Tendenza OrsiniLa débâcle di Elly Schlein sul voto europeo pro e contro la resistenza ucraina

La spaccatura del Partito democratico sugli aiuti a Kyjiv è un brutto segnale, per il partito e soprattutto per la segretaria: non avere una linea chiara sulla questione più importante del momento fa temere il peggio per tutti gli altri dossier

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«Grazie con tutto il cuore, viva Elly Schlein»: è un tweet della “pagina Orsini”, e sarà pure un maramaldeggiare di certi “pacifisti”, alias “neutralisti” (se non peggio), una provocazione a bella posta, e però è un commento che ci sta. Ci sta perché la segretaria del Partito democratico non ha saputo o voluto fare quello che un leader normalmente fa: dare la linea in maniera chiara.

Sulla questione del voto a Bruxelles sul regolamento “Asap”, che è il provvedimento sulle munizioni a Kyjiv, e che è soprattutto una nuova cornice per distribuire fondi europei all’industria militare, ieri all’Europarlamento il Partito democratico si è un’altra volta diviso.

La maggioranza del gruppo a favore e in sintonia con il gruppo socialista, a cominciare dalla vicepresidente del Parlamento Pina Picierno che da sempre è in prima linea a favore dell’Ucraina, ma con quattro astenuti (Pietro Bartolo, Achille Variati, Franco Roberti e Camilla Laureti, quest’ultima componente della segreteria nazionale), uno contrario (il solito Massimiliano Smeriglio, che nemmeno è iscritto al Partito democratico ma lo frequenta dall’epoca zingarettiana e fa parte del gruppo S&D), uno è non pervenuto (Giuliano Pisapia), mentre tra i favorevoli ci sono anche Patrizia Toja e Alessandra Moretti, che erano risultate astenute ma si erano sbagliate a votare (e vabbè, capita).

Asap è l’acronimo, che letteralmente sta per Act in Support of Ammunition Production (legge a supporto della produzione di munizioni) ma non facciamola tanto lunga: questo voto, nella sostanza, riguardava gli aiuti militari (le munizioni) alla Resistenza ucraina.

Bartolo, Variati, Roberti e Smeriglio sono da sempre su una posizione diversa da quella del Partito democratico, cioè sì alle armi fino a che sarà necessario, una linea che era stata declinata con grande chiarezza dall’ex segretario Enrico Letta – e approvata in tutte le sedi svariate volte – ma che Elly Schlein ha sempre confermato pur condendola con un di più di argomentazioni a favore della “trattativa” e in questo caso dal no all’utilizzo dei fondi del Pnrr per gli aiuti.

Mercoledì su Instagram (altro che disintermediazione) Schlein aveva detto due cose: supporto a Kyjiv, e no all’utilizzo dei fondi Pnrr per le armi, ma senza chiarire altro. Il testo che i dem hanno dovuto votare però contiene entrambe le cose: sì all’aiuto a Kyjiv, e sì all’utilizzo anche di quei fondi.

Qual è la linea, quindi? Il Partito democratico sapeva benissimo che i suoi emendamenti contrari all’uso dei fondi del Pnrr sarebbero stati respinti (anche perché se un Paese volesse disporre del Pnrr per le armi a Kyjiv non può esserci nessuna Schlein che potrebbe impedirglielo), e dunque questa battaglia semmai va fatta in sede nazionale, dove intanto la destra, contrariamente a certi segnali, non ha affatto escluso di ricorrere ai soldi del Piano di ripresa e resilienza.

Ma in ogni caso quella di Schlein, con l’appoggio del responsabile Esteri Peppe Provenzano, era una scusa per poter caso mai giustificare un voto di astensione. Insomma, un trucchetto, un espediente, una scusa, o come si dice adesso una supercazzola. Solo che se la supercazzola parte dalla segretaria del partito ognuno si sente più o meno libero di fare quello che gli pare: è stato come minimo un esempio di scarsa capacità di direzione politica e come massimo un capolavoro di ambiguità.

Forse si pensa di strizzare così l’occhio ai seguaci di Michele Santoro e Moni Ovadia (di Orsini si è detto) o magari di non perdere il rapporto con i Cinquestelle, ovviamente schierati contro gli aiuti militari, e a quei nuovi arrivati nel Partito democratico che provengono da Sel, Articolo Uno e compagnia bella che non a caso occupano bei posti nella segreteria (abbiamo detto di Laureti).

Il gruppo europeo del Partito democratico risulta veramente inaffidabile sulla questione più importante di questa fase storica – la difesa dell’Ucraina –, perché va bene la coscienza personale ma qui c’è ormai una frazione attiva (quante colpe ha Nicola Zingaretti, fu lui a fare le liste delle Europee del 2019). E, a parte questo, c’è da osservare che per Elly Schlein è estremamente rischioso mostrarsi ondivaga su questo terreno. Perché se non tiene sull’Ucraina figuriamoci sul resto. Altro che «mettetevi comodi», qui è un disastro.

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