Tutti in filaLa trasformazione della Polonia, dal comunismo al capitalismo

Un nuovo documentario premiato a Varsavia lo scorso sabato, disponibile su YouTube anche con sottotitoli in italiano, racconta la recente storia del Paese e la ricostruzione dopo la caduta del Muro

Lapresse

Nella Polonia socialista fare la fila era diventata una vera e propria scienza: con linee di persone ovunque e gente che spesso doveva aspettare ore e ore (o addirittura diversi giorni, nel caso di mobili o prodotti per la casa) sono nati alcuni sistemi intelligenti. Uno di questi si chiamava “lista per la fila”, che veniva utilizzata quando l’attesa durava giornate intere, e non ore.

Veniva stilato un elenco di tutte le persone in fila, in modo da non dover essere fisicamente presenti per tutto il tempo. Ogni poche ore la lista veniva letta ad alta voce e le persone dovevano registrare la loro presenza: se non fossero stati più in fila, sarebbero stati cancellati.

L’orario di registrazione era annunciato in anticipo e le persone dovevano così ripresentarsi tre o quattro volte al giorno. Alcuni si assentavano dal lavoro, altri chiedevano ai superiori di lasciarli andare per poi tornare in fretta, altri ancora pagavano dei “sostituti” per registrarsi al posto loro (strategia che veniva chiamata “assumere uno stander”). La custodia dell’elenco era affidata, invece, a un comitato autoproclamato.

Secondo Karl Marx, il socialismo non era altro che uno stadio di transizione verso il comunismo. Con il comunismo, secondo il suo ragionamento, tutte le persone sarebbero state in grado di vivere secondo i propri bisogni. I polacchi che stavano in fila per ore per ottenere lo stretto necessario, tuttavia, affrontavano la realtà della visione di Marx non senza ironia.

Dovevi conoscere il commesso di un negozio di scarpe, che poteva venderti un paio di scarpe che poi avresti proposto a un tizio che poteva venderti una bicicletta che poi avresti dato al fornaio per pagare la torta nuziale della figlia dell’elettricista.

Una battuta popolare in Polonia era:
«Come si risolverà il problema delle code fuori dai negozi quando avremo raggiunto il comunismo?»
«Non ci sarà più nulla per cui fare la fila».

Niente di tutto ciò è avvenuto.

Ma quanto è stato sopra descritto parla della situazione della Polonia negli anni Ottanta, che era un mondo a parte rispetto al Paese che è oggi. Dal 1989, il prodotto interno lordo pro capite polacco è infatti triplicato. Dopo le riforme del 1989, la Polonia ha registrato una crescita economica reale media del 3,5 per cento all’anno, la più rapida in Europa, facendo guadagnare al Paese il titolo ampiamente riconosciuto di campione della crescita europea. Nei decenni successivi l’economia della Polonia è diventata la sesta della Comunità Europea al lancio delle riforme dell’economia di mercato.

La Heritage Foundation, che pubblica l’Indice di libertà economica ogni anno dal 1995, colloca la Polonia trentanovesimo posto, con un punteggio di 68,7. A prima vista non sembrerebbe particolarmente rilevante e non è certo tra i punteggi più alti. Tuttavia, significa che la Polonia è economicamente più libera di Spagna, Israele, Francia o Italia, per esempio. Inoltre, di gran lunga più importante della posizione assoluta, è il cambiamento relativo di un Paese. E in questo senso la Polonia risulta in testa alla classifica.

Secondo i dati della Banca Mondiale, il PIL pro capite nel 1989 era pari al trenta per cento del corrispondente valore degli Stati Uniti. Nel 2016 era salito a ben il quarantotto per cento del livello statunitense, guadagni che si sono fatti sentire nella vita delle persone. Il reddito dei polacchi è infatti cresciuto da circa diecimilatrecento dollari nel 1990, aggiustato per il potere d’acquisto, a quasi ventisettemila dollari nel 2017. Rispetto all’UE-15, quindi all’Unione prima dell’allargamento ai nuovi Stati membri, il reddito dei polacchi era invece meno di un terzo nel 1989 ed è salito a quasi due terzi nel 2015.

Oggi però la libertà economica in Polonia è minacciata. In particolare, dal 2015, quando il partito PiS (Prawo i Sprawiedliwość, in italiano Diritto e Giustizia) è salito al potere, la spesa per i programmi di assistenza sociale è aumentata e le privatizzazioni sono state in gran parte bloccate. Persino le banche e le imprese, che erano già state privatizzate, sono state trasferite nuovamente nelle mani dello Stato. In breve, la Polonia sta abbandonando un percorso verso la piena economia di mercato che ne ha decretato il successo, per quanto ciò non toglie che la storia di successo dei polacchi nei venticinque anni dal 1990 al 2015 sia stata esemplare.

Tutto questo viene raccontato nel documentario “Polonia: dal Socialismo alla Prosperità”, diretto da Tomasz Agencki e tratto dal libro “The Rise of the Dragon and the White Eagle. How Nations escape poverty”.

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