Quando Joe Biden riceve Dylan Mulvaney, l’ottobre scorso, gli osservatori italiani si dividono in tre categorie. La maggioranza, che non se ne accorge. Una minoranza, che pensa: ma sei scemo? E un’altra minoranza che pensa: beh, è parte del pacchetto per cui Biden resterà nella storia come il presidente che ha incoraggiato una psicosi collettiva.
Joe Biden è quello che, come primo atto della sua presidenza, ha disposto che i ragazzini col pisello che si percepiscono femmine possano accedere agli spogliatoi femminili. Ovvero: l’istituzionalizzazione della deriva psichiatrica per la quale essere femmina consiste in altro che non sia l’anatomia.
Dylan Mulvaney è a quel punto al duecentesimo e qualcosa giorno del suo «days of being a girl» su TikTok (che sta a questo secolo come il New Yorker stava a quello scorso): ogni giorno ci spiega la sua nuova vita da ragazza, ieri ha scoperto che i tampax si espandono quando vengono a contatto con un liquido, oggi ci illustra l’urgenza di normalizzare che le ragazze possano avere il pacco, non dobbiamo fissarli (quelli col pacco e il lucidalabbra) con l’aria «ma come diavolo vai in giro» se si mettono i pantaloncini.
(«Normalizzare» è la parolina magica delle rivoluzioni di questo secolo, che hanno innanzitutto il terrore che qualcuno rida loro in faccia: vogliono cambiare il mondo, e hanno paura dei rumori del frigo).
Quella di Dylan Mulvaney è evidentemente la performance di qualcuno determinato a stare al centro dell’attenzione: c’è un suo video di qualche anno fa in cui, a “Ok, il prezzo è giusto”, ha la stessa mimica, la stessa allegria disperata, la stessa gestualità isterica che adesso dovrebbero dirci che è una donna. Il messaggio sarebbe «Le donne sono macchiette», se qualcuno (a parte Biden) fosse disposto a prenderlo sul serio.
Vi confesso che io, sul video dei Tampax, ho cambiato idea. La prima volta in cui l’ho visto, l’ho trovato paradossale: come si può essere così fessi da far promuovere assorbenti a chi non ha buchi in cui infilarseli? Poi però ho pensato alle lettrici medie. Agli esseri umani medi che una volta lussuosamente ignoravo esistessero, e che ora ogni giorno osservo sui social.
Non sanno niente. Ma niente niente niente. E quindi uno che non sa niente quanto loro e spiega, non sapete che ho scoperto in questo trecentesimo giorno da ragazza, amiche, che quello di plastica dura è l’applicatore e va sfilato e buttato, non lasciato nella patonza assieme all’assorbente, beh, forse è la comunicazione ipersemplificata che questo secolo trova ricevibile, magari presto chiederanno a una donna di spiegare il Viagra come non avesse mai avuto un uccello e le venisse quindi naturale partire dalle basi.
Mi aspettavo, tuttavia, una qualche forma di scandale du jour. Le invasate dell’identità femminile non sono meno disturbate delle invasate della fluidità trans: diamine, questo promuove i Tampax, è una provocazione. E invece, pensa te il pensiero debole, l’indignazione è arrivata per la birra dietetica.
Un paio di settimane fa Mulvaney fa un post sponsorizzato per Bud Light, storicamente la birra dei bar gay statunitensi (la sua diretta concorrente negli anni Settanta venne accusata di licenziamenti omofobi, e l’adozione del marchio rivale fu conseguente).
Poiché viviamo in un’epoca in cui l’unica certezza in ogni dibattito culturale è la scemenza d’ambo le parti, la destra americana decide che è troppo, passino i trans che si mettono i tampax, ma che bevano la birra dietetica proprio no: che boicottaggio sia.
A quel punto l’amministratore delegato di Bud fa un comunicato forlaniano dicendo che loro vogliono unire, mica dividere (sono pur sempre americani, gente che canta l’inno con la mano sul cuore: la ridicolaggine retorica è il loro specifico filmico).
Sembra che tutto possa finire a tarallucci e birra analcolica, con un comunicato che non difende nessuno e non prende le distanze da nessuno. Senonché ieri arriva Advocate, storica rivista gay, ad annunciare che ora Bud la boicotteranno loro, perché non si è opposta alla transfobia.
Quando Michele Serra era autore di Grillo (e Grillo faceva ridere, e le sorelle Bandiera non erano considerate un’avanguardia femminista, e la birra dietetica non sapevamo cosa fosse), diceva che potevi dare del mafioso ad Andreotti, ma guai a criticare Coccolino.
Adesso mi pare che l’anima del commercio si sia invertita. Puoi essere un giullare di corte che si finge utilizzatore di prodotti per il mestruo, ed essere ricevuto da Biden, e nessuno si scalda; ma guai se la birra, evidentemente arbitro dello spirito del tempo e della vera essenza delle questioni di genere, dice o non dice che sei una vera femmina.