Era nelle previsioni che l’onda lunga della destra allagasse anche il Molise ma questo non annulla l’effetto depressivo sul piccolo campo Pd-M5s-Sinistra che rimedia una sconfitta apparentemente bruciante, almeno dai primi risultati. La forbice tra il candidato del centrodestra Francesco Roberti e quello di Pd-M5s-Si Roberto Gravina è enorme, almeno sessanta a quaranta. Non sono servite a niente le limonate ad uso dei fotografi con Elly Schlein, Giuseppe Conte e l’imbucato dell’ultimo minuto Nicola Fratoianni – giunto trafelato a Campobasso con un’altra auto, visto che quella su cui viaggiava aveva preso fuoco. E non è stata una buona idea mettersi in posa a un triste tavolino di un bar, l’immagine di tre personaggi (anzi quattro perché c’era anche il candidato Gravina) che non sprizzavano esattamente entusiasmo, la riproposizione di altre fotografie passate alla storia dei momenti bui della sinistra, da quella di Vasto (con Antonio Di Pietro) a quella di Narni (c’era Luigi Di Maio).
La limonata di Campobasso ha fatto male alla pancia ma il problema è più generale. Da soli o con il Movimento 5 stelle, il Partito democratico perde sempre e comunque (tranne la bella eccezione di Vicenza). Il problema non è, dunque, il candidato o le alleanze, ma proprio in sé, è il male oscuro di questo Partito democratico che tre mesi fa pareva in palla ma che è già impallato.
Si dirà ancora che l’effetto-Schlein non c’è stato neppure nel piccolo Molise, e qualcuno più perfido dirà che c’è stato ma al contrario, un effetto nocivo. Non sapremmo dire ma l’impressione è che la segretaria sia sola, senza uno straccio di gruppo dirigente che la aiuti a consolidare il senso politico della sua discesa in campo, premiata in un clima di forte attesa da quelle primarie che ormai sembrano un ricordo lontano.
In quattro mesi gli insuccessi di Schlein sono stati tanti, troppi: è un dato di realtà, non è polemica ricordarlo. Forse sarebbe ora di prendere qualche provvedimento serio per tentare di cambiare passo, altro che «estate militante».
Quanto all’avvocato, si conferma il suo vistoso calo di appeal. Saranno pure elezioni amministrative, fatti locali, ma il Movimento 5 stelle sulla base di questi dati è ormai un partito che difficilmente raggiungerebbe il dieci per cento su scala nazionale. Il Paese ormai non gli crede più: e d’altronde a cosa dovrebbe credere? Alle finte battaglie contro la precarietà? Al neutralismo nella guerra della Russia contro l’Ucraina? Qual è la politica concreta del Movimento?
E la somma di queste due debolezze, che ovviamente Fratoianni non è minimamente in grado di coprire, produce negli elettori un senso persino di spaesamento, perché è diventato davvero difficile dare un senso a questa storia e puntare su questo piccolo campo a fronte di una destra arrembante che surfeggia su un’onda che va dalla Scandinavia alla Grecia, alla Spagna.
Il flop di Conte segnala una volta di più che l’insistito corteggiamento di Elly non solo è in contraddizione sul piano politico generale, ma non ha neppure più l’alibi della convenienza elettorale: il piccolo campo messo su dal Partito democratico con lo stesso entusiasmo di un giorno di pioggia, è un’alleanza triste, esattamente come triste è l’omonimo vecchio romanzo americano di Erskine Caldwell – “Il piccolo campo”, appunto – che come scrisse il suo primo traduttore Elio Vittorini «ha il contrappunto dei blues nella sua pagina»: forse è ora che Elly Schlein o chi per lei cambi musica.