Alle 22 del 12 aprile 2023 Carlo Calenda ha seppellito il Terzo Polo. E lo ha fatto sorprendendo quelli di Italia Viva, che definire furenti è dire poco. Il cronista è impazzito dietro a tutte le giravolte della giornata, una giornata che a detta di tutti volgeva in positivo. Così avevano capito anche i renziani presenti alla riunione del comitato politico, freddati da “Carlo”, tanto che nella loro nota finale hanno scritto che c’era l’accordo «su tutti i punti», e la riunione veniva aggiornata (a oggi: ma si farà, a questo punto?), attendendosi dichiarazioni distensive del leader di Azione. Che invece è uscito annunciando un «nulla di fatto» e rimarcando il dissenso sul fatto che Italia Viva continuerà a sussistere anche nel 2024: «Se questo nodo non verrà sciolto il partito unico non nasce».
Ha ragione lui? O i renziani? La verità è che qui sta diventando una commedia ottocentesca con le porte girevoli e le torte in faccia malgrado da tutte le parti – fino alle 22 – si sussurrasse ai giornalisti di un compromesso possibile, di tregua armata, chiamatelo come volete ma che insomma la rottura non ci sarebbe stata.
Invece il Terzo Polo esce ammaccatissimo dalle baruffe di questi giorni – incomprensibili ai più – e vicino a premere il tasto dell’autodistruzione. Matteo Renzi che per tutta la giornata era ottimista ieri sera era nero. I suoi pensano che Calenda abbia paura di perdere il congresso contro un candidato di Italia Viva (Luigi Marattin? Lella Paita?) e che sollevi problemi altrimenti risolvibili, compresa la norma antipatica per Renzi, che in sostanza dice che si applicheranno «le regole etiche e di incompatibilità» previste per i parlamentari europei, una regola che allude alle attività di lobbying che non può non far pensare al leader di Italia Viva (ma chissà quali escamotage giuridici potrebbero essere trovati per consentire a Renzi – potrebbe essere – di candidarsi a Bruxelles).
Nel documento presentato da Calenda si prevede che entro il 15 giugno si terranno le assemblee di Azione e Italia Viva che faranno partire il processo che porterà al partito unico, poi partiranno le iscrizioni e all’iter congressuale che terminerà entro il 20 ottobre. Il traguardo politico è ovviamente quello delle elezioni europee.
A lui non va giù lo “scioglimento lento” dei due partiti, e adesso la situazione si è complicata al massimo. Sui tempi di scioglimento dei due partiti e sul finanziamento. Ma è chiaro che dietro c’è molto di più. Tutti i giornalisti che si occupano della novela Azione-Italia Viva sanno che se in questo periodo chiedi a Matteo Renzi di Carlo Calenda lui si porta l’indice alla tempia in un gesto eloquente; e se chiedi a Calenda di Renzi il minimo che ti risponde è che «è il peggior nemico di sé stesso». Gli altri dirigenti sono basiti, o infuriati, o tutt’e due le cose. La discussione è stata molto dura. Davide Faraone ha attaccato pesantemente il leader di Azione al quale non erano piaciute le dichiarazioni rese da Maria Elena Boschi. Un gioco al massacro.
Gli “azionisti” non si fidano. I dirigenti renziani non sopportano più gli ultimatum calendiani, i sospetti continui. Renzi dice di aver dato risposte su tutto, soldi, leadership, trasparenza sul percorso, sul fatto che Il Riformista non interferirà con la vita del nuovo partito ma sarà caso mai uno stimolo e ripete che Calenda si sia dimostrato «entusiasta» della notizia tanto da proporgli di farne l’organo del Terzo Polo (mentre il leader di Italia Viva ha in mente un giornale aperto, non strettamente “politico”, tanto “aperto” che il direttore responsabile sarà Andrea Ruggieri, già deputato di Forza Italia).
Oggi si capirà se una tregua è possibile o se bisogna scrivere la parola “fine”. Ma il modo vero per uscire da questa situazione probabilmente sarebbe aprire una vera discussione politica, rifare il punto della situazione, verificare la collocazione del Terzo Polo nella situazione attuale dominata dalla destra e dal suo governo. Il progetto calendian-renziano non sta dimostrano grande appeal, come minimo, grandi adesioni non arrivano, mentre cresce il Partito democratico “radicale” di Elly Schlein, il che non sarebbe un problema se parallelamente prendesse forza una gamba riformista, ed entra in difficoltà il pezzetto “moderato” di destra: ma in tutto questo Azione e Italia Viva litigano su date, soldi, percorsi. Ma che gliene importa alla gente normale. Questi rischiano di strozzare nella culla un progetto ambizioso. Anzi, è qualcosa di più di un rischio.