Guerra di narrazioniGli stati africani non si allineano alla propaganda di Putin (e chiedono la fine dell’invasione)

I leader dei paesi più sviluppati dell’Africa hanno chiesto al dittatore russo di mostrare sforzi concreti per la pace. Non vogliono farsi trascinare nella crociata anti-occidentale del Cremlino che sta causando una crisi alimentare nel continente nero

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Il presidente del Senegal Macky Sall ha rivelato in un’intervista al Financial Times che alcuni leader africani hanno chiesto a Vladimir Putin di mostrare il suo desiderio di fare passi verso la pace con l’Ucraina prima del vertice Russia-Africa, un ambizioso forum economico per «la pace, la sicurezza e lo sviluppo» in programma per la fine luglio a San Pietroburgo. La richiesta è recente, i sei leader africani ne hanno parlato con Putin il 17 giugno durante la loro missione di pace prima a Kyjiv e poi a Mosca. A portare il messaggio, oltre al presidente Sall, c’era il presidente delle Comore Azali Assouman, presente anche in qualità di rappresentante dell’Unione africana, il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa (membro del BRICS), e i rappresentanti dei governi dell’Uganda, dell’Egitto e del Congo. Sall ha detto anche che tipo di gesto concreto vorrebbero vedere, almeno dal punto di vista umanitario: degli ulteriori scambi tra prigionieri di guerra russi e ucraini, e il ritorno in Ucraina dei bambini che sono stati portati via dai territori occupati e trasferiti in Russia, un crimine di guerra che è costato a Putin un mandato d’arresto della Corte penale internazionale dell’Aia. 

I leader africani stanno aumentando gli sforzi di mediazione tra Kyjiv e Mosca e vogliono che si arrivi a una soluzione del conflitto. L’Africa è stata duramente colpita dall’inflazione causata dall’aumento dei prezzi del cibo e dell’energia, ed essendo tra i maggiori importatori di grano, cereali e fertilizzanti prodotti dall’Ucraina e dalla Russia, i paesi africani sono i primi a temere le conseguenze di un mancato rinnovo dell’accordo per i corridoi del Mar Nero, che metterebbe a rischio forniture che per alcuni paesi fanno letteralmente la differenza tra la sopravvivenza e la carestia. 

«Stiamo affrontando le conseguenze di questa guerra», ha detto Sall ai giornalisti del Financial Times. «Abbiamo grossi problemi con la nostra sicurezza alimentare e l’agricoltura, e a causa delle sanzioni occidentali abbiamo difficoltà nell’effettuare i pagamenti per comprare fertilizzanti russi. Ecco perché ci rivolgiamo a entrambe le parti». Tecnicamente le sanzioni non colpiscono le esportazioni dei prodotti agroalimentari e dei fertilizzanti prodotti in Russia, ma le sanzioni al sistema bancario russo rendono molto difficoltose alcune transazioni finanziarie.

L’Africa è al centro della competizione per la conquista di zone d’influenza del cosiddetto mondo multipolare prospettato dal Mosca e Pechino come destino ineluttabile del declino occidentale, e Putin punta sul vertice di San Pietroburgo per presentare la sua Russia come un paese leader nello sviluppo economico del continente, una potenza che si rivolge ai paesi africani da partner alla pari, senza «l’arroganza delle potenze coloniali occidentali». 

Dopo la crisi africana del debito degli anni ’90 i paesi occidentali – che avevano delle colpe in quel disastro – hanno ridotto gli investimenti in Africa lasciando un vuoto che la Russia e la Cina hanno cercato di colmare. I cinesi in particolare hanno offerto enormi prestiti per i progetti infrastrutturali legati alla Belt and Road Initiative, che essendo spesso sovradimensionati e troppo costosi per generare un ritorno economico, hanno messo i governi “beneficiari” nella condizione di dover cedere alle pressioni e accettare di restituire il debito consegnando a Pechino il controllo delle proprie risorse naturali.

La Russia ha un ruolo meno pesante dal punto di vista economico, ma è uno dei principali fornitori di armamenti dei paesi africani, e attraverso il Gruppo Wagner ha esteso il suo controllo su paesi come Mali, Libia, Sudan, Repubblica Centrafricana e Burkina Faso, ottenendo in alcuni casi anche le concessioni per lo sfruttamento di progetti minerari. Inoltre, la Wagner in Africa si occupa delle attività di propaganda e disinformazione, che dall’inizio dell’invasione in Ucraina è servita a diffondere attraverso la manipolazione dei social media un racconto che colpevolizza l’Occidente per la crisi della sicurezza alimentare, causata in realtà dall’assedio russo del golfo di Odessa.

Secondo la Commissaria europea Jutta Urpilainen per i partenariati internazionali, in Africa è in corso una «guerra di narrazioni» che sta diventando sempre di più anche una competizione tra ciò che l’Europa può offrire alle controparti africane rispetto alle offerte della Russia e della Cina. L’Unione europea sostiene l’ingresso permanente dell’Unione africana nel G20, e la proposta di assegnare all’Africa un seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

La Global Gateway, che promette di fornire centosettanta miliardi di euro in investimenti pubblici e privati per i paesi africani entro il 2027, è considerata la risposta europea alla Belt and Road Initiative cinese. Rivelando di aver chiesto a Putin di mostrare sforzi concreti per la pace, i leader africani dimostrano al leader russo che non hanno intenzione di allinearsi alla sua retorica, né tantomeno di farsi trascinare nella sua crociata anti-occidentale, e continueranno a rivolgersi a entrambe le parti cercando di perseguire i propri interessi nazionali.

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