nomi dell’hotellerie, della ristorazione e delle cantine isolane) ha deciso di proporre agli ulissidi del terzo millennio viaggi&itinerari che prendono il via dalla cultura alimentare dell’isola e portano, di conseguenza, alla scoperta di tesori e di importanti testimonianze artistiche di una «Sicilia plurale» (il copyright è dello scrittore Gesualdo Bufalino) dalle identità, culture, tradizioni diverse tra di loro ma che parlano la stessa lingua. E, come fa Omero che dissemina l’epico vagabondare del suo eroe con episodi eccezionali, così Le Soste di Ulisse (questo il nome dell’associazione) ha creato un percorso virtuoso che abbraccia l’intera isola e che incrocia siti d’eccellenza dove il mangiar bene e il bere meglio sono alcuni dei segreti che contraddistinguono la sicilian way of life.
Da Ovest verso Sud, lungo un mare che sa già di Africa
Colonne cadute, torri, mura ciclopiche, templi monumentali che si stagliano sullo sfondo di un mare battuto dalle ventate di scirocco: uno scenario così suggestivo si trova solo a Selinunte (Tp), già descritta alla fine del Settecento dai viaggiatori del Grand Tour come la città degli dei. Le sue rovine sono racchiuse all’interno di un Parco Archeologico che per estensione è tra i maggiori del Mediterraneo: sulla Collina Orientale si trovano i ruderi imponenti degli edifici di culto dell’antica colonia greca, tra cui il Tempio E, che sembra uscito da un manuale di storia dell’arte; il Tempio C, il più antico dell’area sacra, è custodito, invece, sullo sperone roccioso dell’Acropoli dove si trovano anche le testimonianze della Selinunte abitata dai conquistatori di Cartagine: pavimenti di case e di edifici sacri decorati a mosaici naïf con i simboli del Sole e di Tanit (la dea cartaginese della fecondità). All’ora del tramonto, poi, ci si lascia alle spalle Selinunte e si va ai ruderi di Gibellina, distrutta dal terremoto del 1968, per ammirare il Cretto di Alberto Burri, una gigantesca opera di land art che ricopre come un sudario le vie e i vicoli del centro abitato sconvolto dal sisma. La new town, la Gibellina Nuova, invece, è un concentrato di opere d’arte contemporanea (Consagra, Burri, Pomodoro, Schifano, Guttuso…) disseminate tra vie e piazze, conservate nel Museo delle Trame Mediterranee o nel Museo di Arte Contemporanea (MAC).
Una Napa Valley made in Trinacria
Il Belice segna il confine tra le province di Trapani e di Agrigento e, lasciatosi alle spalle il pigro corso del fiume, si entra in territorio dove cominciano gli incontri con le Soste di Ulisse e dove, in una west coast enoica, minuscole wineries boutique e grandi cantine, vigneron d’assalto e wine makers super blasonati hanno rivitalizzato l’enologia isolana. Tra le spiagge e le colline di Menfi (Ag), nel “triangolo d’oro” della viticoltura siciliana, vengono infatti allevate uve autoctone (dal Grecanico al Grillo al Nero d’Avola) e vitigni internazionali (come Chardonnay, Merlot, Syrah) da cui si ricavano vini ricchi di charme, qualità e tradizione. I risultati? Tutti da bere, ovviamente, in un percorso che comincia a Menfi, non a caso Città del Vino 2023: da qui si imbocca la Strada del Vino delle Terre Sicane che porta alla scoperta dell’enologia titolata della zona, quella della Cantina di Ulmo, per esempio, nel territorio di Sambuca (Ag), voluta dai Planeta, veri baby boomer del vino italiano, che qui allevano (e vinificano) uve Chardonnay, Merlot e Syrah, in purezza o in assemblaggio.
Le Terre Sicane dell’Ovest
Tutt’intorno, si stendono le Terre Sicane, bordate dalla piccola catena montuosa dei Sicani, i luoghi de “Il Gattopardo” dove gli incontri ravvicinati con archeologia, storia, arte e natura sono assicurati: dalle rovine puniche di Adranone ai palazzi barocchi come quello della famiglia Filangieri Cutò a Santa Margherita Belice. E, proprio all’interno delle Terre Sicane, si trova un’altra Sosta di charme, La Foresteria Planeta: terrazze, corti e giardini interni che si rincorrono in una riproposizione hi-tech di una vecchia casa contadina dove, però, non mancano camere super accessoriate, piscina a sfioro e uno spazio fitness. Alla Foresteria le suite prendono il nome dalle erbe aromatiche coltivate nei piccoli giardini privati e si affacciano sulla vallata disseminata di vigneti. Nella piccola cantina del resort, poi, sono conservate le migliori annate di tutte le etichette della maison: sotto la guida di un esperto personal trainer del vino, le wine experience sono assicurate. A completare l’offerta, il Ristorante della Foresteria dove Angelo Pumilia dà vita alle sue creazioni gastronomiche: tradizione, tecnica, e prodotti genuini – dal pane rigorosamente fatto in casa fino ai dolci – muovono le fila della sua cucina che esalta il legame con il territorio siciliano: menu all’insegna del sabor mediterraneo, servito su una terrazza circondata da un giardino di piante officinali, palme nane e cactus. Luogo ideale per immergersi nel mood della zona e per gustare i vini di una delle cantine più famose dell’isola.
In poche manciate di minuti da Menfi si raggiunge Sciacca, costruita a terrazze: in basso i moli, i magazzini, le barche ormeggiate, in alto un severo castello medievale e in mezzo il corso Vittorio Emanuele su cui si aprono i palazzi della nobiltà locale, come il famoso Steripinto dalla facciata a bugnato. Qualche chilometro più a sud, sfocia il fiume Platani a cui è stata dedicata una riserva, dalla bellezza rude e selvaggia: la lunga spiaggia (quasi cinque chilometri), costeggiata da un cordone di basse dune regno incontrastato della macchia mediterranea, termina con la scenografica falesia di Capo Bianco. Alle sue spalle, una collina conserva le rovine dell’antica polis greca Eraclea Minoa. Perfetto rifugio per ritrovarsi in un’oasi di solitudine e benessere.
E a pochi minuti dalle rovine di Eraclea Minoa e dalla Riserva Naturale di Torre Salsa, ecco Relais Briuccia uno dei gioielli del brand Le Soste di Ulisse, ritagliato in un antico palazzo nobiliare di Montallegro: cinque suite, impreziosite da letti in ferro battuto, mobili d’epoca, pavimenti in marmo, affreschi e travi a vista. Plus imperdibile, al Relais, il ristorante Capitolo Primo, ricavato nell’antica corte del palazzetto trasformata in giardino d’inverno: è il regno dello chef Damiano Ferraro che si ispira ai ricettari dei monzù siciliani ma poi rivisita e reinterpreta le ricette con estro e fantasia. Da provare, per esempio, la riproposizione dell’arancina, un classico della gastronomia siciliana, che però Damiano prepara con il riso al nero di seppia, una fonduta di peperoni, Vastedda del Belice e scampetti. Oppure la spalla di agnello imbottita alle spezie ed insalatina aromatica di cous cous. Per finire con il fondente di cioccolato e crema ghiacciata ai pistacchi.
Balate, templi e Liberty
Seguendo la linea di costa, si raggiunge la celebre Scala (o Balata, in dialetto) dei Turchi: una luccicante scogliera bianca, che deve il nome sia alla sua forma, scolpita dal vento e dal mare, sia dalle incursioni dei turchi, i pirati saraceni che secoli fa razziavano le coste agrigentine. Da qui arrivare ad Agrigento e alla sua Valle dei Templi è un gioco da ragazzi. L’antica colonia greca mostra ancore le tracce della sua ricchezza e della sua potenza nel bacino del Mediterraneo e di queste parlano le rovine dei templi dorici: quello di Giunone, eretto nella parte più alta dell’antica polis, quello, lungo la Via Sacra, della Concordia, il meglio conservato, le colonne del Tempio dei Dioscuri e il telamone oversize del Tempio di Zeus. È su questo panorama che si aprono le finestre di Villa Athena, residenza principesca di fine Settecento, trasformata oggi in un boutique hotel. Ultima sosta, per gli ulissidi 2.0, lungo la costa occidentale dell’isola? Ecco Licata (Ag), con alcune preziose testimonianze del liberty siciliano: il Palazzo di Città disegnato da Ernesto Basile, uno dei grandi interpreti dell’art nouveau in Italia. Di Basile anche il progetto della chiesa della SS. Trinità e, poco distante, del Parco delle Ville Liberty. Ma qui il viaggiatore goloso può avere un incontro ravvicinato con la cucina di Pino Cuttaia (che tra l’altro è Presidente delle Soste di Ulisse). Nato come una sfida in un territorio in cui è difficile realizzare una cucina creativa, La Madia (questo è il nome del locale) propone una carta dove l’amore e la passione per la Sicilia sono evidentissimi. Le creazioni di Pino vanno a costruire un menu che è una specie di dichiarazione d’amore per l’isola: ecco, infatti, la Trasparenza di Tenneruma (le foglie tenerissime delle zucchine serpente, le cucuzze longhe, in slang locale), l’arancina di riso che contiene, a sorpresa, un ragù di triglie o anche la pizzaiola di merluzzo all’affumicatura di pigna.
E non è tutto, perché a Campobello di Licata (Ag) si estendono i vigneti dell’Azienda Agricola Milazzo dove le caratteristiche climatiche della collina e la morfologia del terreno si combinano con i benefici influssi di un clima tipicamente mediterraneo. Vigne atipiche, queste, dove crescono e maturano, in rigoroso biologico, le autarchiche uve Inzolia ma anche le più straniere Chardonnay, i Nero d’Avola ma anche i Perricone.
Quello che succede durante un long stay in una delle Soste di Ulisse ha qualcosa di magico: saranno le alchimie della materia prima e del modo di proporla, l’accoglienza e la proposta culturale, l’eleganza e il lusso discreto che accompagnano l’ospite per trasportarlo in altri tempi e in altri spazi.